Se Ravenna è famosa per i mosaici medievali (il Mausoleo di Galla Placidia, le Basiliche di Sant’Apollinare Nuovo e San Vitale e gli altri monumenti paleocristiani e bizantini sono stati iscritti nel 1996 nella Lista del Patrimonio dell’Umanità) probabilmente non altrettanto conosciuta è la collezione di mosaici contemporanei esposta al piano terra del Museo d’Arte della Città. Dal 3 maggio al 30 giugno il MAR ospiterà però un altro tipo di mosaico: l’edizione 2018 di “Looking On”, progetto ideato cinque anni fa da Silvia Loddo e Cesare Fabbri per Osservatorio Fotografico, tenta infatti di fare il quadro della nuova fotografia italiana.
E lo fa attraverso un doppio percorso di ricerca, in cui sei curatrici sono state chiamate in primo appello a esprimere la loro idea di contemporaneo facendo a loro volta i nomi di tre giovani fotografi a testa. Il panorama delineato da Chiara Bardelli Nonino (Vogue Italia e L’uomo Vogue), Federica Chiocchetti (Photocaptionist), Elisa Medde (Foam magazine), Giulia Ticozzi (La Repubblica), Giulia Zorzi (Micamera) e la stessa Silvia Loddo, abbraccia un po’ tutta la penisola, e anche di più.
In “A blurry aftertaste” Eleonora Agostini ricostruisce, a volte letteralmente, la banalità del quotidiano. “Veronica”, di Nicola Baldazzi, è un diario sentimentale ma scanzonato, che elude il romanticismo. Con “Are they rocks or clouds?” Marina Caneve approfondisce la sua indagine interdisciplinare sul rischio idrogeologico nelle Dolomiti. In “Some of you killed Luisa” Valeria Cherchi si fa fredda ma partecipe testimone dei fenomeni omertosi legati al Codice Barbaricino in Sardegna.
Alla ricerca della trascendenza delle immagini, “Love song” di Giammario Corsi è allo stesso tempo una riflessione sulle potenzialità implicite della pratica fotografica. “I wish the world was even” è il viaggio di andata e ritorno che Matteo Di Giovanni compie non solo verso e da un luogo geografico ma anche dentro se stesso. Ghorba è la parola araba con cui Karim El Maktafi continua il suo discorso sul sentimento di estraneità di chi è al contempo vicino e lontano dalla patria. La poetica del paesaggio sociale quotidiano è come al solito al centro del lavoro di Francesca Gardini, che presenta “Dietro l’angolo”. L’azzurro delle cianotipie domina i ritratti delle donne transessuali costrette anche in carcere allo stereotipo di genere e incontrate da Giulia Iacolutti per “Casa azul”.
Con “Head of the lion” Claudio Majorana porta avanti il suo studio generazionale sugli adolescenti, a metà tra scienza e analisi sociale. Per “Non lontano da qui”, Sofia Masini esce dal proprio corpo e prova a immedesimarsi con quello, fisico e mentale, delle periferie milanesi. “Vietnik” è la reinterpretazione di Luca Massaro del classico On the road americano in chiave performativa e meta-identitaria. Michela Palermo apre “The untitled box” e svela il contenuto del suo quasi decennale tentativo di trattenere quel che vede, contemplando però la possibilità del fallimento.
Il sud di Piero Percoco, istintivo eppure accuratamente studiato, è il centro iper-colorato e solo apparentemente statico di “Life is a circus”. Preceduto dal cancelletto dell’hashtag, “#Post-adolescence” è la conturbante ricerca di Federica Sasso su un’età sempre più indefinibile. Con “The red man”, Francesca Todde si inoltra tra archivio e ricostruzione sulle tracce dell’Italia di Goliarda Sapienza. In “Flattened in time and space”, Angelo Vignali accosta immagini proprie e trovate per comprendere come la memoria cambi la percezione della realtà. Un collage al confine tra realtà e rappresentazione, passato e presente, esperienza personale e sociale anche per “Occult” di Alba Zari.
Diciotto artisti da guardare e che guardano, secondo l’invito e l’indicazione dei curatori della mostra, con un’attenzione sempre più rara.