Le piscine come utopia: le foto di Maria Svarbova

Per la serie “Swimming Pool”, la fotografia slovacca ha esplorato il rigore delle piscine razionaliste dei paesi in cui è cresciuta. Le sue immagini sono oggi icone ricercate dai collezionisti e non solo. L’intervista.

Il tempo è riuscito a dare un’estetica anche a quegli edifici costruiti con tutt’altro scopo rispetto a fare da scenografia per i servizi fotografici. Così edifici razionalisti, brutalisti, soprattutto delle aree post-sovietiche, sono diventati set perfetti per chi vuole costruire una certa narrazione visiva, e fotografe come Maria Svarbova hanno colto la forza, e le contraddizioni, di questo fenomeno.

La serie “Swimming Pool” della fotografia slovacca nasce proprio tra quelle piscine piene di estetica ma allo stesso tempo molto distanti dal glamour delle piscine private californiane alla David Hockney. “Le mie sono fotografie realizzate nelle tipiche piscine pubbliche che ho frequentato da piccola” spiega la fotografa “dove i bambini venivano portati più per dovere sociale che per sport. Sono spazi sterili, rigorosi, immersi nelle linee e nelle piastrelle bianche. E poi ricordo i cartelli “Vietato tuffarsi”, luoghi concepiti per l’esercizio fisico ma con regole molto restrittive, è stato incredibile ritrovarle e costruirci delle scene oggi, trent’anni dopo.”

Maria Svarbova, Swimming Pool

Maria Svarbova, Swimming Pool

Maria Svarbova, Swimming Pool

Maria Svarbova, Swimming Pool

Maria Svarbova, Swimming Pool

Maria Svarbova, Swimming Pool

Maria Svarbova, Swimming Pool

  

Oggi Maria Svarbova è una delle fotografe di maggior interesse nel sistema della fotografia d’arte, quella destinata alle gallerie. In Italia, una sua immagine è stata appena scelta da Adelphi, editore prestigioso con una storia di copertine rigorosissime, per l’ultimo romanzo del grande scrittore britannico Lawrence Osborne, Il regno di vetro.
La firma sulle sue immagini è sempre riconoscibile: geometrie rigorose, simmetria, giochi di riflessi, modelle e modelli da cui emerge sempre una certa nostalgia. “Cerco di trovare un’armonia tra l’uomo e l'ambiente artificiale che lui stesso ha immaginato e costruito. I modelli di queste fotografie sembrano privi di emozioni, assorti nei loro pensieri e distanti dalla realtà, penso che questo sia un mezzo utile allo spettatore per fermarsi ad ascoltare effettivamente i propri sentimenti”.

C’è anche molta utopia nella serie sulle piscine di Maria Svarbova. “I miei modelli, congelati nell'atemporalità delle loro pose, privi di qualsiasi emozione, creano una scena che rimanda ai mondi immaginari del cinema, mondi che di sicuro appartengono al passato ma che, nella nostra immaginazione, potrebbero anche appartenere al futuro. Sono queste le mie utopie, mi piace il fatto di poter costruire qualcosa di così perfetto da essere irraggiungibile”. Come per quel design del periodo di “Ritorno al Futuro”, in bilico tra la nostalgia per un tempo fatto di immaginazione e stupore, e la speranza che questo tempo possa in qualche modo ritornare, pur sapendo che la cosa è impossibile.

Maria Svarbova, Swimming Pool

“Il tempo scorre molto velocemente e io cerco di congelarlo” continua Maria Svarbova “spesso l'ispirazione per le mie idee viene dall’infanzia, mi piace combinare insieme fattori del passato e del futuro e in effetti la mia foto può sembrare senza tempo. In realtà penso che dovremmo goderci il nostro tempo ed esserne più consapevoli”. Scopriamo una particolarità nella formazione di Maria Svarbova: non ha studiato né architettura, né arte, né fotografia. “Sono archeologa, e devo dire che questo mi ha ispirato molto. Per esempio, quando lavoro con i materiali o analizzo gli strati degli edifici, osservo i significati dei simboli che rintraccio nell’architettura. Tutto questo nasce da un interesse per la storia dei luoghi, a modo mio scavo oltre ciò che risulta evidente, ciò che vediamo”.

Nei progetti di Maria Svarbova - ma non inserita nel libro “Swimming Pool” – è entrata anche una piscina molto particolare, è quella iconica sul tetto della Cité Radieuse di Marsiglia, progettata da Le Corbusier per le attività sportive degli abitanti dell’edificio. Qui, nel 2019, poco prima dei lockdown e dell’interesse per la vita all’interno del condominio, Maria Svarbova ha realizzato il progetto “Fragile Concrete” in collaborazione con la Galerie Kolektiv Cité Radieuse, un lavoro dove sono entrati architettura moderna, materiali (il cemento, naturalmente), e la natura di Marsiglia fatta di cielo, mare e montagne bianche sullo sfondo.

Maria Svarbova, Fragile Concrete. Courtesy: Kolektiv Cite Radieuse, Le Corbusier Foundation.

“Sono sempre stata una grande appassionata di architettura moderna, di funzionalismo, di brutalismo. Forse perché è questa l’estetica con cui sono cresciuta, che mi ha circondato nella mia infanzia” spiega Maria Svarbova “sono attratta dal minimalismo e delle sue linee pulite e perfette. È un tipo di architettura che mi permette di creare scene cinematografiche, come se oltre alla scena fermata nella foto si potesse sempre immaginare un prima e un dopo”. Infine c’è l’acqua, elemento ricorrente quando il soggetto sono le piscine, spesso dato per scontato. In realtà è qui che si realizza gran parte del lavoro. “L’acqua e il suo riflesso sono molto interessanti, si può fare un grande lavoro con i riflessi generati dall’acqua, soprattutto sulle simmetrie. L’acqua è uno specchio per le persone e per le loro anime. E mi colpisce sempre la calma di questo elemento”.