L'approfondimento sul gruppo fiorentino Superstudio è affidato a questo articolo che hanno scritto su Domus nel '69 e, contrariamente a quanto si pensa, non fu Mendini il primo a dare spazio ai radicals bensi Gio Ponti; ciò dimostra quanto il grande architetto-direttore fosse aperto e disponibile al nuovo. Una via perseguita in seguito da Mendini che, tra Casabella e Domus, fornì alla neo-avanguardia radicale italiana una piattaforma per comunicare ed esprimere le proprie ricerche. Solo dall'ambiguità e dalla non-soluzione l'architettura potrà farsi opera aperta secondo i Superstudio. Seguendo così la definizione che Umberto Eco le diede nel 1962 con l'omonimo testo, ovvero di un'opera "[...]basata su di una collaborazione teoretica, mentale, del fruitore che deve liberamente interpretare un fatto d'arte già prodotto [...]" (Umberto Eco, Opera Aperta, Bompiani, Milano 1962).
In questo articolo i Superstudio affrontano temi e idee che verranno sviluppati nei loro progetti, come l'importanza della monumentalità nella lezione di Louis Kahn che verrà applicata nel progetto del Monumento Continuo, realizzato proprio nel '69. E ancora l'atto di accusa nei confronti dell'architettura in crisi con se stessa che non riesce più a incidere nei processi decisionali per cui l'unica soluzione possibile è l'Architettura della Ragione; un'architettura che esalta se stessa come prodotto di una storia umana. Questo insistere sulla monumentalità e le megastrutture è il grande tema portato avanti, tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, dall'Architecture Mobile di Yona Friedman alle città immaginate, e in parte costruite, dai Metabolisti giapponesi, fino ai progetti visionari di Paolo Soleri, Archigram, Cedric Price. Esempi in cui il fuori scala è la norma, ben comprendendo dove Koolhaas abbia tratto la sua bigness. Ciò dimostra quanto l'architettura "radicale" tutta, non solo quella italiana, abbia prefigurato scenari e teorie applicate da generazioni di architetti di cui ancora oggi si dimostra la validità. Emanuele Piccardo
Superstudio: progetti e pensieri
Un articolo pubblicato nel 1969 in cui il gruppo fiorentino affronta temi e idee che svilupperà poi nei progetti successivi.
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- Emanuele Piccardo
- 11 febbraio 2012
- Firenze
Superstudio: progetti e pensieri
Pubblicato in origine su Domus 479/ottobre 1969
Cosi si esprimono, in progetti e
pensieri, i giovani architetti del Superstudio
di Firenze, Adolfo Natalini,
Cristiano Toraldo di Francia,
Piero Frassinelli, Roberto Magris (dei
quali abbiamo pubblicato interni ed
oggetti, in
Domus 473
e 475
).
"La fine
dell'architettura non è nella 'architettura sull'architettura',
né nelle possibili evasioni di metaprogetto
o di ritiri spirituali. La fine
dell'architettura è solo quella di
un'alba, che ormai sappiamo possibile,
con un gran fungo luminoso.
La sua ibernazione nelle torri dell'orgoglio
intellettuale (l'hybris greco)
non è una alternativa operante;
stare al di sopra della mischia vuoi
dire accettare l'esistenza della mischia
senza far nulla per modificarla.
L'architettura in aspettativa' richiama
subito alla mente la fiducia
in tempi migliori in cui operare e
soprattutto la fede in una immutabile
'carriera' fatta di scatti e
avanzamenti verso il potere (o la
pensione)...
La lucida descrizione di un campo di
esperienze multidirezionali e talora
regressive porta a risultati ambigui
e instabili, ma l'ambiguità rimane
uno dei pochi punti fermi della cultura
contemporanea: solo dall'ambiguità,
dalla non-soluzione, dalla pluralità
delle possibili letture, nasce
la tensione necessaria a mantenere
l'opera aperta e 'in progress'...
La situazione culturale si modifica
incessantemente: si contribuisce a questa modificazione solo conferendo
a ogni suo atto il più alto grado
di oggettività e chiarezza. L'importante,
al solito, è salvarsi l'anima, ii
che ora vuoi dire sentirsi in equilibrio
per la chiarezza delle nostre
azioni...
