La ventiseiesima edizione di miart 2022 è ormai alle porte, dall’1 al 3 aprile sarà la prima fiera d’arte moderna e contemporanea in Italia – e tra le prime in Europa – ad aprire dopo mesi di stop e rimandi dovuti alla pandemia, tra i quali la decisione di posticipare a giugno il Salone del Mobile, che per tradizione seguiva la settimana della fiera d’arte, così come la scelta di posticipare Artefiera a Bologna, in calendario per il mese di gennaio.
Guida al miart 2022 e gli eventi da non perdere durante la Milano Art Week
Una guida essenziale agli eventi della Milano Art Week e alle novità della prima fiera di arte contemporanea dell’anno 2022. Un “primo movimento”, come racconta il direttore Nicola Riccardi.
29 marzo – 12 giugno
Artur Żmijewski, Gestures, 2019. Courtesy Foksal Gallery Foundation, Varsavia e Galerie Peter Kilchmann, Zurigo
31 marzo – 22 agosto
Elmgreen & Dragset, What’s Left?, 2021, silicone, abbigliamento, fune metallica, palo di bilanciamento, dimensioni variabili. Courtesy l’Artista. Foto Elmar Vestner
31 marzo – 22 agosto
Elmgreen & Dragset, This is How We Play Together, 2021,bronzo, lacca, dimensioni variabili. Christen Sveaas Art Collection. Courtesy Perrotin. Foto Elmar Vestner
30 marzo – 31 luglio
Steve McQueen, Charlotte, 2004 (still), pellicola a colori 16mm, niente suono, 5’ 42’’, © Steve McQueen. Courtesy l’Artista, Thomas Dane Gallery and Marian Goodman Gallery
Steve McQueen, Static, 2009 (still), pellicola a colori da 5 mm, trasferita in HD, audio, 7’ 3’’, © Steve McQueen. Courtesy l’Artista, Thomas Dane Gallery and Marian Goodman Gallery
2 aprile – 28 maggio
Yuli Yamagata, Coming back home, 2022. Foto Eduardo Ortega. Courtesy Fortes D’Aloia & Gabriel, São Paulo/Rio de Janeiro; Anton Kern Gallery, New York and Galeria Madragoa, Lisbona
2 aprile – 28 maggio
Yuli Yamagata, Coming back home, 2022. Foto Eduardo Ortega. Courtesy Fortes D’Aloia & Gabriel, São Paulo/Rio de Janeiro; Anton Kern Gallery, New York and Galeria Madragoa, Lisbona
31 marzo – 19 aprile 2022
DAFNE, How I became a house, Milano
31 marzo – 19 aprile 2022
DAFNE, preview di +39 334 2928559, Milano
View Article details
- Irene Sofia Comi
- 25 marzo 2022
Per Nicola Ricciardi, il direttore della fiera, si prospetta un’edizione più personale, che oserà rispetto alla precedente – la prima da lui guidata, una volontà che si evince sin dal titolo dell’edizione: primo movimento. “Questo termine, preso in prestito dalla classica, rappresenta non solo l’inizio di una forma musicale, ma anche un desiderio di accelerazione, uno stimolo per muoversi, tutti insieme – galleristi, collezionisti, artisti, cittadini e visitatori. Perché la perfetta esecuzione di una sinfonia è possibile solo se c’è collaborazione e coesione tra bacchetta, avambracci, mani, dita, sguardi, facce, gesti e, non per ultimo, pubblico in sala”, racconta a Domus.
