Il Forum des Halles e la Parigi delle trasformazioni continue

45 anni fa Ionel Schein commentava su Domus il completamento del meno celebre, ma infinitamente più sofferto, “vicino di casa” del Centre Pompidou, il luogo di un dibattito sulla Parigi del futuro destinato a non esaurirsi.

Nel 1970, nel cuore di Parigi, venivano abbattute le Halles, i grandi padiglioni in ferro e vetro dei mercati generali, lasciando dentro la città un vuoto tutt’altro che privo di contenuti e scopi: il piano di Paul Delouvrier del 1965 animato dalla visione di una Parigi radiocentrica circondata da villes nouvelles ha previsto che sotto questo – temporaneo – vuoto si incroceranno le linee dei treni regionali RER (Réseau Express Régional), generando una enorme stazione di interscambio, collegata alla metropolitana. Il “coperchio” di questo “buco” ha due diverse scale: le aree commerciali che copriranno la stazione, il Forum; e la sistemazione di un’area urbana che corre dalla Bourse de Commerce fino a lambire il sito del Centre Pompidou, assegnato nel 1971 e completato nel 1977 da Piano e Rogers. Tra una prima consultation del 1967 e una contro-consultation del 1980, le Halles saranno l’oggetto di numerosissimi rivolgimenti, soprattutto di visione politica, tradotti in numerosissimi progetti che chiamano in causa numerosissimi nomi dell’architettura francese e internazionale, Ricardo Bofill per menzionarne uno. Le parole con cui Ionel Schein accoglieva il completamento del Forum Di Vasconi e Pencreac’h ­– con consulenza di Jean Prouvé – nel dicembre 1979, sul numero 601 di Domus, danno la cifra dei valori in gioco e dell’intensità di un dibattito destinato a non estinguersi: anche il Forum è stato abbattuto, e sostituito da una nuova canopée nel 2016.

Domus 601, dicembre 1979

Le Forum des Halles ou la descente aux enfers

L’architettura è la scrittura immediata della storia: cosi, per un processo di logica e di reciprocità, la lettura più oggettiva della storia la si fa attraverso l’architettura.

Nell’ambito dello svolgimento, molto complesso, del progetto globale delle Halles – messo e rimesso in discussione a seconda degli umori politici che sono, anch’essi, un dato dì fatto del programma – il Forum occupa un posto singolare sia per il contenuto che per il contenente: interrare a quota —32 metri la più grande stazione ferroviaria d’Europa (marciapiedi lunghi 360 metri), stazione in cui fra un anno si incrocerà quotidianamente un milione di persone... e dotare questo luogo di uno spazio sacralizzato dedicato al consumismo... costituisce di per sé un “tour de force” perché... si ignora quali saranno le funzioni e quale la fisonomia dell’ambiente che circonda questo Forum.

E per tale ambiente sono ancora in corso le “consultations” con cui si chiede a cinque architetti invitati soluzioni “di facciata” per alloggi, uffici e per un albergo. A questo “trattamento” cui saranno sottoposti gli edifici intorno al Forum si aggiungerà l’operazione di utilizo del secondo “vuoto” delle Halles: cioè la sistemazione dell’area tra la Bourse de Commerce, Saint Eustache e il Forum stesso. Essenzialmente, il Forum risulta essere un oggetto urbano isolato che garantisce e segnala l’intersezione di due flussi di traffico fisicamente ben distinti: il flusso orizzontale Beaubourg-Forum (che in futuro potrà diventare Place des Vosges-Beaubourg-Forum-Palais Royal) e il flusso verticale (obbligato) stazione R.E.R.-Forum.

Domus 601, dicembre 1979

La vera molla che ha fatto scattare l’operazione delle Halles è stata la stazione delle R.E.R. La Règie Autonome des Transports Parisiens, responsabile della stazione, aveva scelto il procedimento di costruzione più economico: un cantiere a cielo aperto. Dopo questa decisione “les jeux étaint faits”! Si trattava allora di rendere redditizio il “vuoto”. La scelta cadde sull’idea di un vero e proprio “tempio del consumo”. Gli architetti si son trovati quindi di fronte a un programma prestabilito, alla cui formulazione non avevano partecipato; hanno lottato; hanno continuamente “proposto di più” per far capire che senza una soluzione d’insieme – l’orientamento, prima, e l’assimilazione di tutto il costruito all’ambiente circostante, dopo – il risultato finale sarebbe sempre stato zoppicante.

