Ci sono due modi d'intendere le mostre – dichiara Olafur Eliasson – a cui lui vuole volgere le spalle: la visione “consumistica”, che considera l'esposizione come un palinsesto apparecchiato e imposto al visitatore, costretto a fruirne in modo univoco come di una qualsiasi altra merce; e la visione “escapista”, per cui la permanenza in un museo si configura come una fuga dalla realtà, un modo per evitare di farci i conti almeno temporaneamente.
Il 55enne “artistar” islandese-danese lo spiega in modo assertivo durante la presentazione di “Nel tuo tempo”, il grande progetto che ha allestito a Palazzo Strozzi, a Firenze. Allontanandosi dai binari consueti, Eliasson punta ad altro: aspira a coinvolgere lo spettatore, ad “attivarlo”, a renderlo consapevole della propria importanza perché ognuno di noi è in grado (“is good enough”, dice testualmente) di dare forma a un’autentica e personalissima esperienza del mondo circostante.
“Partiamo dal titolo”, racconta Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra, aperta al pubblico fino al 23 gennaio 2023: “È un invito a riappropriarsi del nostro tempo, del nostro corpo, del nostro sguardo. Al cospetto di questi lavori, ogni visitatore vivrà un’esperienza libera, unica e irripetibile; diversa da quella di tutti gli altri, ma assieme agli altri, in uno spazio condiviso”. Di che lavori si tratta? Non certo di opere tradizionalmente intese: meglio immaginarli come dispositivi concepiti per alterare la percezione di chi li osserva, grazie a effetti ottici e trucchi illusionistici.
Si parte con Under the weather, nel cortile, coperto per l’occasione da una grande struttura sospesa a 8 metri di altezza la cui configurazione pare mutare ogni volta che noi, lì sotto, muoviamo un passo: vibra in continuazione, e a volte ci appare come un cerchio, altre come un’ellisse. “È il cosiddetto effetto moiré”, spiega Galansino, “un fenomeno fisico attraverso cui l’installazione sembra alterare la rigida simmetria di Palazzo Strozzi creando un’atmosfera ipnotica tipica di quell’ambiguità visiva che da sempre affascina l’artista”.
Il legame con il luogo in cui ci troviamo, evocato dal direttore/curatore, è da mettere in evidenza perché per Eliasson (che ha iniziato a lavorare a questa esposizione nel 2015, in un percorso di riflessioni e sopralluoghi segmentato dalla pandemia) questo straordinario complesso rinascimentale è non solo il contenitore delle sue creazioni, ma il loro “coproduttore” – “un collaboratore d’eccezione”, nelle parole di Galansino.
Le installazioni interagiscono con gli spettatori e pure con gli ambienti che le ospitano; ed è da qui che nasce la sensazione che sia tutto site-specific, in questa mostra, anche se così non è. Sono i primi lavori che incontriamo al piano nobile del palazzo a illustrare con più efficacia questo triplice incontro.
In Triple seeing survey, Tomorrow e Just before now è come se le finestre dell’edificio migrassero al suo interno: pareti e schermi appositamente collocati nelle stanze raccolgono la luce di alcuni faretti che, attraversando dall’esterno i vecchi vetri, proietta su quelle superfici i segni che le epoche hanno impresso nella materia trasparente e le sue imperfezioni.
Le opere di Eliasson – sono una quindicina in totale quelle presentate da “Nel tuo tempo” – vivono una costante condizione di mutevolezza. Mutano nel tempo e nella visione del singolo che, avvicinandosi e allontanandosi, le esplora nello spazio nel corso di una perpetua deambulazione. Protagonista assoluta, la luce. È lei la grande alleata dell’artista: gli arcobaleni che attraversano la cortina vaporosa di Beauty; i riflessi nei dischi di Solar compression; la stupefacente policromia dei poliedri complessi incorporati in Firefly double-polyhedron sphere experiment contrapposta al giallo totalizzante che in Room for one colour limita la percezione del colore alle tonalità del giallo – appunto – e del nero.
“I lavori di Eliasson toccano temi molto seri e profondi e sono il prodotto di una continua ricerca scientifica”, continua Galansino, “ma questa complessità è declinata in un modo leggero che attrae e diverte il pubblico, senza quella “cupezza” che spesso si respira in altri ambiti dell’arte contemporanea”.
L’apice di questo approccio alla pratica creativa è rappresentato dall’ultimo lavoro presentato in mostra. Con Your view matter (“La tua visione conta”, un titolo-manifesto…) Olafur Eliasson per la prima volta esplora i confini della realtà virtuale, trasportando il visitatore armato di visori Oculus in una successione di spazi digitali che hanno la forma di solidi platonici (i primi cinque) e di una sfera (il sesto).
Un “trip” che affrontiamo spostandoci e guardando in tutte le direzioni sollecitati da un flusso potenzialmente infinito di distorsioni visive. L’opera d’arte è uno spazio illusorio che, come sperimentato in Under the weather (l’installazione che nel cortile del palazzo dà il via all’esposizione), si mette in moto solo grazie al nostro passaggio. E il cerchio (o l’ellissi?) si chiude.