Una chiamata: “Sara, ti va di raccontarci il tuo viaggio in India?”
Accetto con un certo panico di sottofondo questa richiesta. È molto complesso imbrigliare in parole l’intensità di un viaggio, rastrellare le mille vicende e saperle disporre. Vi porterò all’interno di alcuni pensieri che ho annotato sul mio taccuino – nessun ordine geografico, solo microvisioni e pagine con moodboard che amo comporre velocemente quando viaggio, tra ritagli di foto e colori.
Prima di leggere rilassate le vostre schiene e immaginate una bella e piazzata mucca alla vostra destra che rumina instancabile con uno sguardo lesso. Ora immaginate i vostri piedi che affondando in una fanghiglia calda, fatta di terra post monsone. Intorno a voi nubi di un odore fortissimo, una fragranza composta da miscuglio di viscere, letame, frattaglie, garofani, umido, fiori, clacson, disagio e meraviglia. Solo una volta ricreata questa scenografia immaginifica potrete procedere.
Travelogue: Sara Ricciardi in India
Nuova Delhi e Nubra Valley: la designer ci racconta la sua esperienza di viaggio. Dalla strada per Tso-moriri alle sculture erotiche di Khajuraho.
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- Sara Ricciardi
- 21 settembre 2018
- India
Sara Ricciardi, taccuino di schizzi, viaggio in India, 2018
Sara Ricciardi, taccuino di schizzi, viaggio in India, 2018
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Sara Ricciardi, taccuino di schizzi, viaggio in India, 2018
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Sara Ricciardi, taccuino di schizzi, viaggio in India, 2018
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Sara Ricciardi, taccuino di schizzi, viaggio in India, 2018
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Sara Ricciardi, taccuino di schizzi, viaggio in India, 2018
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Sara Ricciardi, taccuino di schizzi, viaggio in India, 2018
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Sara Ricciardi, taccuino di schizzi, viaggio in India, 2018
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Sara Ricciardi, taccuino di schizzi, viaggio in India, 2018
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Sara Ricciardi, taccuino di schizzi, viaggio in India, 2018
Sara Ricciardi, taccuino di schizzi, viaggio in India, 2018
PENSIERO N88. Khajuraho
Sto guardando da ore queste avvenenti statue scolpite sui templi. Non riesco a far a meno di confrontarle con quelle dello stile tardo gotico del nostro Duomo di Milano (che amo alla follia, NB) e mi viene molto da ridere. Mettiamo insieme gli apostoli e le ninfee indiane, che poutpurrì di austerità e sensualità. Osservo la lettura stratificata dei templi suddivisi nei quattro stadi definiti dalla religione Hindu in cui vi è Kama – ovvero lo stadio del piacere, bisogna passare da esso per raggiungere l’ascesi. Sui templi vi sono provocanti statue in vesti che farebbero impallidire qualsiasi casa di lingerie moderno, mi innamoro di queste seducenti posture, mi ammiccano tutti da ogni punto, erotismo e sapiente uso del corpo. Sono in estasi. Cosce, occhiolini, glutei, seni, bocche. Tutto un patos che fiorisce nell’amore. Io ovviamente guardo tutta questa carne di pietra e penso alla mia meravigliosa Santa Lucia così pudica, così lattea e coperta, penso a San Sebastiano tutto candido, svenevole, trafitto e penso a quanto inconsciamente ci insegnino le architetture e le posture delle statue che abbiamo intorno a noi nelle città.
PENSIERO N89. Khajuraho
Rimango molto impressionata dai monaci Giainisti che si presentano nudi davanti alle porte dei templi. Nessun ostacolo tessile e morale tra i loro corpi e dio. Tra loro e la luce. Camminano per anni, leggono testi, vivono di offerte, non mangiano nulla di derivazione animale, nessuna vita va uccisa ed ascoltano e meditano tutto l’anno nudi pellegrinando da un tempio all’altro. L’asceta vero non deve sentirsi schiavo di bisogni, deve essere esente dalle comuni necessità. Portano con loro delle bellissime brocche in legno per bere acqua e uno scopettino di piume di pavone per spargersi la buona sorte addosso e ripulirsi col sacro. Mi piace molto come i bambini ascoltano questo presenza Giainista senza alcun turbamento nei piazzali dei templi.