Foto Trevor Lloyd
Courtesy of The Artist and ChertLüdde, Berlino
Foto Aurélien Mole
Courtesy the Artist and Ciaccia Levi, Parigi – Milano
Courtesy of the Artist and Galleria Raffaella Cortese, Milano
Courtesy Madragoa, Lisbona
Foto Luigi Ghirri, Via Fondazza, 1989-90 © Eredi di Luigi Ghirri Courtesy Mai 36 Galerie, Zurigo
Courtesy Mazzoleni, Londra – Torino
Courtesy Meyer Riegger, Berlino
Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano – Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli
Foto Andrea Rossetti
Courtesy Vistamare, Milano, Pescara
Courtesy Studio Vandrasch e Galleria dello Scudo, Verona
Credit Isabelle Arthuis
Courtesy the Artist & Sans titre (2016), Parigi
Foto Constanza Meléndez
Courtesy the artist and Sperling, Monaco
Foto Luciano Romano
Courtesy Alfonso Artiaco, Napoli
Credits Simon D’Exea
Courtesy Galleria Alessandra Bonomo, Roma
Courtesy © Benjamin Baltus Courtesy of the artist and CLEARING New York, Brussels
Foto Marco Davolio
Courtesy Clima, Milano
Courtesy Monica De Cardenas, Milano – Zuoz – Lugano
Foto Danilo Donzelli
Courtesy the Artist and Galleria Tiziana Di Caro, Napoli
Copyright Alicja Kielan
Courtesy Volker Diehl Gallery, Berlino
Courtesy Eredi Marelli, Cantù
Courtesy Galleria Fumagalli, Milano
Courtesy MAAB Gallery, Milano
Courtesy Gió Marconi, Milano
Courtesy MISAKO & ROSEN, Tokyo – Brussels
Foto Paolo Vandrasch, Milano
Courtesy ML Fine Art Matteo Lampertico, Milano
Courtesy MontrasioArte Monza e Milano e Dennis Oppenheim estate New York
Foto Carlo Favero
Courtesy the artist and P420, Bologna
Courtesy Galleria Poggiali, Firenze – Milano – Pietrasanta
Courtesy Galleria Allegra Ravizza, Lugano – Milano
Courtesy Galleria Spazia, Bologna
Foto by Hector Chico
Courtesy the artist and SpazioA, Pistoia
Courtesy Stems Gallery, Bruxelles
Courtesy Cristian Castelnuovo e Studio Guastalla Arte Moderna e Contemporanea, Milano
Courtesy Tornabuoni Arte, Firenze – Milano – Forte dei Marmi – Crans Montana – Parigi
Foto by Matt Ashford
Courtesy of the artist and ADA, Roma
Courtesy of the artist and Nir Altman, Monaco
Foto Annik Wetter
Courtesy the Artisti and Galerie Sébastien Bertrand, Ginevra
Foto kunst-dokumentation.com
Courtesy the artist and FELIX GAUDLITZ, Vienna
Foto Giorgio Benni
Courtesy the Artist and Galleria Gilda Lavia, Roma
Foto Andrea Rossetti
Courtesy Martina Simeti, Milano
In questa cornice dinamica si inserisce anche il progetto inedito di performance in città curato da Davide Giannella, un originale ciclo previsto per il 30 marzo che unisce performance e spazio pubblico negli interventi dell’artista visivo Riccardo Benassi e del coreografo Michele Rizzo, realizzato grazie al sostegno di Fondazione Marcelo Burlon. “Tutta la squadra di miart e Fiera Milano ci teneva particolarmente a sottolineare l’importanza di tornare a muoversi questa primavera. Il progetto OutPut nasce infatti per dare una forma concreta al tema di questa edizione”, prosegue Ricciardi. Insieme a FOG Triennale Milano Performing Art, il festival di arti performative che presenta la lecture-performance Dying On stage del cipriota Christodoulos Panayiotou (2 aprile) e la prima assoluta di Milano, nuovo lavoro di Romeo Castellucci filmato da Yuri Ancarani (3 aprile).
Per prepararsi alla 59. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, si può cominciare proprio dalla Fiera milanese, dove saranno presenti alcuni dei protagonisti della kermesse veneziana – Carla Accardi, Tommaso Binga, Miriam Cahn, Giulia Cenci, Louise Nevelson e Joanna Piotrowska, per citarne alcuni. Sono 151 le gallerie partecipanti, provenienti da venti Paesi, i cui lavori saranno orchestrati in tre principali partiture, ridotte rispetto alle precedenti edizioni, “serve a presentare una distribuzione degli spazi più chiara, leggibile e incentivante per il movimento dei visitatori”, prosegue Ricciardi. Per la prima volta la sezione principale Established presenta una selezione di gallerie miste, unendo opere di design e arte moderna a quelle di contemporanea e sviluppando un percorso più propriamente espositivo: “l’edizione 2021 di miart ha dimostrato che un più stretto dialogo tra moderno e contemporaneo è in grado di generare mutui benefici. Abbiamo quindi deciso di fondere le due sezioni Established Masters e Established Contemporary per favorire una maggiore permeabilità, stimolando le gallerie a immaginare proposte espositive sempre più di qualità e incentivando i dialoghi e le riscoperte”.
È un’edizione che schiaccia il pedale dell’acceleratore sulle nuove generazioni e sulla sperimentazione, un panorama in continua evoluzione in grado di stimolare sempre di più la curiosità di collezionisti e visitatori. Lo si intuisce in prima battuta dalla posizione riservata a Emergent all’interno di Fieramilanocity, la sezione dedicata alle gallerie e agli artisti di più recente generazione, e ai relativi premi introdotti che “dimostrano un interesse sempre più crescente da parte di istituzioni, aziende e partner”.
