Maurizio Cattelan e Marta Papini hanno creato un “incontro impossibile” a Milano

Il progetto in mostra a Fondazione Ica fa dialogare due artiste coeve, Birgit Jürgenssen e Cinzia Ruggeri, che non si sono mai conosciute nella realtà.

“Moda come arte” e “Arte come moda”, scrivono Alessandro Mendini e Pierre Restany nell’appena inaugurata sezione “Moda” di Domus, nei numeri 659 del marzo 1985 e 660 dell’aprile 1985, per raccontare la decisione di approfondire su un settore, quello della moda, che fino ad allora era rimasto in secondo piano nella rivista.

Mendini parla di “progetto antropologico” e di una lettura della moda “proprio come si fa con l’arte”, sottolineandone l’aspetto artistico e il suo perenne e sempre più veloce cambiamento. Restany, segue: “È arrivato il tempo in cui i sogni progettuali dell’artista e dello stilista viaggeranno sulla stessa lunghezza d’onda”.

Nello stesso numero dell’aprile 1985, l’intervento di Giusi Ferré pone l’attenzione sulla stilista milanese Cinzia Ruggeri, più volte collaboratrice e protagonista delle pagine e delle copertine di Domus, che “destrutturando l’abito è arrivata a ri-creare forme e dimensioni che rimandano all’immaginario”.

Cinzia Ruggeri, da "Camere incantate", Domus N° 639, maggio 1983.

Questo rimando all’immaginario è un elemento di congiunzione tra il lavoro di Cinzia Ruggeri e le opere dell’artista austriaca Birgit Jürgenssen, interlocutrici di un dialogo eccezionalmente orchestrato da Maurizio Cattelan e Marta Papini nella mostra “Lonely are all bridges” alla Fondazione ICA di Milano, aperta al pubblico fino al 15 marzo 2025.

Già in una mostra a Vienna nel 2021, Cattelan – sempre più incuriosito dal lavoro curatoriale, da poco annunciata la mostra sulla fotografia a colori che curerà all’Accademia di Francia a Roma – e Papini avevano iniziato ad approfondire le incredibili somiglianze tra le due artiste, che pur avendo lavorato negli stessi anni, non si sono mai incontrate.

Lonely Are All Bridges. Birgit Jürgenssen e Cinzia Ruggeri, Installation view, a cura di Maurizio Cattelan e Marta Papini, Fondazione ICA Milano, Milano. Ph. Andrea Rossetti

Entrambe hanno espanso le loro ricerche in diversi ambiti, dando vita a mondi creativi in cui la connessione tra arte, fotografia, moda e design era molto forte, e per questo il loro lavoro è stato sempre parzialmente compreso perché rigidamente incasellato in definizioni mai esaustive: Jürgenssen, nota soprattutto per le sue fotografie, ha esplorato anche disegno e scultura con riferimenti alla moda; Ruggeri, partita dall'arte, si è poi dedicata a moda e design, tornando solo negli ultimi anni all'arte visiva.

La mostra esplora l'interesse di Ruggeri e Jürgenssen per la figura femminile e il suo ruolo tra gli anni Settanta e Ottanta, con uno sguardo più attuale che mai. Il titolo “Lonely are all bridges, citazione della poetessa e scrittrice austriaca Ingeborg Bachmann, suggerisce come l’artista può farsi ponte tra le arti per costruire nuovi legami tra mondi, forme e oggetti diversi.

Birgit Jürgenssen, Untitled (Improvisation), 1976 © Estate Birgit Jürgenssen, Bildrecht Vienna, 2025; Courtesy Galerie Hubert Winter

L'allestimento rende chiara questa volontà, concepito come una conversazione visiva e concettuale, ritmata dalle incredibili somiglianze tra le opere delle due artiste.

La riflessione sui topoi del doppio e dell’ombra ripercorsi dai disegni e dalle fotografie di Jürgenssen e dalle sculture di Cinzia Ruggeri, come “Colombra” (1990), l’iconica scultura-divano dalla forma antropomorfa con le mani chiuse per ricreare l'ombra di una colomba, che si riflette in un disegno del 1983 di Jürgenssen. Così anche lo specchio “Schatzi” (1995-1996) di Cinzia Ruggeri, che sembra animarsi in una danza di piccole mani nere protratte verso chi guarda, è accostato a tre fotografie nelle quali Jürgenssen si è fotografata riflessa in uno specchio concavo, vestita in latex.

L’attenzione per l’accessorio è un altro elemento comune importante, come strumento espressivo per ridefinire le possibilità della donna nella società: guanti, cappelli ma soprattutto scarpe. Alle scarpe fantastiche di Birgit Jürgenssen Domus aveva dedicato una pagina nell’agosto 1975: dalla sedia-scarpa alle scarpe-letto (Bed Shoes, 1974), esposte nella prima sala della Fondazione milanese in dialogo con i guanti di Cinzia Ruggeri, che anche della scarpa ha fatto una protagonista della sua visione politica e sociale, come nella lunga fila di paia di scarpe rivolte verso il muro come in punizione, presentata nella sala principale.

Domus N°549, agosto 1975

Qui, il percorso espositivo arriva a compimento con le opere sulla grande parete centrale: una gigantografia del disegno di Jürgenssen “Aesculapian Snake” (1978) in cui i capelli di una donna nuda che scende una scalinata si trasformano nella coda di un serpente, accostato al “vestito-scala” di Cinzia Ruggeri, abito pensato con l’ironia e la libertà d’espressione tipici di Ruggeri, e alla sua “Mano” che richiama il tema delle ombre.

Lonely Are All Bridges. Birgit Jürgenssen e Cinzia Ruggeri, Installation view, a cura di Maurizio Cattelan e Marta Papini, Fondazione ICA Milano, Milano. Ph. Andrea Rossetti

Nel foglio di mostra, Cattelan e Papini propongono un’interessante trascrizione dialogica immaginaria di citazioni delle due artiste, traducendo in parole la molteplicità di messaggi trasmessi dalle opere esposte, confermando l’attualità del lavoro e del pensiero di Jürgenssen e Ruggeri: interrogarsi senza preconcetti sulle relazioni, tra discipline e tra esseri umani, sulla percezione di sé stessi e delle proprie idee, e sugli strumenti a disposizione per uscire dalla propria individualità e raccontarsi al mondo.

Immagine di apertura: Lonely Are All Bridges. Birgit Jürgenssen e Cinzia Ruggeri, Installation view, a cura di Maurizio Cattelan e Marta Papini, Fondazione ICA Milano, Milano. Ph. Andrea Rossetti

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