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La riscoperta delle vacanze al lago nelle fotografie di Carmen Colombo

Inquadrature solo apparentemente semplici incorniciano frammenti di vita quotidiana che raccontano molto più di quel che mostrano in questa insolita estate.

Agosto è arrivato, e con lui le agognate ferie. Tra i vari piaceri riscoperti dagli italiani a causa (quindi per merito) delle restrizioni anti Covid19 c’è quello delle vacanze a casa propria, alla ricerca del risparmio ma anche di luoghi sottovalutati, che se per i turisti stranieri possono risultare esotici per noi non hanno generalmente lo stesso appeal di un viaggio all’estero.

A seconda dei gusti, mare e montagna sono sempre al primo posto, ma c’è una tipologia geografica che passa spesso ingiustamente in secondo piano, e che questa estate si sta facendo rivalutare: il lago.

Dai grandi laghi e noti del nord a quelli meno conosciuti del centro–sud fino ai deliziosi specchi d’acqua montani, anche in questo caso in Italia c’è solo l’imbarazzo della scelta, che è meglio fare comunque quanto prima per riservare il proprio posto in un’ambientazione classicamente scelta da inglesi e tedeschi, ricchi habitué delle nostre coste interne.

Nel suo lavoro più recente, realizzato a giugno 2020, la fotografa Carmen Colombo ha dedicato la sua attenzione a quelli più famosi e frequentati: Como, Maggiore e Garda.

Focalizzandosi in particolare su quello che si potrebbe definire “il momento non decisivo”, Colombo ha estrapolato scene di vita quotidiana da quelle che, non fosse per le inquadrature volutamente imprecise e il taglio verticale, potrebbero essere cartoline di una, forse, poco classica ma sicuramente italianissima estate.

Questi frammenti dall’estetica poco pretenziosa — a differenza della maggior parte della fotografia di paesaggio sociale contemporanea, e forse quindi con uno sguardo a quella delle nostre origini, da Ghirri a Guidi — sembrano quasi tratti da un filmino delle vacanze, di quelli che venivano girati in super8 o, più drammaticamente, in VHS-C.

Le fotografie verticali di Colombo, però, non solo rappresentano meglio quella leggera ma tipica claustrofobia lacustre rispetto, per dire, a quelle orizzontali, più adatte alle grandi vedute marine, ma fanno anche qualcosa di più: raccontano metaforicamente i limiti di una, la prima della nostra storia, vacanza post–lockdown, e quei confini interpersonali, fisici e concettuali, che molti hanno voglia di (e già tanti non hanno esitato a) superare.

Quella che ne viene fuori è una storia di serenità contenuta, di gioia repressa, di libertà condensata, una voglia di evadere venata di una malinconia che va oltre i confini del lago e si configura come un sentimento destinato forse a oltrepassare i limiti della stagione.

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