Oltre al sostegno di Intesa Sanpaolo, main partner della fiera, e al Fondo di Acquisizione di Fondazione Fiera Milano – la cui collezione, visibile in Palazzina degli Orafi, ha raggiunto ormai cento opere – non mancano iniziative di promozione e supporto per artisti e galleristi, che prendono forma attraverso numerosi premi: Premio Herno al miglior stand, Premio LCA per la migliore galleria della sezione Emergent, Premio Acquisizione Covivio, che commissionerà un’opera site-specific all’artista selezionato.
In ultimo, l’attenzione sistemica della fiera verso la città. La sinergia con le istituzioni milanesi è infatti un caposaldo di miart, che nel tempo ha visto crescere eventi e mostre in musei, fondazioni, gallerie e spazi no profit che aprono in occasione della fiera. Nonostante due anni difficili, la Milano Art Week non si perde d’animo e celebra dal 28 marzo al 3 aprile una ripartenza caratterizzata da grandi nomi internazionali che lasciano immaginare rassegne di qualità, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano. Tra i tanti eventi, dai più chiacchierati ai più nascosti, ve ne raccontiamo cinque da non perdere.
Apre al PAC il 29 marzo, ed è visibile fino al 12 giugno, la prima personale in Italia di una delle figure più radicali e importanti della scena artistica polacca: Artur Żmijewski, che ha esposto in istituzioni in tutto il mondo, tra cui documenta 12 e 14, la Biennale di Venezia e la Biennale d’Arte Contemporanea di Berlino, di cui è stato curatore nel 2012. Curata da Diego Sileo, la mostra si inserisce in una programmazione espositiva che ormai da tempo ha l’obiettivo di aprirsi al panorama internazionale, puntando i riflettori su grandi artisti che non hanno ancora avuto la dovuta attenzione in Italia e sull’idea di museo come polo di ricerca per tematiche di natura sociale, politica ed identitaria. La preoccupazione per problemi socio-politici della contemporaneità infatti è un caposaldo nella ricerca di Żmijewski. Attraverso le sue opere esamina le dinamiche di potere e oppressione nella collettività, così come le inclinazioni di paura e malvagità presenti nell’istinto umano. Il rapporto tra l’interiorizzazione delle emozioni estreme e le loro manifestazione attraverso le espressioni fisiche è il fil rouge tra le opere esposte, una selezione varia di lavori storici e recenti, di cui tre pensati ad hoc per il PAC. Żmijewski pone l’osservatore di fronte a un sistema di rappresentazione di diverse forme di paura: paura della solitudine, di essere dimenticati, di disturbi mentali e della disabilità, ma anche di un ambiente straniero e ostile, di un razzismo di Stato. Numerosi sono i riferimenti ai rifugiati al confine polacco-bielorusso durante l’estate-autunno del 2021. Non occorrono altre parole per comprendere l’urgenza di riflettere su questi temi. Oggi più di ieri.
Per scoprire cosa accade ai corpi umani con l’avvento del metaverso occorre, con ogni probabilità, ancora qualche tempo, eppure Elmgreen & Dragset sembrano voler accelerare la questione. Dal 31 marzo la sede in Largo Isarco di Fondazione Prada sarà messa a disposizione del duo scandinavo per un totale di 3.000 m2, compreso il cortile che ad oggi non aveva ancora ospitato grandi mostre. Il titolo del progetto“Useless Bodies?” è programmatico, una domanda perenne a cui la società contemporanea non trova risposta: la presenza fisica dell’essere umano è oggi strettamente necessaria? Quali saranno le conseguenze della corsa alla digitalizzazione e all’automazione dell’epoca post-industriale? Questioni complesse cui rispondere oggi, che portano gli artisti a riflettere sull’idea di “corpo ideale” nel tempo.
La mostra si apre infatti citando “Serial Classic”, la prima esposizione in Fondazione, dedicata al rapporto ambivalente nella scultura classica tra originalità e imitazione (un tema peraltro affrontato, seppur per altri versanti, anche nella mostra “Role Play”, visibile fino al 27 giugno a Osservatorio Prada). Corpi classici e neoclassici vengono associati a rappresentazioni iperrealiste firmate dai protagonisti della personale. Proseguendo oltre il Podium i toni si fanno più tetri. In un gioco intriso di dark humor, il duo gioca sui sensi e contro-sensi degli stili di vita occidentali: file di postazioni lavorative e spa abbandonate, dimore simili a bunker futuristici, oggetti ordinari alienati e dog robot. Immagini spiazzanti che inscenano un collasso di sistema e mettono in discussione i meccanismi di sorveglianza quotidiani. Dopo l’installazione Short Cut in Galleria Vittorio Emanuele, nel 2003, Elmgreen & Dragset tornano a colpire nel segno.
