Issey Miyake. Session One

Nell’ultimo e inedito lavoro, Issey Miyake progetta tessuti di sofisticata tecnologia con un aspetto primordiale e selvaggio. Leggi l’articolo pubblicato su Domus 1023.

Miyake

Articolo pubblicato in origine su Domus 1023, aprile 2018.

Issey Miyake è calmo, saggio, ti guarda in faccia, ma vede oltre. Impone un lieve senso di soggezione, sufficiente per richiedere rispetto, ma non da tenerti lontano. Anche perché semplicemente lui di rispetto ne porta molto ed è pronto alla sorpresa e all’ammirazione. Lavora molto con altri e coinvolge molto, colleghi, designer, fotografi, grafici, architetti, tutti i creativi di cui si circonda. Possiede una cultura dell’immagine superiore e distingue con immediatezza il nuovo previsto da quello imprevedibile.


Issey Miyake non è certo uno stilista di moda, o un couturier o un sarto né qualcuno che produce vestiti anche se è conosciuto nell’ambiente della moda. Di certo, quello che fa non ha niente a che fare con le stagioni, i colori o i tessuti del momento, i trend e tutte quelle altre cose che i produttori di abbigliamento tengono costantemente sotto controllo per non perdere il contatto con i propri consumatori. Così come è difficile immaginare un saggio agitato e stressato, altrettanto è difficile immaginare questo signore giapponese preoccuparsi per l’evoluzione del gusto e analizzare mese dopo mese l’evoluzione degli stili di vita. Per una semplice ragione: lui li conosce già ed è lui a indicarli. L’incontro con Issey Miyake, di cui uso i vestiti da tutta la vita, mi fa pensare proprio a questo, a quanto siano poche le persone che sanno determinare l’evoluzione dei comportamenti, dei gusti, delle scelte senza appartenere al mondo della moda. Uomini e donne che con la propria ricerca, l’appassionato lavoro e una costante abnegazione cercano nella propria sensibilità di captare le radici della propria soddisfazione e insoddisfazione, della propria capacità di sorprendersi o annoiarsi. 

Issey Miyake è un ‘progettista’ come si dice in italiano, parola difficile da tradurre in altre lingue, e che si attribuisce a coloro che dedicano la propria vita al progetto, senza utilizzare scorciatoie di comodo, senza becchettare in giro nel lavoro degli altri, senza accontentarsi dei facili risultati. Soddisfatti solo quando il proprio lavoro corrisponde a quanto cercato, desiderato, voluto. Appassionati dalle proprie esigenti pretese, corrisposti dal proprio giudizio e dalla propria approvazione. Issey Miyake ha una radice di artista grafico, abituato a trattare le due dimensioni, il colore, i segni, i tratti bidimensionali, ma è conquistato dalla terza dimensione e ha fatto diventare questo confronto la matrice del suo lavoro. Il connotato grafico del tessuto è solo l’inizio della ricerca che tende a trasformarlo e renderlo tridimensionale e prende un significato speciale quando ha a che fare con un corpo vivente. Tutto il suo lavoro nasce nel tessuto e nella ricerca del suo potenziale tridimensionale, quasi se nascondesse in sé un’aspirazione alla tridimensionalità. E se c’è, è certo che lui lo trova. Il passaggio tra le due e tre dimensioni è costante, nel progetto dei vestiti, come degli accessori, così come degli allestimenti e delle installazioni spaziali. 

Ci si orienta nel mondo Issey Miyake attraverso le parole che identificano i progetti e le collezioni, Pleats Please per i plissé, Bao Bao per le strutture a base triangolo, 132 5. per gli abiti a struttura grafica, IN-EI per le lampade a origami, A-POC (A Piece Of Cloth) per i vestiti ricavati da un unico pezzo di tessuto e così via. L’ ultimo progetto, ancora mai presentato e al momento non ancora inserito in alcun programma produttivo, è provvisoriamente chiamato Session One ed è nato proprio da A-POC. Issey Miyake introduce un nuovo connotato non ancora sperimentato, a tutti gli effetti sorprendente, del tutto inaspettato. Il “carattere selvaggio”. 

Partendo da un tessuto realizzato con particolari accortezze, dopo un controllato passaggio nel vapore, ottiene una materia consistente, di grosso spessore, rude all’aspetto ma estremamente morbida al tatto, con frange e sfilacciamenti. L’ispirazione viene dal mondo dell’uomo preistorico della cultura jomonese, che ha preso forma in Giappone circa 5.000 anni fa. Il risultato non produce certo vestiti da indossare, ma non era questo l’obiettivo. Il misterioso anelito alla spazialità delle superfici piane è sempre al centro del suo pensiero e si manifesta in tutto il suo lavoro. C’è un sentore di ricerca scientifica, di fisica quantistica, di analisi di particelle subatomiche. C’è il bisogno di aggiungere una terza dimensione che trasforma un decoro piano in oggetto solido, un segno in una scultura, una traccia in un puro oggetto d’arte.

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