Attraverso quattro sezioni, suddivise tra gli spazi espositivi di Gamec e dell’istoriata Sala delle Capriate, a Palazzo della Ragione, la mostra dal titolo Practitioner’s Delight, a cura di Lorenzo Giusti, introduce, per la prima volta al pubblico italiano, un corpus ben delineato di oltre sessanta lavori, appartenenti alla produzione di un artista americano poco noto in Europa. Tra sculture, disegni, dipinti e installazioni realizzati dall’inizio degli anni Sessanta fino ad arrivare alle serie più recenti.
A Bergamo, ogni intervento di Gary Kuehn (Plainfield, New Jersey 1939. Vive tra New York e Wellfleet, Massachusetts) si presenta come la traccia conclusa di un atto di resistenza controllata. Di una misurazione senza numeri, di una possibile perdita, da parte della materia, della capacità di sostenere o trasmettere il carico di un componente, all’interno di una struttura geometrica. Ogni materiale che viene sollecitato dall’artista americano, viene portato al limite, in prossimità della propria capacità di provocare fratture o deformazioni eccessive. Ma qualsiasi quantitativo di energia impiegata, convogliata in compressioni, piegature e rotazioni sembra, allo stesso tempo, preservare e prevenire probabili rotture involontarie dei materiali utilizzati, dei componenti legati reciprocamente o del sistema estetico, che, infine, ne rappresenta una capacità portante. Quando Kuehn, tra scultura e disegno, ritiene che ogni limite riesca a essere raggiunto, avviene una sorta di consolidamento di forme e volumi, provocando la rivelazione di indefinibili tollerabilità fisiche, che si trasformano permanentemente, significativamente e rapidamente quanto più le si osserva trovare spazio.
A seguito del delicato, amorevole restauro di alcuni lavori – supporto avvenuto grazie al sostegno di Gamec – il percorso espositivo prepara il visitatore a leggere con consapevolezza la presenza tridimensionale di Wedge Pieces, Bolt Pieces, Melt Pieces, Mattress Pieces e Pedestal Pieces; tracce storiche che inquadrano il lavoro di Kuehn in opposizione al Post-minimalismo e all’Arte processuale. Nonostante la natura schiva e meditativa dell’artista americano, la sua pratica scultorea lo ha portato ad essere selezionato all’interno di mostre miliari per un determinato proscenio dell’arte contemporanea, mostre quali: Eccentric Abstraction, curata da Lucy Lippard nel 1966 e When Attitudes Become Form, curata da Harald Szeemann nel 1969. In questi ambiti, la potenza simbolica di contenzioni e dilagamenti ha creato l’impossibilità a definire il percorso formale di Kuehn attraverso classificazioni univoche.
Nel catalogo edito da Mousse, infatti, e pubblicato in occasione della mostra, l’artista ricorda “Negli anni Sessanta usavo fil di ferro, morsetti e bulloni per tenere insieme i vari materiali. Cercavo un modo per allontanarmi dall’espressionismo senza dover sottostare all’autorità razionale e riduttiva del minimalismo. Nei Branch Pieces usai i bulloni per unire rami a forme geometriche: fu il primo passo verso un approccio dialettico alle mie opere e l’inizio del mio interesse verso la costrizione, la riunificazione di oggetti separati, all’interno di un unico rapporto. Quando realizzai quei lavori mi stavo sforzando di riconciliare due aspetti della mia vita. Provenivo da una famiglia operaia, ma ero anche un artista, un operaio edile e un professore universitario, a volte nello stesso campus.”
- Titolo:
- Il diletto del praticante
- Date di apertura:
- 8 giugno – 26 agosto 2018
- Curatore:
- Lorenzo Giusti
- Sedi:
- Palazzo della Ragione e Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
- Indirizzi:
- Piazza Vecchia e via San Tomaso 53, Bergamo, Italia