Nelle tre sale della Cisterna suona la musica dei Tangerine Dream. Sprofondato nelle comode e coloratissime sedute gonfiabili, il pubblico ascolta, sparato ad altissimo volume in una surreale atmosfera da area chill out postindustriale, il disco tutto eco, synth e riverberi che i pionieri della kosmische Musik hanno dedicato al Castello di Franz Kafka nel 2013, Franz Kafka The Castle, tra gli ultimi del prolifico fondatore Edgar Frosen. Pervadente, straniante, psichedelica, è questa l'esperienza più singolare di “K”, il tris kafkiano che Fondazione Prada ha apparecchiato con la curatela di Udo Kittelmann nei suoi spazi di Milano, con un'opera per ogni capitolo della “trilogia della solitudine” dello scrittore di Praga. Il Processo è quello di Orson Welles — The Trial, 1962 — riprodotto in loop nello spazio cinema; un maestoso film in bianco e nero, “il secondo migliore del regista americano” secondo Kittelman; la riduzione cinematografica porta all'estremo alcuni spunti del romanzo, lo amplifica con un linguaggio cinematografico diretto e potentissimo, con il protagonista, interpretato da Anthony Perkins, che a un certo punto addirittura interroga un grosso calcolatore in cerca di una risposta sull'imperscrutabile accusa che gli viene mossa.
A Milano, Franz Kafka veste Prada
I tre romanzi dello scrittore di Praga, grandissimi e incompiuti, diventano un percorso tra arte, cinema e musica in Fondazione.
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- Alessandro Scarano
- 02 marzo 2020
Kafka, morto quarantenne, non completò nessuno dei suoi tre romanzi. Per America, incentrato sulle vicissitudini dell'emigrante Karl Rossmann nel Nuovo Mondo, pare avesse in mente un finale felice, nonostante le continue delusioni del protagonista nel corso del racconto. Rossmann è convinto di sbarcare in una terra di opportunità, invece si trova di fronte una macchina sociale disumanizzante. L'artista tedesco Martin Kippenberger, morto nel '97, nonostante non avesse finito il romanzo, sulla base del racconto di un caro amico ne immaginò il finale in un sogno — “stanotte ho sognato America e c'era una conclusione lieta”, riporta Udo Kittelmann. E quel sogno si è tramutato in The Happy End of Franz Kafka's Amerika, l'installazione presentata nello spazio Podium della Fondazione. Nell'ultimo capitolo di America, Karl Rossmann prende un treno con l'intenzione di trovare occupazione nel teatro più grande del mondo, quello dell'Oklahoma. L'installazione di Kippenberger si colloca nel perimetro di un campo da calcio, metafora della competizione, destinato a ospitare colloqui di lavoro di massa, e pertanto affollato di sedie e tavolini, sorvegliato da torrette che potrebbero ospitare una guardia armata come l'arbitro di un incontro di tennis. “Un circo in città” secondo l'artista, che immagina“siano sistemati tavoli e sedie per svolgere colloqui di lavoro” davanti al tendone”. Allo spettatore viene chiesto di immaginare quei colloqui.
L'opera di Kippenberger non è mai stata uguale a se stessa, nelle sue diverse installazioni nel corso degli anni. A seconda del luogo, cambiava il mobilio, per motivi di gusto o di semplice contingenza. Per la sua prima volta nel nostro paese, per allestirla sono stati scelti pezzi di design che vanno dagli anni Cinquanta ai “matti” Ottanta, come li definisce Kittelman. Il curatore sottolinea quanto Kafka e la sua eredità siano forse più comprensibili per noi che per i suoi contemporanei. E la selezione di arredi protagonista di Happy End, dove sono presenti pezzi che non deluderanno i feticisti del design italiano, piacerà sicuramente parecchio al pubblico che arriverà a Milano per il Salone. Anche se il Processo di Welles si può guardare anche su YouTube e il disco dei Tangerine Dream ascoltarlo sempre in streaming, l'esperienza complessiva merita l'investimento di qualche ora. Magari intervallandola con una visita alle porcellane o ai dipinti di Liu Ye.
- K
- Fondazione Prada, Milano
- Largo Isarco 2, Milano
- 27 luglio