Nel 1948, il Museum of Modern Art di New York organizza una competizione internazionale sul tema dei mobili a basso costo, riscuotendo un successo straordinario non solo per il premio offerto (5.000 dollari), ma soprattutto per il prestigio del contesto. La competizione nasce dalla pressante domanda, dopo la guerra, di soluzioni abitative e di arredamento economiche e adatte agli spazi compatti.
Tra i partecipanti figurano molti dei designer che fanno la storia in quegli anni: da Marcel Breuer a Donald A. Wallance, da Hans J. Wegner a Jorn Utzon, da Franco Albini a Marco Zanuso. Anche Charles Eames, che pochi anni prima, insieme a Eero Saarinen, aveva trionfato nel concorso sull’"Organic Design in Home Furnishings", partecipa ma si aggiudica solo il secondo posto ex aequo nella sezione Seating Unit – anche se la sua Rar-Chair, prodotta da Hermann Miller, è considerata oggi un'icona del design.
A sorpresa, il primo premio nella categoria Storage Unit viene assegnato a un duo di designer sconosciuti, i londinesi Robin Day e Clive Latimer. Il loro set modulare di mobili multiuso, realizzato in legno e metallo, appare di una modernità senza precedenti. La giuria apprezza l'ingegnosità della struttura, la sobrietà delle linee e la praticità dell’assemblaggio, anticipando i sistemi componibili di moda nei decenni seguenti.
La consacrazione al MoMA costituisce una svolta fondamentale nella carriera di Robin Day, conducendolo a diventare uno dei designer più eminenti della sua generazione. Cresciuto nella città di High Wycombe nel Buckinghamshire, Day si laurea al Royal College of Art e inizia a insegnare design alla Beckenham School of Art e successivamente al Regent Street Polytechnic. Nel 1940, durante un ballo al Rca, incontra la sua futura moglie, Lucienne, studentessa di design tessile. Insieme formano una coppia iconica nel mondo del design, come ai Josef e Anni Albers o Charles e Ray Eames. A partire dagli anni 50, Lucienne si afferma come una delle più dotate designer di tessuti di tutti i tempi, mentre Robin incarna il modello del designer illuminato del dopoguerra, spaziando dagli oggetti alla grafica, dalle esposizioni agli interni.
Dopo il successo nella competizione del MoMA, Robin Day è sotto i riflettori internazionali. Quando il produttore londinese S. Hille & Co., specializzato in mobili di alta qualità, decide di investire nella produzione di mobili moderni, affida a Day la libertà di sperimentare nuove soluzioni. Day dimostra subito la sua abilità nel progettare prodotti non solo di rapida vendita, ma anche facili da produrre. La collaborazione dura per vari decenni, con all’attivo una serie di oggetti storici, tra cui numerose sedie che testimoniano l’infinita inventiva del designer: come Hillestak Chair (1951) o la celebre 675 Chair (1953) e soprattutto la Polypropylene Chair, progettata nel 1963 e ancora in produzione oggi, la prima sedia con scocca in polipropilene stampata a iniezione di massa, destinata inizialmente all'uso domestico ma poi adottata in vari contesti, da aeroporti a stadi sportivi, fino a cattedrali. Si stima che ne siano state prodotte oltre 14 milioni.
Produrre cose che sono solo nuove e non migliori non è una buona cosa. Le cose devono essere fatte perché sono migliori e con riguardo alle risorse limitate del pianeta, devono essere riutilizzabili e durature. Le persone spesso pensano che la mera novità sia innovazione, ma non lo è.
Robin Day
La vittoria al MoMA consente a Day di ottenere importanti commissioni pubbliche, come la progettazione degli arredi per l'Homes and Gardens Pavilion al Festival of Britain del 1951 e le sedute per la Royal Festival Hall – una delle sue realizzazioni più importanti. Per i sedili della sala da concerto, Day utilizza materiali e tecnologie dell'industria automobilistica, realizzati in acciaio pressato e sostenuti da supporti in acciaio fuso.
Da allora, Day è invitato a produrre molti pezzi di arredamento per spazi pubblici, tra cui la Gatwick Chair (1958) per l'aeroporto di Gatwick e le panchine per la British Rail (1956), fino alle sedute per la metropolitana di Londra (1990), ancora ampiamente utilizzate. Anche se pochi conoscono il suo nome, tutti conosciamo le sue sedie e i suoi progetti sparsi nel mondo intero.
Oggi una serie di riedizioni restituiscono attualità all’opera di questo pioniere del design, sicuramente una delle figure di maggiore spicco sulla scena inglese del dopoguerra. Durante i 3days of design di Copenhagen, il produttore danese &tradition ha presentato la riedizione di 2 collezioni storiche di Robin Day: la serie Daystak, composta da una sedia e un tavolo impilabili, e le celebri realizzazioni per gli spazi esterni e la dining room del Royal Festival Hall, che includono una Armchair e una Lounge Chair dal profilo elegante, con i braccioli in legno sospesi come ali tese nel volo.
Ciò che rende attuale il lavoro di Robin Day non è solo la sua incessante ricerca sulle possibilità tecniche ed estetiche dei materiali, ma anche la profonda vocazione che attribuiva al design come vettore di trasformazione. Come spiega nel 1999: "Produrre cose che sono solo nuove e non migliori non è una buona cosa. Le cose devono essere fatte perché sono migliori e con riguardo alle risorse limitate del pianeta, devono essere riutilizzabili e durature. Le persone spesso pensano che la mera novità sia innovazione, ma non lo è."
Lontano dai riflettori e dall'egocentrismo del mondo delle celebrità, Robin Day si distingue come una figura di grande fascino, profeta sincero e brillante di un “good design” al di là delle tendenze. Riscoprire il suo percorso luminoso, significa riscoprire la vera vocazione del design: fare convergere innovazione e accessibilità, etica ed estetica.
Immagine di apertura: Robin Day nel suo studio a Cheyne Walk (Londra), 1956. © Robin & Lucienne Day Foundation