PENSIERO N130. Nubra Valley
Ho pensato alla morte almeno 22 volte, qui gli strapiombi ai lati della nostra jeep e la nonchalance dell’autista mi fanno presagire il peggio. C’è la ruota a 10 centimetri dal nulla. Baratri letali. Ora magari guardo in alto ed evito di pensare, la strada ovviamente non è degna di essere chiamata tale, sballottiamo senza pietà, sono in uno shaker di polvere e nuvole. Per non pensare a cose troppo macabre mi auto prescrivo un esercizio: appoggio la mia penna sul taccuino per 10 minuti senza mai staccarla nel delirio sussultorio di questa traversata. Ecco che appare un grafico della pazzia motoria su 4 ruote. Gli organi interni hanno subito modifiche nel loro consueto posizionamento. Se solo potessi fare un’ecografia ora, sono convinta di avere la milza aggrappata alle clavicole. Che codarda. Ma sopravvivremo tutti ragazzi!
PENSIERO N15. New Delhi
Ho appena ordinato un Mango Lassi, inizio a berlo e un’incredibile sensazione paradisiaca si espande morbida nel palato. I primi 5 sorsi li ho dedicati tutti alla mia riconfigurazione vitale. “Ora lascio tutto, basta col design, apro un baracchino in Italia tutto colorato, trainato da una mucca, in cui propongo Mango Lassi H24”, e poi potrei disegnare con colori sgargianti l’insegna: “DA ZIO SHIVA” con dei piccoli cimbalini sotto che tintinnano per segnalare il mio arrivo. Già mi vedo con una saari-divisa a quadretti arancione e fucsia che disseto mezza Italia con zucchero e profezie induiste al sapore di mango.
PENSIERO N4. New Delhi
Qualcuno mi dica come sia possibile che questi indiani stiano perennemente attaccati ad un clacson. Non lo premono solo per dichiarare un pericolo ma anche per sentirsi vivi, credo. Una sorta di “Clacson ergo sum”. Che qualche antropologo, per piacere, possa, in un dottorato di ricerca, dedicarsi a questo fenomeno sonoro-sociale…
Devo permeare il mio cervello di una muta di pazienza per sopravvivere al fastidio di questi decibel così invasivi. E se le case automobilistiche cambiassero le terribili tonalità in deliziosi si bemolle? Sai che bel concerto, quanto meno in strada? Un jazz pazzo di note in una jam session di volanti.
PENSIERO N134. Tso Moriri
All’ennesimo posto di blocco, mentre mostro passaporto con visto sulla strada per Tso-moriri al confine col Pakistan mentre le catene Himalayane mi schiaffeggiano gli occhi con la loro bellezza vedo lui: Camion parcheggiato tutto colorato. Mi affaccio al suo interno senza alcuna vergogna e BAAAAM, un abitacolo spaziale!!! Colori, ninnoli, nastrini, thermos, luccichii ho cercato il calendario di una donna nuda ma non l’ho trovato. Attivando la modalità “occhi da foca” con un misto di parole indiane inventate chiedo al conducente di poter salire sopra, lui capisce e il sogno si avvera. Beviamo uno squisito Masala Chai in questo anfratto pazzesco. Quando ci lasciamo, dopo avergli giurato che un giorno farò un interior ispirato al suo abitacolo, leggo sulla sua targa “Where there is love there is life”.
Mamma mia che poeti alla motorizzazione indiana ;)
E vi lascio così, con un invito all’amore e alla scoperta. L’India è surreale e intensa e vi pone in una situazione di profonda riflessione su ciò che siete e ciò che realmente volete. *Consigliatissima*.