A Bergamo, gli spazi di GAMeC offrono una mostra che seleziona trentasette artisti in grado di esplorare precise speculazioni artistiche fortemente correlate all’era post-industriale, quando le relazioni dell’uomo con le cose hanno cominciato a non emanare più lo stesso potere sulla creazione di scenari e immaginari preposti alla scienza. I lavori mostrati al museo di via San Tomaso sono sculture, installazioni e dipinti composti da elementi artificiali ma anche naturali, spesso assemblati in maniera casuale, come fossero frutto di un’improvvisa intuizione degli artisti. Il museo mostra la più oscura e rabbuiata atmosfera espositiva mai ricreata all’interno dei propri spazi, suddivisi, per l’occasione in tre diverse sezioni. L’intenzione sembra quella, attraverso luci e ombre, di amplificare, nel visitatore, la percezione della materialità, senza mancare di includere, anche, tutte le dimensioni ad essa contrapposte.
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC, Bergamo, 4 ottobre 2018 - 6 gennaio 2019
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC, Bergamo, 4 ottobre 2018 - 6 gennaio 2019
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Gino De Dominicis, Senza titolo (Autoritratto), 1995, Tecnica mista su masonite, Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano. Deposito da collezione privata
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC, Bergamo, 4 ottobre 2018 - 6 gennaio 2019
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC, Bergamo, 4 ottobre 2018 - 6 gennaio 2019
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Veduta dell'installazione, Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, GAMeC
Gino De Dominicis, Senza titolo (Autoritratto), 1995, Tecnica mista su masonite, Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano. Deposito da collezione privata
La prima sezione, dedicata alle pratiche dell’Informe, vanta ogni intento di rappresentare il mondo, utilizzando configurazioni materiali la cui indeterminatezza trasmette un’idea di realtà materica. Questa impronta nella ricerca è perseguita da Antoni Tàpies attraverso superfici screziate, solcate con squarci e lacerti; così come da Alberto Burri in una Combustione ad alta densità di sfumature e in un Cretto del 1973; senza dimenticare i primissimi lavori di Piero Manzoni e, decenni più tardi, i senza-forma Big Clay pieces di Urs Fischer, le statue grondanti di Cameron Jamie nonché le astrazioni screpolate e le colature eteree di Ryan Sullivan. Le origini di questa ricerca provengono anche da Jean Fautrier e dalle sue concrezioni di colori stratificati (Terrains, 1957 e Whirls, 1958) così come da Lucio Fontana, che taglia la materia nella sua Natura, penetrando e strappando l’opera a tal punto da risultare in movimento.
La giustapposizione di questo tipo di lavori crea materia primordiale che esseri viventi e non viventi condividono. Per questo l’unità tra l’oggetto e il soggetto, tra il reale e lo spirituale declama il concetto cardine sul quale è fondato “Black Hole. Arte e materialità dall’Informale all’Invisibile”. Gli artisti in questo paesaggio esaminano oscuramente come tutto sia connesso e intrecciato. Come i legami tra natura e cultura sovrapponendosi possano anche provocare cancellazione. Questa è il motivo del perché le sculture e i dipinti all’interno di “Black Hole” possano non solo essere percepite quali mere apparenze nel loro autentico statuto d’origine ma anche come traccia della dissoluzione di materia. Nella seconda sezione (intitolata Materia Umana) le fusioni plastiche di Auguste Rodin e Medardo Rosso, fra le altre, con le immagini di facce e arti che emergono dall’indistinto processo di formazione di nuovi corpi, costituisce un significativo antecedente storico nella ricerca intrapresa da una serie di artisti che, in diverse forme, hanno convogliato il dibattito sulla materia e l’esplorazione dall’individualità in una singola visione creativa.
Nella terza sezione dedicata all’Invisibile, i lavori del Movimento Arte Nucleare e le Texturologies di Jean Dubuffet accompagnano l’artista Jol Thomson che istituisce un dialogo tra scienza e arte investigando i territori di materiale sconosciuto dell’intangibile e di quel che non è visibile ad occhio nudo. In scia alle performance di Hicham Barrada che invita lo spettatore a vivere un’esperienza diretta delle energie e delle forze che emergono dalla materia, proprio come i Programs di Thomas Ruff rivolti alle composizioni astratte. Nel complesso, le opere di “Black Hole” rappresentano passaggi come itinerari invisibili. Ritmi metallici e fluidità, transizioni e trasmissioni sospesi nel tempo. Qui il passato e il futuro perdono il loro significato sottostando al concetto di immanenza. Una lotta integrale all’interno di superfici scolpite, che creano una distanza tra l’oggetto e il visitatore, spinte a confrontarsi, per trovare il loro ultimo significato nel mondo.
- Titolo mostra:
- Black Hole. Arte e materialità tra Informe e Invisibile
- Date di apertura:
- Dal 4 ottobre, 2018 al 6 gennaio 2019
- Curata da:
- Lorenzo Giusti con Sara Fumagalli
- Sede:
- GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
- Indirizzo:
- Via San Tomaso, 53, 24121 Bergamo