Architettura del potere: la Casa Bianca

A Washington un’architettura neoclassica ospita al tempo stesso la presidenza degli Stati Uniti e la dimora del suo leader, e rappresenta al meglio le qualità e le contraddizioni di tanti palazzi del potere.

Casa Bianca, facciata sud, 1861-1865. Foto © autore sconosciuto / White House Collection

Il 13 ottobre 1792 si inaugurano a Washington i cantieri dell’edificio che sarà al tempo stesso dimora del presidente e sede della presidenza degli Stati Uniti. Il ruolo è ricoperto all’epoca da George Washington, temporaneamente alloggiato a Philadelphia, in una residenza lussuosa ma poco istituzionale, acquistata da un ricco mercante del luogo. La Executive Mansion entra in funzione nel 1800, e l’epiteto popolare di Casa Bianca si trasforma presto nella denominazione della costruzione e dei suoi occupanti.

Il progetto della Casa Bianca incrocia le vicende di alcuni esponenti di rilievo del classicismo dell’epoca, europei spesso emigrati, che attraversano l’oceano con un bagaglio di modelli urbanistici ed architettonici messi a punto nei loro paesi d’origine. Innanzitutto Pierre L’Enfant (1754-1825), francese, che definisce il piano Beaux-Arts di Washington capitale e posiziona la dimora presidenziale all’estremità di un viale trionfale, direttamente connesso al Campidoglio.

Altrettanto importante è il ruolo di James Hoban (1762-1831), architetto irlandese che disegna la Casa Bianca ispirandosi apertamente alla Leinster House di Dublino, oggi sede del parlamento dell’isola. A questo proposito, è interessante notare come la giovane democrazia americana scelga di rappresentarsi attraverso lo stesso stile classico che già connota molti luoghi di esercizio del potere nel Vecchio Continente. Le prime modifiche di un certo rilievo, poi, si devono a Benjamin Latrobe (1764-1820), di origini britanniche, che progetta con Thomas Jefferson i porticati nord e sud, oltre alle gallerie laterali.

Per circa un secolo e mezzo si moltiplicano le trasformazioni e le nuove costruzioni, motivate da ragioni funzionali e logistiche (spesso la carenza di spazi), ma anche simboliche, per ovviare ad un certo sottodimensionamento dell’edificio rispetto al suo ruolo di rappresentanza. L’intervento più cospicuo e visibile è la realizzazione, a cavallo tra Ottocento e Novecento, della West Wing e della East Wing, che si saldano alle gallerie di Latrobe e Jefferson.

Nello stesso lasso di tempo, però, la storia della Casa Bianca è anche ricca di continue, ripetute distruzioni. Già nel 1814, durante la Guerra Anglo-americana, le truppe britanniche danno fuoco all’edificio come rappresaglia. Gli interni sono devastati nuovamente nel 1829, questa volta per l’imprudenza del neopresidente Andrew Jackson, primo democratico a ricoprire la carica, che apre le porte dell’edificio a migliaia di sostenitori esagitati. Negli anni ’30 del ‘900 un incendio danneggia gravemente la West Wing. Per concludere, nel 1948 il rischio concreto di cedimenti strutturali spinge Harry S. Truman a concordare con il Congresso lo svuotamento e la ricostruzione completa di tutto l’interno dell’edificio, con la sola eccezione dei muri perimetrali.

È solo nella seconda metà del ‘900 che la configurazione della Casa Bianca si stabilizza, perché alla consapevolezza del suo valore simbolico si aggiunge una nuova attenzione alle sue qualità materiali, architettoniche, come edificio storico da salvaguardare. Protagonista di questa svolta è Jacqueline Kennedy, durante il breve mandato presidenziale di suo marito.

Tra il 1961 e il 1963, Jacqueline è affiancata da Henry Francis du Pont, fondatore del Winterthur Museum of American Decorative Arts, nel Delaware. Du Pont coordina le operazioni di recupero di numerosi arredi e pezzi d’arte, appartenuti in origine alla Casa Bianca e dispersi nel tempo, ma lavora anche alla costituzione di una nuova collezione ad hoc di arte americana.

 

In parallelo, Stéphane Boudin della Maison Jansen è incaricato della riprogettazione di molti ambienti interni, a cavallo tra restauro critico e ricostruzione. Ogni stanza è abbinata ad uno stile specifico: la Green Room in stile federale, la Blue Room in stile impero francese, la Red Room in stile impero americano, la stanza ovale gialla in stile Luigi XVI, e così via. Tra i tanti oggetti di recupero inclusi nell’intervento di Boudin c’è anche una preziosa carta da parati di Zuber & Cie, del 1834, “strappata” come un affresco da una casa in fase di demolizione.

Già dal 1961, l’anno in cui si avviano i grand travaux domestici promossi da Jacqueline Kennedy, la Casa Bianca acquisisce lo statuto di museo. Dal 1964, inoltre, ogni modifica agli interni deve essere approvata dal Committee for the Preservation of the White House, che si coordina con il curatore dell’edificio. Da allora le trasformazioni della Casa Bianca sono soprattutto una questione di architettura d’interni, di arredo, di collezionismo d’arte. Anche se i progettisti sono sempre ufficialmente nominati dalla coppia presidenziale, una stampa e una storiografia maschilista consacrano piuttosto gli abbinamenti tra first lady e interior designer: Nancy Reagan e Ted Graber (che dovette integrare anche il mobilio che i Reagan portarono con loro dalla California), o ancora Laura Bush e Ken Blasingame.

Al di là dei tantissimi aneddoti a disposizione del ricercatore curioso, a più di due secoli dalla sua inaugurazione la Casa Bianca resta un edificio dal valore architettonico tutto sommato trascurabile, ma ampiamente compensato dal suo eccezionale ruolo istituzionale. È anche uno degli edifici più fotografati e filmati al mondo, e proprio sulle sue rappresentazioni vale la pena di spendere una considerazione finale. Il primo scatto della Casa Bianca di cui si conserva traccia è un’interessante veduta di squincio, realizzata nel 1846 dal fotografo di origine gallese John Plumbe. Sorprende perché è diversa dalla singola prospettiva centrale, in asse con la facciata sud, che viene proposta automaticamente ed ossessivamente da tutti i media, al più abbinata con qualche ritratto dei presidenti al lavoro nello Studio Ovale.

Per ottenere una visione più tridimensionale della Casa Bianca, per dare spessore alla scenografia piatta di tanti eventi epocali, è consigliabile una visita gli archivi online della White House Historical Association, anch’essa fondata da Jacqueline Kennedy, per valorizzare la storia dell’edificio e per centralizzarvi le testimonianze più importanti della democrazia americana. È una buona strategia per comprendere al meglio il mix di un edificio che estremizza le contraddizioni di tanti palazzi presidenziali: una costruzione tutto sommato modesta, sede della prima (o quasi) potenza mondiale; una costruzione storica, listed, ma del tutto ricostruita, con un involucro stabile, continuamente lucidato e sbiancato, e un interno sempre in evoluzione; uno spazio pubblico, collettivo e privato; un’istituzione e una casa.

Manifestanti protestano contro la Guerra del Vietnam di fronte alla Casa Bianca. Foto © Warren K. Leffler / Library of Congress
Manifestanti protestano contro la Guerra del Vietnam di fronte alla Casa Bianca. Foto © Warren K. Leffler / Library of Congress

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