Ne è emersa la proposta di cambiare la dimensione e di considerare il Forum come elemento di una teoria più complessa: Place des Vosges-Marais-Beaubourg-Forum-Halles-Palais Royal. Il progetto ridivenne storicamente “parigino” – fattore da non sottovalutare dal punto di vista della scala: il Forum si sarebbe inserito con tutto il suo potenziale in una cronologia spaziale logica, voluta, globale; l’unità dimensionale sarebbe diventata “urbana”; l’esproprio del territorio privilegiato poteva farsi senza danni, e veniva coinvolto l’insieme del tessuto urbano.

Domus 601, dicembre 1979

Dopo il fallimento di questa proposta globale “urbana” (agosto e settembre 74) –fallimento di cui gli architetti avevano chiaramente segnalato le conseguenze – Vasconi e Pencreac’h ritornano... al Forum; ne derivano due matrimoni sbagliati: con Aillaud e con Botili. Entrambi questi architetti hanno una visione erronea del luogo e della sua “permissività storica”: si sbagliano sulla situazione non meno che sulla forma. Entrambi “intelletualizzano”, ognuno a suo modo, le proprie proposte, introducono nozioni antinomiche e arrivano a un’”espressione” che li esclude del tutto dalla possibilità reale.

E l’evoluzione della forma si sviluppa da questo punto di partenza, da questa forma idea-forza diventata ossessione: configurare lo spazio privato a vantaggio dello spazio pubblico; utilizzare lo spazio pubblico – strade, piazzette – per valorizzare lo spazio privato.

Si intraprende quindi ora una lotta – puntuale, precisa, volontaria, difficile, insolita: il rifiuto del compromesso, del cedere al facile e alle pressioni, del fare atto di obbedienza al committente invece che convincerlo al discutere, al collaborare, allo stimarsi. Ed è qui che emerge, con forza, l’idea del “cratere” aperto: cioè della luce che arriva in un luogo destinato, dall’oscurantismo dei tecnocrati, al buio totale! La notte degli uni diventa il giorno degli altri: architetti e pubblico!

Domus 601, dicembre 1979

E l’evoluzione della forma si sviluppa da questo punto di partenza, da questa forma idea-forza diventata ossessione: configurare lo spazio privato a vantaggio dello spazio pubblico; utilizzare lo spazio pubblico – strade, piazzette – per valorizzare lo spazio privato. Questa dialettica, irreversibile in un regime economico capitalista, è li, nel Forum, nel suo spazio e nel suo vivere quotidiano – sorprendente realtà.

La realtà “Consumo + Spettacolo” (binomio storicamente ben noto...) gli architetti l’hanno affrontata con precisione disinvolta, leggera, intelligente – quasi con humor e con un procedimento degno del più puro surrealismo!... che considera la singolarità dei luoghi e il “quasi finale festivo della nostra società di consumo”.

Domus 601, dicembre 1979

Prima o poi bisognerà far uscire il Forum dalla sua situazione di isola – in ogni caso non si potrà negargli la sua logica, la sua forza e l’aspetto volutamente “minerale”. Il vetro e il metallo combinati, in una esecuzione perfetta. Non ci vogliono piante: si pensi a Venezia – è solo pietra; si guardino le piazze di Parigi – sono solo minerale. La sistemazione delle strade e delle piccole piazze gli architetti l’hanno seguita fin in fondo: arredo, illuminazione, scelta dei colori e materiali. Hanno curato le facciate dei negozi, il cui arredamento, ahimé, è mediocre – vi sono intervenuti i pittori, e nella loro impronta i cliché della modernità vi si ritrovan tutti.

J.P. Sartre ha scritto una volta: “L’inferno è gli altri”. E qui, gli “altri” sono dappertutto, a decine, a centinaia, a migliaia, assidui attori della società del consumo, che li fa agire secondo una liturgia nuova... Mentre gli architetti, qui, han saputo evitare la ribalta... Il sistema adottato per la costruzione delle pareti perimetrali in vetro e alluminio è stato messo a punto da Jean Prouvé.