Nato nel 2009, il collettivo cileno gt2P (alias Great Things to People, “Grandi cose per tutti”) si è ritagliato un posto speciale nel mondo del design grazie a un’impostazione sperimentale che unisce la fabbricazione digitale con le tecniche e i materiali dell’artigianato tradizionale: un metodo battezzato “artigianato digitale”. Per questo le opere di gt2P appaiono contemporaneamente piene di poesia e profondamente razionali. I designer si rifanno alla loro eredità culturale – trovano ispirazione, per esempio, nella poesia cilena e nella catena delle Ande – nell’elaborare sistemi di produzione materiale e nel giocare con le variabili di questi sistemi (come il tempo, la temperatura, il volume…) per manipolare i materiali in modi sorprendenti.
Artigianato contemporaneo: intervista con i cileni di gt2P
Ispirati dalla poesia cilena e dal paesaggio delle Ande, il collettivo di designer unisce fabbricazione digitale e tecniche tradizionali.
View Article details
- Anna Carnick
- 21 agosto 2018
- Santiago
L’esempio perfetto della freschezza della prospettiva di gt2P? Basta vedere Remolten, sistema di design e famiglia di oggetti di pietra lavica “rifusa”, estratta da una serie di vulcani cileni. Per questa collezione, presentata la scorsa primavera a New York presso la galleria Friedman Benda nell’ambito della prima mostra personale dello studio, gt2P ha giocato sulla temperatura per ottenere una gamma di effetti materiali – decorazioni, consistenza e colori differenti – che possono poi essere usati per realizzare qualunque cosa, dagli sgabelli ai murali, ai componenti edilizi. Oltre agli oggetti le informazioni che gt2P ha raccolto nel suo percorso sono state meticolosamente registrate, con l’intento di condividere fraternamente i risultati con altri maker e produttori industriali, in patria e all’estero. Il motivo è la presenza, nel cuore dello studio, di una sincera passione per la conoscenza, spinta da curiosità e continua sperimentazione. Abbiamo recentemente incontrato i componenti di gt2P per approfondire le loro idee e i loro ultimi progetti. I designer hanno partecipato al dialogo dalla loro nuova sede nel tranquillo quartiere di Las Condes, a Santiago, dove lavorano in un ex spazio residenziale progettato da Miguel Lawner. Il nuovo studio/laboratorio è pieno di pezzi di lava (ovviamente!) ed è a pochi passi dalle loro abitazioni.
Per chi ha meno consuetudine con la vostra impostazione, spiegateci qualcosa di più del paracrafting.
Il paracrafting è il nostro modo di sperimentare la progettazione parametrica, soprattutto in rapporto con processi che spesso integrano fabbricazione analogica e materiali tradizionali. Il che libera la progettazione parametrica dal consueto collegamento con il computer e contestualizza il nostro lavoro nel panorama e nella cultura del paese. Questo modo di sistematizzare le idee e i processi attraverso delle variabili ci permette di creare intere famiglie di oggetti invece di oggetti isolati.
Come mai la progettazione parametrica e l’artigianato digitale sono diventati centrali nel vostro modo di lavorare?
Quando studiavamo architettura ci concentravamo strettamente sui computer e sulla fabbricazione digitale. E quando abbiamo aperto lo studio credevamo ancora fermamente nella fabbricazione automatizzata e nella standardizzazione. Ben presto però abbiamo capito che il nostro vero valore, o il nostro contributo, stavano nella diversità: nella mescolanza, nella fusione, nel paracrafting. Ci siamo interessati alla sistematizzazione delle variabili – geometriche, non geometriche e fisiche – allo scopo di integrare progettazione e produzione in un processo senza soluzione di continuità. In più volevamo scoprire un modo nuovo di far funzionare la progettazione come un’impresa, perché in Cile il design non è molto ben pagato. Qui per vivere di design occorre sapere come realizzare concretamente gli oggetti. La progettazione parametrica e l’artigianato digitale ci hanno offerto un modello d’impresa praticabile.
Come si inserisce la vostra cultura tradizionale cilena nell’ambito più vasto della vostra impostazione progettuale?