...Una storia come "Pilgrim's Progress"
per la salvezza dell'anima di
un architetto giovane.
d'architettura
agnostica e senza maestri. Impaurita
dall'accademia, dal genio,
dall'intelligenza... Una scuola al di
fuori della storia, basata sull'empirismo
e sul probabilismo. Una scuola
che andava avanti per deduzioni
successive, dove la verità era sempre
un frammento visto con le lenti
celesti di una malintesa originalità...
Una scuola dove si parlava di molte
cose e mai d'architettura, come se
l'architettura, la storia, le intuizioni
e i maestri fossero tutto retaggi del
Novecento-Fascismo, RazionalismoFreddezza,
Maestri-Accademia, e di
simili altre pseudouguaglianze. Una
scuola di equazioni sbagliate... In
principium... l'architettura dei monumenti
era l'unico modo per fare
ordine, per gettare una base. L'unico
modo per operare era accettare
tutte le componenti conscie ed inconscie
e considerare l'architettura
come un problema con infinite incognite
e assumerne un certo numero
come costanti... Come costanti si
assunsero gli assi di simmetria, la
divina proporzione, le forme elementari,
gli archetipi dell'esperienza.
L'ordine', attraverso la lezione di
Kahn, fu Il metodo per il recupero
della storia all'azione dell'architettura.
Le idee generatrici, il neoplatonismo,
erano un terreno sicuro, una
base per ogni azione.
Poi ci fu l'architettura delle immagini
che proponeva l'utilizzazione della
cronaca e dell'attualità attraverso il
meccanismo dell'invenzione'. L'architettura
delle immagini era un'architettura
carica di figuratività, capace
quindi di indurre comportamenti.
Poi l'architettura tecnomorfa si proponeva
non come architettura per la
tecnica né solo come architettura a
immagine della tecnica, ma come
architettura capace di usare coscientemente
la tecnica e la sua immagine.
L'architettura dei monumenti - l'architettura
immagine magica dell'uomo
- è stata l'esorcismo contro
l'architettura del particolare e del
pittoresco. L'architettura della Storia.
L'architettura delle immagini - l'architettura
della cronaca e del manifesto
- era l'esorcismo contro la
storia come cristallizzazione di
esperienze. L'architettura era oggetto
d'uso.
L'architettura tecnomorfa spostava
l'attenzione sull'ipotesi e sul futuro,
esorc;zzando i dubbi e le paure introdotte
dalla macchina negli apprendisti
stregoni. L'architettura era
una macchina a funzionamento simbollco...
Cosi il cerchio passato-presente-futuro
si chiudeva come un pentacolo
magico. Ogni dimostrazione "per
absurdum" era stata fatta. E la ragione
trovava il campo sgombro
dagli equivoci e una serie di "materiali"
su cui agire.
In un momento in cui l'architettura
mette in crisi se stessa demandando
ad altre discipline gli atti decisionali
e i metodi di lavoro, diventa
importante riaffermarne la dignità
attraverso l'unica tecnica possibile,
quella del 'fare secondo ragione'.
L'architettura della ragione esalta se
stessa come prodotto della stona
umana, ponendosi come testimonianza
delle capacità creative e
rappresentative di un periodo e di
una società.
L'aumento della velocità di lettura (i
trasporti come fattore di velocizzazione
spazi aie, il consumo come fattore
di velocizzazione temporale) e
l'aumento di mobilità della società
richiedono un'architettura capace di
fare il punto della situazione momento
per momento... Rendere testimonianza
diviene così lavorare
nella storia, con la storia e per la
storia.
Tutti oggi siamo degli 'intellettuali'
o degli acculturati: ogni cosa ci appare
carica di riferimenti e richiami.
I primitivi dell'architettura moderna,
il Bauhaus, gli anni venti costituiscono
i primi modelli dell'operazione,
gli iniziatori di quella linea maestra
della cultura che ci interessa
portare avanti. Non un 'revival',
ma un 'survival', la permanenza
cioé di un motivo vitale.
Si riparte dall'arte del costruire,
dall'economia dei materiali, dalle
ragioni del costruire e dai significati
dell'edificio.
La ragione ha riaffermato il suo posto
e dà notizia di sé. E per la prima
volta forse, al di sopra di tutte
le contraddizioni, ci sentiamo stranamente
tranquilli... ".
Superstudio 1968-69
Nella foto in alto, da sinistra: Alessandro Magris, Cristiano Toraldo di Francia, Piero Frassinelli, Roberto Magris, Adolfo Natalini.