Quando nel 1942 Domus invita alcuni dei nomi più in vista del panorama architettonico italiano a pensare una casa ideale, una casa per sé, le risposte arrivano in varia forma: hanno tutte disegni, viste schizzi, ma ognuna ha una peculiarità. Carlo Mollino manda una lettera, Gianluigi Banfi gli schemi di una casa trasportabile, Lodovico Belgiojoso le vedute di una possibile vita in montagna con la sua famiglia. Seguiranno poi Cattaneo, Zanuso e altri ancora. Enrico Peressutti, altro membro fondatore dello studio Bbpr, riferimento anche internazionale per lo sviluppo più avanzato del pensiero moderno in Italia, manda una lettera manoscritta – che in tale veste viene direttamente pubblicata, sul Domus 176 dell’agosto 1942 – a rappresentare l’immediatezza tra la specificità di ciascun individuo nel percepire, e quindi plasmare il paesaggio attorno a sé, e le possibili forme che ne possono derivare; una lettera manoscritta, quindi, per accompagnare un disegno che mette al suo centro l’aspetto dell’abitare come vita umana.
Dai Bbpr a Domus la casa ideale di Peressutti
Dall’archivio Domus, riscopriamo una serie di case pensate dagli architetti per se stessi, su invito della rivista. Uno dei fondatori dello storico studio milanese pensa un paesaggio da cui si generano esperienze e forme.
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- Enrico Peressutti
- 17 novembre 2023
Il paesaggio ideale per la casa dell’arch. Enrico Peressutti
L’orizzonte, il cielo, il mare, la terra, il verde, alcune rocce, e, in lontananza, forse, il continente. Un paesaggio che può essere un’isola, ma che potrebbe essere la vita di ogni giorno di ogni uomo. Il continente è lontano perché sono lontani da questo paesaggio i sentimenti in serie, il pensiero stampato a macchina, le facciate e le apparenze che celano il bacato, i compromessi, i surrogati. È questo, un paesaggio di elementi puri, anzi meglio: gli stessi elementi del continente qui sono puri. Un paesaggio sereno o tempestoso, ma vero, generoso o prudente ma schietto, caldo o freddo ma sincero. Così ho immaginato la mia casa: vera, schietta, sincera. Eccola: Un cubo di cristallo e, vicino, un altro di alluminio. Nel primo ho inquadrato una roccia del paesaggio, roccia scolpita, resa cioè architettonica e nella quale ho ricavato la scala e il caminetto. Nel secondo ho riunito tutti i servizi: bagno, guardaroba, cucina, gabinetto, ripostiglio.
Ho voluto cioè riunire nel primo, tutto ciò che in una abitazione vi è di personale e di conseguenza, mutevole secondo lo spirito di ognuno; spirito che per principio è diverso da una persona all’altra, mentre che nel secondo ho riunito quel complesso di servizi che, almeno come minimo, dovrebbe essere uguale per ogni persona, così come l’aria, il sole, la terra, il verde, sono uguali per tutti. Nel primo il numeratore, il fattore personale, diverso sempre; nel secondo il denominatore, il fattore comune, uguale, o meglio, che dovrebbe in una vera civiltà essere sempre – come minimo – uguale per tutti. In sintesi costruttiva, mentre il primo è un complesso che va studiato e realizzato volta a volta secondo la personalità di ognuno, il secondo, può essere invece realizzato in serie, prefabbricato cioè, così come per altre necessità comuni si realizza un’automobile per spostarsi velocemente, un rasoio per farsi la barba, una forchetta, un cucchiaio o un coltello per mangiare, e via di seguito. Il primo è la “vita”, il secondo è un “servizio”. Elementi distinguibili in ogni costruzione.
Realizzazione tecnica
La casa che ho immaginato esige tanto nella parte servizi come in quella di soggiorno, una tecnica costruttiva specializzata, uno sfruttamento massivo dei materiali nelle loro qualità costruttive, ed una diminuzione al minimo dell’ingombro. Userei perciò senza pregiudizio alcuno sempre quello di un effettivo progresso nella tecnica e nei risultati costruttivi, per il raggiungimento di una reale comodità, dei materiali più adatti e, nello stesso tempo più puri (purezza intesa nel senso di riunione nel materiale stesso del massimo delle doti positive).
Realizzazione economica
Questa casa realizzata secondo il mio desiderio, è certo di un costo superiore alla media. È però certamente possibile la sua realizzazione in un costo non eccezionale, portando su un piano costruttivo normalizzato tutti quegli elementi che nel mio concetto puramente pratico ho immaginato con spiccata tendenza verso il “pezzo unico” (dal paesaggio al blocco di marmo, dai cristalli di dimensioni fuori uso, alla tecnica precisa e specializzata per la costruzione).
In questo modo anche il costo, che ad una critica nel piano seriale, poteva risultare elemento negativo o astratto, rientra nei limiti correnti di quella “serialità” verso la quale tendono oggi gli spazi di tutti noi.