L’ultimo film di 35 minuti di Danilo Correale è il risultato di un processo di ricerca che ha portato l’autore a individuare sei film italiani mai realizzati che lui ha re-interpretato, combinato e ricreato all’interno del proprio lavoro. Guidato dall’archivista Ernesto Mahieux, l’artista ha seguito lo sviluppo delle idee e delle scene che appartengono a trattamenti cinematografici mai trasposti in pellicola. A oggi, queste precise evocazioni di Correale appartengono a un cinema italiano le cui storie rimangono, rispettosamente ancora non scritte. Infatti, il film si è avvalso anche della preziosa collaborazione di molti soggetti pubblici e privati, partner istituzionali, professionali e persone singole, persino comparse, che hanno rappresentato un vero supporto per il lavoro. Inoltre, il film di Correale sta diventando parte della collezione del Mart e sarà presentato nel 2019 al MAC di Belfast, soci di progetto.
Dunque, dopo un anno di ricerca implementata da viaggi in archivi cinematografici pubblici, fondazioni private e molti incontri con testimoni del cinema italiano, in un’ampia sala di Careof, oscurata a piano terra della Fabbrica del Vapore, è stata introdotta al pubblico la premiere del film Diranno che li ho uccisi io di Danilo Correale. L’evento è diventato più che una semplice presentazione, ricreando una mostra personale a supporto della proiezione del film attraverso l’esposizione di un anfiteatro strutturale metallico, un libro d’artista e documenti non pubblicati; sulla scia del tragitto di lavorazione che ha portato l’artista a realizzare la pellicola.
Nel tempo, i ben noti fantasmi svolazzanti nell’immenso sotterraneo del Cinema italiano, hanno ricevuto l’attenzione che meritano, attraverso autobiografie, interviste, scritte da giornalisti, critici e studiosi. Alcune si sono indelebilmente mischiate a florilegi di mitologie o di leggende. Alcune chimere sono state evocate miriadi di volte a causa della loro centralità nell’universo di un dato regista, altre sono state velocemente escluse dalla memoria dagli autori stessi, per molte diverse ragioni, e sono oggi rintracciabili a seguito di estenuanti ricerche in archivi pubblici e privati.
Ma l’atto di appropriazione di materiali da parte di Correale intende analizzare la natura della proprietà e della correlata appartenenza a una specifica linea del tempo. Diranno che li ho uccisi io, muovendosi attraverso la nascita della Repubblica nel 1946 e l’egemonia politica della Democrazia Cristiana, rappresenta un Cinema italiano che era afflitto da una sorta di censura costante. Occorsa per motivi religiosi, politici e di costume, ma anche, in molti casi, per difficoltà economiche nella produzione, obbligando gli autori, anche di grande calibro, a rimodellare il loro andamento stilistico e narrativo, per evitare la mannaia delle leggi censorie che, nonostante cambi e correzioni rimasero ferree fino al 1962, e che rimangono anche oggi.
Il film segue la struttura dei trattamenti dimenticati, assimilando le loro sceneggiature originali e quindi re-inventando i loro approcci e i loro linguaggi cinematici. La sua forma ibrida, le cui soluzioni tecniche e estetiche tendono a trasformare la narrazione in una sorta di nuova dimensione che non può allinearsi ad un singolo genere. Terrorismo, religione, sindacalizzazione del lavoro, temi della post-colonizzazione e crimini di mafia sono resi trame caratterizzate da conclusioni sospese, articolando un andamento che progressivamente traccia la cornice e la forza di specifici, più ampi argomenti.
Questo film connette idealmente e nella forma le pure evocazioni di sei diversi copioni, uno dei quali si intreccia persino con le vicende legate alla morte di Enrico Mattei, ma anche sei generi e sei soggetti non considerati, a partire dalla caduta del fascismo, per arrivare all’avvento delle reti televisive private. “Nel periodo che ha preceduto la produzione” ha affermato Correale “si sono alternati sentimenti opposti, momenti di euforia e di sconforto ai quali solo un atto di resistenza a un presente politico sempre meno abitabile poteva dare senso. Da qui, la necessità di costruire una contro-narrazione di una piccola grande storia: non solo quella del cinema e del suo apporto alla cultura di massa italiana, dal post-fascismo al 1984, ma anche quella di una storia culturale collettiva che ha urgente bisogno di essere decostruita e riscritta”.
- Titolo mostra:
- Danilo Correale. Diranno che li ho uccisi io
- Date di apertura:
- dal 27 settembre al 17 novembre, 2018
- Curato da:
- Martina Angelotti
- Sede:
- Careof
- Indirizzo:
- Fabbrica del Vapore, via Giulio Cesare Procaccini 4, Milano