Questa intervista è stata pubblicata su Domus 970, giugno 2013
Joseph Grima Così adesso sei tornato a vivere ad Amsterdam, dopo un’assenza di diversi decenni dalla città in cui hai passato l’infanzia.
Rem Koolhaas Sì. Amsterdam è una città incredibilmente introversa. Pensavo sarebbe stato difficile vivere di nuovo qui, perché una parte considerevole della mia vita si è svolta in questa città—qui ho vissuto fino agli 8 anni e poi di nuovo dai 12 ai 22. Dal bow-window della casa dove ora abito posso vedere l’asilo in cui sedetti sul grembo di Maria Montessori (lei visse in Olanda dopo la guerra). È tutto terribilmente intimo. Tuttavia, questo ritorno ad Amsterdam è stato in sé una specie di rivelazione. Lavorare su questo appartamento e su un piccolo capanno in Italia mi ha dato più sicurezza e ha generato in me un maggior interesse nel design d’interni. Tools for Life è la diretta conseguenza di ciò.
Joseph Grima Cosa ti ha tenuto così tanto lontano dal design?
Rem Koolhaas Una forma di irritazione nei confronti del consumismo—e una riluttanza a fare quello che ogni altro faceva, ovvero realizzare oggetti. Sono diventato architetto al tempo delle caffettiere di Aldo Rossi e delle lenzuola di Michael Graves, e già quello era in un certo senso scoraggiante; poi arrivò Memphis, che ha reso il design un ambito ancor più alieno. Mi ha davvero aiutato a superare la mia riluttanza guardare con molta attenzione il lavoro di Shiro Kuramata ed Ettore Sottsass—ho visto un certo numero di mostre e, a un tratto, ho trovato le loro opere incredibilmente interessanti ed emozionanti. Perciò, per intraprendere questo progetto, dovevo sconfiggere la mia miopia e la mia ignoranza.
Joseph Grima Ti hanno influenzato i metabolisti? Alcuni anni fa ricordo che ero presente a un’affascinante intervista che hai realizzato con il designer giapponese Kenji Ekuan, che inizialmente è stato membro del Metabolismo.
Rem Koolhaas Abbiamo intervistato molti designer per il libro Project Japan e il mio rinnovato interesse per il design è il risultato anche di quella ricerca: è stato del tutto illuminante capire come il disegno industriale potesse sembrare essenziale. Poi ho incontrato le persone che avevano lavorato per Kuramata e ho visto le cose straordinarie che stavano realizzando, perciò si potrebbe dire che Tools for Life è anche il prodotto di un rinnovato interesse nel Giappone e di una mia apertura a esso.
Joseph Grima Performance, movimento e trasformazione sembrano essere un tema ricorrente, quasi un’ossessione, nel tuo lavoro—dalla Maison à Bordeaux al Prada Transformer, e dal padiglione per la Serpentine Gallery ai tuoi mobili.
Rem Koolhaas È vero, ma naturalmente non ci si pensa mai come a un’ossessione, quanto invece come a una necessità. Non so se hai visto la mostra al Barbican, “OMA/Progress”, dove il nostro lavoro—ha subito un’operazione di ‘revisione’ da parte dei Rotor, che hanno allestito una stanza speciale sul tema del movimento. Fino ad allora non ci avevamo mai pensato davvero. Forse va bene non essere troppo consapevoli di questi cosiddetti ‘temi’, perché c’è il rischio che possano finire per influenzarti troppo.
Joseph Grima Ancora, pare ti diverta a introdurre pesanti macchinari all’interno della sfera domestica, così come ti piace giocare con la loro estetica.
Rem Koolhaas È vero. Forse è una polemica che ha a che fare con l’aspetto meccanico delle cose, dato che a quest’ultimo viene riconosciuta una considerazione così misera rispetto al digitale. Osserva come la Germania prospera proprio perché è ancora legata alla meccanica. Inoltre, siamo stati molto fortunati ad aver conosciuto un’azienda italiana chiamata Goppion, che realizza meccanismi molto ambiziosi per sistemi allestitivi per musei come il Louvre. Grazie a loro abbiamo scoperto qualcosa di inaspettato—che l’ingegneria, nell’ambito della piccola scala dei mobili, può rivelarsi tanto interessante quanto quella su grande scala.
Joseph Grima Sembra quasi che tu stia tentando di spingere il più lontano possibile i limiti di ciò che si può realizzare come hai fatto in alcuni dei tuoi progetti architettonici, su cui hai lavorato insieme con Cecil Balmond. Uno dei membri del gruppo di progetto, Ippolito Pestellini, mi raccontava della lastra d’acciaio di 400 Kg su cui poggia 04 Counter. Se guardi sotto le assi, affascina l’espressività dell’ingegneria—che, in qualche modo, rievoca il cctv, pur essendo del tutto nascosta.
Rem Koolhaas Sì. Infatti stiamo ancora discutendo se farne una versione trasparente che mostri ogni cosa.
Joseph Grima Cosa ti ha spinto a schierarti in favore di un design estremamente ricercato, piuttosto che per quello più democratico e accessibile a tutti?
Rem Koolhaas Principalmente il fatto che quel tipo di design è già stato fatto bene in passato e viene fatto oggi ancora molto bene. Quella categoria di mobili ha raggiunto un livello molto alto. Ci sono molti designer straordinari là fuori. Ma molto poco di quel design soddisfa più utilizzi.
Joseph Grima Questo è il tuo primo vero impegno con il disegno di un prodotto industriale. Ciò ha condizionato le tue idee sugli interni? Fino a ora hai sempre fatto affidamento su collaborazioni molto strette con designer come Maarten van Severen o Petra Blaisse.
Rem Koolhaas Continuiamo a collaborare con loro, ma il progetto per Knoll aveva qualcosa di particolare: era come scoprire nuovi territori in un’area sovraffollata.
Joseph Grima Se arrivasse il cliente giusto, considereresti la possibilità di lavorare di nuovo su una scala domestica? Vorresti progettare una casa?
Rem Koolhaas Naturalmente, vorrei progettare case, ma trovare il committente giusto è un vero problema. È un problema di scala: il cliente tipo, che vuole una casa oggi, la vuole di 2.000 metri quadri, grande quanto un palazzo. Non so se riesco a lavorare su quella scala.