Dopo tre giorni d’incertezza e un lungo spoglio elettorale, in cui molto è pesato il voto postale, arriva chiara e decisa la notizia dell’elezione di un nuovo presidente per gli stati Uniti d’America: Joseph Robinette Biden Jr.
In un momento importante per il popolo americano, con il candidato più votato di sempre, ripercorriamo, attraverso la ritrattistica, la storia dei più noti e importanti presidenti americani del passato.
“I ritratti di uomini celebri per le loro opere, fatti generalmente in un'epoca in cui la loro celebrità era già stabilita, confermano la regola precedente; essi ce li presentano ordinariamente vecchi e canuti.” Arthur Schopenhauer in fondo non aveva torto, i ritratti venivano spesso commissionati al termine dei mandati presidenziali o dopo la loro morte per celebrarli, ma quando nasce la ritrattistica e a quale bisogno doveva rispondere?
Ritratti intenzionali, in cui l’individuazione è data solo dal nome, nascono durante il periodo preistorico, passando per l’antico Egitto, dove il ritratto aveva non solo una funzione funebre ma sopratutto magica e sacrale. Arriva poi, durante la civiltà greca, il ritratto fisionomico, dove la celebrazione di dei ed eroi era l’unico fine, così come nella cultura romana, accantonando quest’esigenza solo durante il medioevo per poi tornare in auge con l’arrivo del rinascimento, dove accanto al fine celebrativo, ritroviamo anche il bisogno e l’interesse verso il mondo naturale.
Dall’antica Grecia ad oggi, la necessità di celebrare i nostri “eroi” o figure storiche importanti e fondamentali non è cambiata.
Nella seconda metà del XVIII secolo, il ministro dell’ambasciata spagnola di Philadelphia Josef de Jaudenes y Nebot, commissionò all’italiano Giuseppe Perovani il ritratto del primo Presidente degli Stati Uniti d’America, George Washington. L’opera fu commissionata per commemorare il trattato di San Lorenzo che sanciva e definiva i confini e i diritti di navigazione di Spagna e America, celebrando quest’amicizia fra i due stati. L’opera è ricca di riferimenti simbolici dell’evento: sullo sfondo, dietro i i ricchi tendaggi, scorgiamo un veliero che naviga in acque calme, mentre in primo piano, presentato dal Presidente stesso, leggiamo ben chiaro il trattato, dove un calamaio con due penne, due come gli stati, decorano lo scrittoio. Il Presidente, ritratto in abiti eleganti e severi, indossa sul lato sinistro una spada, proprio a ricordare il suo precedente ruolo come comandante in capo dell’esercito continentale durante la guerra d’indipendenza americana. Sempre alla sua sinistra, ai piedi della base che regge la grande scultura allegorica della Prudenza e della Fortezza, vediamo due importanti volumi: uno raccoglie la costituzione americana, l’altro è un giornale del congresso. Una colomba con ramoscello d’ulivo decora la base posta a sorreggere le due virtù cardinali, dove leggiamo la firma dell’artista e la data di realizzazione.
Nella città che ospita la casa bianca, che porta appunto il nome del primo presidente, Washington D.C., troviamo uno dei monumenti americani più noti: il Lincoln Memorial, un edificio con le forme simili a quelle di un antico tempio dorico, che custodisce un’imponente scultura che ritrae il 16° Presidente degli Stati Uniti d’America, Abraham Lincoln. “Così il suo sguardo si levava a dominare prospettive politiche ben al di sopra e al di là degli orizzonti di tutti i suoi conterranei, spaziando oltre i confini degli Stati Uniti sul mondo intero, là ove le sorti stesse della democrazia erano in gioco. Spingeva lo sguardo non solo al di là del suo Continente, ma oltre il tempo. Ponderava il futuro e tracciava le direttrici della politica americana per un secolo a venire” Così Raimondo Luraghi, storico partigiano e accademico italiano, descrive Lincoln nel suo volume Storia della guerra civile americana. Nel 1869 viene ritratto da William F. Cogswell, artista americano noto per la sua produzione di ritratti e paesaggi. Nell’opera infatti Lincoln non è il solo protagonista, ma alla sua destra, quasi a dividere la scena in due , scorgiamo la cupola del campidoglio, sede dei due rami del congresso degli Stati Uniti. Lo sguardo severo, deciso e la postura consueta degli antichi ritratti dei regnanti del XVII e XVIII secolo lo rendono immortale e potente, così come la sua fama.
In un secolo a noi più vicino, notiamo come la ritrattistica cambia, si evolve, si adegua, prendendo ritmi sia tecnici che emozionali completamente differenti. Nel 1960, durante gli anni di maggior splendore economico, venne eletto un uomo noto alla cronaca, e poi alla storia, non solo per il suo ruolo ma per come questo ebbe fine: John Fitzgerald Kennedy.
La scelta cromatica ha la sua narrazione, quasi una grisaille, dove la storia è raccontata dalla posa nel dipinto che Aaron Shiker dedicò al 35° Presidente degli Stati Uniti. Un uomo maturo, dolce, pensieroso, un Presidente ferito, assorto, completamente lontano dai suoi predecessori più austeri nella postura. Cambiano i tempi e cambia il mondo, i presidenti si susseguono e la pinacoteca dello Smithsonian Museum, il luogo dove vengono conservati tutti i ritratti ufficiali dei presidenti americani, cresce, si arricchisce e si diversifica, quasi come un grafico evolutivo della pittura.
“L'imitazione del bello della natura o si attiene ad un solo modello o è data dalle osservazioni fatte su vari modelli riunite in un soggetto solo. Nel primo caso si fa una copia somigliante, un ritratto: è il modo che conduce alle forme ed alle figure olandesi. Nel secondo caso invece si prende la via del bello universale e delle immagini ideali di questo bello; ed è questa la via che presero i Greci.” Johann Joachim Winckelmann
Immagine di apertura: Monte Rushmore, Black Hills, Stati Uniti, 1927-1941