Si tratta d’idee che analizzano il presente per immaginare il domani. “The Future Is Not What It Used To Be” – è infatti il titolo (tratto da una frase del poeta Paul Valéry) della seconda edizione della Biennale di Design di Istanbul.
Organizzata dall’Istanbul Foundation for Culture and Arts (İKSV), la Biennale è diretta dalla giovane Deniz Ova, mentre questa edizione è curata dall’inglese Zoë Ryan – d’istanza all’Art Institute of Chicago – assistita nel percorso durato oltre un anno da Meredith Carruthers. Quella di Ryan è una biennale che pone molte domande e fornisce risposte. Il format del manifesto è coraggioso: l’obiettivo è quello di proporre manifesti alternativi nella forma di oggetti, accessori di moda, cibo, menu, mappe, edifici, sistemi e servizi.
La mostra che ne deriva, allestita nei cinque piani della Galata Greek Primary School (2.300 mq, nella zona di Karakoy), associa a ogni stanza uno statement relativo ai progetti presentati, che ne chiarisce o ne enfatizza le intenzioni. In un periodo come questo abbiamo bisogno di manifesti, di annunci espliciti che diano una precisa direzione al mondo? O che servano a interpretarlo?
Se lo scopo delle biennali, ovunque esse si trovino, è servire da piattaforma per la sperimentazione di nuovi pensieri, zona franca da vincoli e costrizioni per esprimere la propria visione, possiamo dire che Zoe Ryan ha centrato l’obiettivo: ha saputo creare la giusta atmosfera e curiosità per guardare al presente, raccontarlo e farlo divenire anticipatore di un futuro migliore – l’aggettivo sarà pur scontato, ma serve qui in qualità di augurio universale. È senza dubbio entusiasmante l’approccio e la debordante passione che la curatrice ha messo in quest’operazione ambiziosa, eppure delicata: oggi che gli equilibri geopolitici sono messi nuovamente in discussione, forse non è un caso che proprio a Istanbul, storico confine tra due mondi, si sia inaugurata una biennale che guarda al presente e immagina il futuro.
Lo statement di questo progetto è: “It’s time for design to get personal”. Nel mezzanino, Elena Manferdini, bolognese di base a Los Angeles con Still Life to Living Pictures ha riprodotto in grandi dimensioni il digital-still-life-painting . È esemplare la sezione “The Exhibition as Manifesto”, selezione di 13 mostre di rilievo per la storia del design (dal 1956 al 2007) tra cui “Italy: The New Domestic Landscape” (1972), “Memphis” (1981), “Man Tranform” (1976). Oltre a statement declamati con lettere in grande formato in ciascuna stanza della mostra, e nella migliore tradizione della propaganda politica che vede il manifesto come primo passo verso la divulgazione pubblica del pensiero in questione, questa Istanbul Tasarim Bienali include anche un radio show settimanale: ci sono, insomma, tutte le premesse per dare al design il difficoltoso compito di fornire risposte per il futuro.
Poco lontano dalla Scuola Greca, il centro culturale SALT Galata, ospita la mostra “From England With Love”, con una scenografica installazione di Ismail Saray, fatta di fili di corda intrecciati, realizzata nel 2014, durante la sua residenza alla Saint Martin’s School of Art.
fino al 14 dicembre 2014
2nd Istanbul Design Biennial
The future is not what it used to be
Biennale Hub: Galata Primary Greek School, Istanbul