È incentrata sul sogno, nel bene e nel male, la seconda edizione del Latin American Foto Festival ospitata al Bronx Documentary Center di New York fino al 21 luglio.
Ognuno a suo modo, i nove artisti selzionati per rappresentare Centro e Sud America scelgono sì di confrontarsi con la loro realtà — dura, irrequieta, refrattaria alle semplificazioni — ma di farlo attraverso un’interpretazione personale che sembra al contempo una seduta psicanalitica.
Una metodologia che appare evidente nel lavoro di Andres Cardona, che nel suo “Familia Naufraga” riallestisce gli incubi suoi e dei suoi famigliari, colpiti in modo erroneo, diretto e tragico dallo scontro letale tra Esercito Nazionale Colombiano e FARC.
La simbologia della tragedia è centrale anche nel lavoro del messicano Yael Martínez, dove “La Casa Que Sangra” del titolo è l’ambientazione onirica di una storia in dissolvenza, fatta letteralmente di persone che scompaiono.
I migranti Salvadoregni seguiti da Fred Ramos in “Runaway” cercano invece di scappare dal proprio paese alla ricerca di un sogno che sembra non potersi mai avverarsi, mentre in “Blurred in Despire” Fabiola Ferrero prova a studiare gli effetti psicologici che la crisi del Venezuela sta lasciando sui suoi abitanti.
Il Messico di Tonatiuh Cabello Morán si rifugia nell’illusione collettiva di una religione cattolica virata nei toni del pop, e nel suo trasognante bianco e nero Luis Soto ritrae un Guatemala quasi irreale, ammantato di atmosfere noir, che l’autore definisce “Tierra de Nadie”.
Le donne sono poi il fulcro dei lavori di Johis Alarcón e Citlali Fabian: in quello dell’Ecuadoregno il selvaggio spirito della “Cimarrona” dona potere alla femminilità dei suadenti soggetti coinvolti, mentre in “Mestiza Women” la fotografa Messicana chiede ad amiche, parenti e conoscenti di esternare il loro senso di appartenenze e l’orgoglio meticcio attraverso la semplice ma elaborata intensità dei loro ritratti.
La versione portoricana dell’American Dream è infine il fil rouge di “La Ruta del Progreso” di Chris Gregory, che segue la Ruta Panorámica voluta negli anni ’50 dal presidente Luís Muñoz Marín sull’onda dell’influenza statunitense sull’isola, ma che oggi sembra non portare più da nessuna parte.