“Venezia! Esiste una città più ammirata, più celebrata, più cantata dai poeti, più desiderata dagli innamorati, più visitata e più illustre? Venezia!” Non solo per un francese come Guy de Maupassant questa città è stata meta tanto desiderata. Andare in giro per calli e campi, osservare l’alternanza di cupole, campanili, ponti e architetture varie, che in maniera quasi sgrammaticata articolano questa città, è uno dei più bei piaceri che un uomo possa prendersi.
Artisti, poeti e letterati l’hanno descritta, dipinta e molte volte stravolta per ambientarla, attraverso il loro immaginario, in maniera romanzesca o capricciosa, insomma chi non conosce o desidera visitare Venezia? La stagione del carnevale è alle porte e prima d’ora solo le invasioni napoleoniche del 1797 sono riuscite a interrompere i tanto noti travestimenti, balli e spettacoli che per due lunghe settimane colorano, come da tradizione, questa città e nel 2021 è arrivata l’invasione del coronavirus.
Venezia dell’acqua, Venezia mascherata
La città del Carnevale, sospeso per causa pandemica, lontana dal mondo e dal tempo, immobile e imperitura, viene rappresentata dagli artisti di ogni tempo e ogni luogo.
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- Valentina Petrucci
- 12 febbraio 2021
Nel 1701 nasce a Venezia un illustre pittore, Pietro Longhi, che “dipinse per i veneziani appassionati di pittura la loro stessa vita, in tutte le sue fasi quotidiane, domestiche e mondane.” (Bernard Berenson). Nel dipinto La venditrice di essenze, Longhi descrive una Venezia privata, la rappresenta nei suoi interni e nelle sue maschere, nella vita più nascosta e oggettiva, senza pregiudizi morali, in uno spazio pittorico riservato, in cui sceglie, attraverso le maschere, gli abiti, le acconciature e l’arredo, non un aneddoto banale, ma una situazione significativa che esprime la vita di questa città. Per l’artista le maschere sono il segno distintivo di Venezia, che inserisce in molte opere, come figure mai centrali ma di grande rilievo. Il soggetto è sempre altro, come nel dipinto Il Cavadenti: figure buffe e umili in abitazioni borghesi, che rappresentano la quotidianità di una città in continuo e perenne movimento ed egli non è altro che il cronista.
Ma se pensiamo a Venezia, alle sue vedute, ai suoi ponti e ai suoi palazzi, balza alla mente subito un nome: Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto.
Contemporaneo del Longhi e specializzato nelle vedute di paesaggio, l’artista descrive questa città con estrema accuratezza, grazie anche all’aiuto della camera oscura, strumento innovativo che permette all’artista di realizzare nelle sue tele giochi di percezione e geometrie prospettiche di estrema raffinatezza. Piazza San Marco, il Ponte di Rialto, Palazzo Ducale, l’ingesso del Canal Grande, sono solo alcuni dei luoghi narrati dal Canaletto. Li raffigura da diverse prospettive e diversi scorci, da est, da ovest, da un ponte o dai portici delle piazze, senza mai dimenticare le grandi architetture dal fascino bizantino.
I canali veneziani e Palazzo Ducale sono stati gli elementi principalmente rappresentati nelle sue opere, come le feste urbane e la vita quotidiana della città, riuscendo a far immergere completamente lo spettatore nella scena ritratta. Il perfetto utilizzo dei colori, che sembrano quasi mescolarsi con quello creato dai riflessi dell’acqua , creano nelle opere del Canaletto un effetto atmosferico che anticipa quasi quello impressionista.
E le Gondole? Come non parlare di questo tipico elemento, che potremmo definire quasi architettonico, mai assente nelle opere che ritraggono Venezia. Claude Monet ce le racconta attraverso la supremazia dei colori che arrivano e nascono dalle acque che le trasportano e le sorreggono, articolando il loro disegno attraverso le sue emozioni, le sue impressioni. Nel dipinto del 1908, Gondola a Venezia, l’acqua è il vero soggetto. Uno specchio che da profondità e anatomia, spinta e direzione, mentre la verticalità è data dalle briccole che segnano le vie da percorrere e guidano le imbarcazioni. Una gondola morbida e quasi senza senza forme è quella descritta dall’artista francese, che non manca, in altri dipinti, di rappresentare anche le architetture della città, inserendo sempre questo elemento e facendolo diventare il vero soggetto.
Anche il Novecento più contemporaneo non dimentica di rappresentare Venezia, come l’artista russa Aleksandra Ekster, che in un gioco geometrico, che ricorda una pittura cubista dal gusto futurista, descrive questa città in una mescolanza di forme e colori ben riconoscibili. Le tipiche finestre strette e lunghe dei palazzi veneziani, le forme ondulate e ricche delle cupole e delle facciate che si rintracciano nella maggior parte degli edifici, vengono rappresentati nel dipinto. Ma un elemento esce prepotentemente: il tipico pettine o ferro di prua della gondola, che decorato da colori freddi, come un blu intenso o un celeste più chiaro, ad alternanza semi circolare, come a rappresentare le onde della laguna, lo scandiscono, diventando così il vero soggetto della tela.
La pittura di Venezia è essenzialmente colore e come dice Hermann Hesse “In nessun’altra città come a Venezia, ho trovato una tale unità della vita odierna con la vita che ci parla dalle opere d’arte della sua età aurea e nella quale sole e mare sono più essenziali di tutta la storia.”
Canaletto, Piazza San Marco verso est dall'angolo di nord-ovest, 1760
Pietro Longhi, La venditrice di essenze, 1756
Pietro Longhi, Il cavadenti, 1750