Per la fama che accompagna Steve McQueen, vincitore di un Turner Prize e di un Premio Oscar, è d’obbligo citare l’apertura della sua personale in HangarBicocca, visibile al pubblico dal 31 marzo al 31 luglio 2022. La mostra, curata dal direttore artistico Vicente Todolí, è realizzata in collaborazione con la Tate Modern di Londra dove nel 2020, in piena pandemia, è stata presentata una prima versione di questo progetto nell’esposizione Steve McQueen. A Milano, l’artista visivo, regista e produttore ha concepito un apposito progetto espositivo intitolato “Sunshine State”, arricchito da una nuova selezione di opere. Attraverso gli spazi delle Navate e del Cubo, e sull’esterno dell’edificio, sarà possibile cogliere l’evoluzione dei suoi venti anni di carriera nelle arti visive in un percorso non cronologico, nel quale saranno presentate sei installazioni e una scultura.
La costruzione dell’identità e il senso d’appartenenza, così come il diritto alla libertà e il post colonialismo, sono temi fondativi nella sua ricerca, basata sul medium filmico, linguaggio che assume nei suoi lavori una corposità scultorea in termini spaziali e temporali, un aspetto che assume uno spessore particolare quando ad essere filmato è il corpo umano, in un agency costante per lo spettatore. In mostra sarà presente anche un video inedito che dà il nome all’intera mostra, opera commissionata dall’International Film Festival Rotterdam (IFFR) 2022 che l’artista ha elaborato per più di vent’anni; come spiegano i curatori, “Sunshine State” propone una riflessione sugli esordi del cinema hollywoodiano e su come il grande schermo abbia influenzato profondamente la percezione e la costruzione dell’identità.
Se la tendenza della Biennale d’Arte di Venezia in arrivo è quella di presentare mondi surreali e onirici, si può affermare che la poetica di Yuli Yamagata si muove nella stessa direzione. L’artista brasiliana, classe 1989, presenterà alcuni nuovi lavori per la prima volta in Italia da Ordet, lo spazio diretto da Edoardo Bonaspetti e Emanuele Cernuschi in zona Porta Romana che si distingue sin dall’anno della sua apertura, il 2019, per la presentazione di ricerche internazionali sperimentali e d’avanguardia (ricordo anche l’ultima bellissima mostra di Jon Rafman). Nel trarre ispirazione dalla cultura di massa, le opere di Yamagata mettono in scena mutazioni umane, in bilico tra la realtà così come viene intesa oggi e il mondo animale.
Dal 2 aprile al 28 maggio un polpo, una lumaca, un paguro e un serpente popoleranno Ordet, in un allestimento interpretato come uno scheletro contorto, alterato e tentacolare. Nelle opere di Yamagata, imbottite e rivestite di tessuti, un po’ grottesche e un po’ cartoon, ciò che è conosciuto diventa perturbante; a un primo sguardo i soggetti sono identificabili, e subito dopo stranianti. Come il gusto estetico s’adatta malleabile, spaziando tra gusto dell’horror, consumismo da centro commerciale e fumetti di fantascienza, così fa l’intelligenza umana?
MASSIMO è un luogo intimo, quasi da sembrare una persona. Con sede in Porta Venezia, in via degli Scipioni, questo spazio no profit per l’arte contemporaneo è stato fondato a dicembre 2019 da Stefano Galeotti, Giulia Parolin, Martina Rota con l’obiettivo di cogliere le sperimentazioni artistiche più recenti, puntando sui rapporti umani costruiti nel tempo con gli artisti per poter cogliere, in modo sincero, tutti gli aspetti che fanno da contorno alla ricerca poetica di un individuo. Durante miart inaugureranno la mostra “+39 334 2928559” di Dafne, un gruppo formato da diverse identità un po’ umano e un po’ metaforico, fondato nel 2019 da Filippo De Marchi, William Merante e Giovanni Riggio, che si dedica alla ricerca artistica spaziando dalla musica e dal suono alle performance e alle arti visive, nel costante tentativo di ridefinire ed espandere i confini di tali categorie.
Con l’intervento di Dafne, fino al 19 aprile lo spazio di MASSIMO cambierà aspetto: le linee rette che delimitano soffitto e pavimento si perderanno in volumi ridotti al minimo, percepiti dal visitatore in maniera quasi bidimensionale. Il white cube si trasformerà in un multiverso acromaico, un green screen convulso e curvo che ospiterà quattro sculture e un dipinto. Sono opere realizzate in contemporanea a sei mani dai tre fondatori, in una comunione effettiva del processo creativo. Tavoli dalla forza centripeta, pennellate di rimando futurista, palle da bowling su bilance e numeri astratti si incontrano in un ambiente vorticoso capace di tradurre il caos in armonia. Per i lettori meno suggestionati si rimanda al titolo alla mostra, che è anche un numero di cellulare.