La chiave di volta del nostro modo di lavorare è la miscela di un inquadramento davvero disponibile in tutto il mondo, come la progettazione parametrica, con il nostro irripetibile patrimonio territoriale e culturale: è qui che abbiamo scoperto qualcosa di interessante da esplorare. Questa miscela è stata un fertile terreno di sperimentazione, che ha generato informazioni importanti che potenzialmente possono essere usate per lo sviluppo dell’economia locale. Il nostro progetto Remolten, per esempio, è una grande dimostrazione di questa idea.
Che cosa sperate soprattutto che le persone traggano dal vostro lavoro?
Ancora non lo so. Spero di poter fare grandi cose per le persone: gt2P è il nostro obiettivo principale. È una specie di obiettivo platonico che non si raggiunge mai realmente, ma che si continua a cercare di raggiungere.
Parlateci degli anni più recenti, in cui avete lavorato con la galleria Friedman Benda.
Lavorare con Friedman Benda è una cosa da sogno, perché non si limitano a promuovere i prodotti: promuovono lo studio. Promuovono la creazione del sapere. E per noi è molto importante.
Per chi non l’ha vista, diteci perché “Manufactured Landscape”, la vostra recente mostra da Friedman Benda, è stata così importante per voi, in quanto studio.
La mostra era una bella sintesi della nostra – all’epoca – breve carriera, ed era importante per noi perché ci permetteva di dimostrare praticamente in che cosa consistesse il paracrafting dal nostro punto di vista, qui in Cile. In un certo senso ci permetteva di piantare la nostra bandiera del paracrafting nel territorio del design, allo scopo di creare un ponte tra scienza e artigianato e viceversa.
So che qualche importante museo sta pensando di acquistare pezzi di gt2P per la sua collezione permanente. Prima di tutto, congratulazioni. In secondo luogo, potete darci qualche particolare?
Certo! Grazie. Il nostro Less CPP: Lava vs Porcelain Wall Light oggi fa ufficialmente parte della collezione permanente del Metropolitan Museum di New York. Alcuni pezzi di Remolten e un prototipo di sgabello di Marble vs Bronze sono stati poi acquistati dalla National Gallery of Victoria di Melbourne. Inoltre Remolten è stato selezionato per il premio Design of the Year del Design Museum di Londra. Ma ci sono altre novità in arrivo: non possiamo svelare i particolari fino a quando la cosa non sarà ufficiale.
Di che cosa vi occuperete ora?
Stiamo iniziando due nuovi progetti. Uno si chiama La Fiesta, e stiamo andando alla ricerca in tutta l’America di celebrazioni emblematiche e tipiche per individuare dei potenziali percorsi. Credo che sarà un progetto più ottimista di Losing My America, e sarà anche molto ambizioso. Intendiamo formulare una risposta a A Logo for America di Alfredo Jaar, la bacheca elettronica del 1987 (e della riedizione del 2014) in piena Times Square, che proclama “Questa non è l’America”. [L’opera di Jaar consisteva nella decisa affermazione che “America” non è solo il nome di un singolo paese, ma dell’intero continente.] Vogliamo cercare di rispondere con un progetto che affermi orgogliosamente “Questa È l’America”. L’altro progetto, battezzato Patagonia, inizierà con un viaggio di ricerca per scoprire materiali e comunità nuove – nuova ispirazione – dato che stiamo cercando nuove possibili collaborazioni.
Quali obiettivi ha lo studio nei prossimi anni?
Prima di tutto continuare a lavorare e coltivare l’amicizia con Marc Benda, di Friedman Benda. Ci fa enormemente piacere far parte della famiglia! Vogliamo viaggiare di più in Cile e in America per trovare più progetti e più amici potenziali. Anche l’Australia è un bel posto da esplorare. Ce ne siamo innamorati in occasione di un’installazione che abbiamo realizzato alla National Gallery of Victoria di Melbourne.
L’altro nostro grande obiettivo è realizzare opere per spazi pubblici all’estero. Lo spazio pubblico è il luogo dove fa la sua comparsa nella vita l’inaspettato, in contrapposizione ai più programmati spazi di lavoro e di abitazione. È un’idea che abbiamo preso a prestito da Humberto Giannini, un filosofo cileno che amiamo. Il Big Bench, che di recente ha debuttato a New York, è stato un buon punto di partenza. Il pezzo era ispirato a questa idea, e ci piacerebbe ampliare quel lavoro in altri spazi pubblici esteri.