Gli artisti traggono spesso la propria energia dalla relazione con le urgenze del tempo. È il caso di Adelita Husni-Bey: artista cosmopolita, italo–libica di origine, residente a New York dopo anni di formazione a Londra, alla quale la Galleria Civica di Modena, nella sede della Palazzina dei Giardini, dedica attualmente la mostra “Adunanza”: un’occasione per vedere radunate insieme opere relative ai suoi primi dieci, densissimi anni di produzione; dopo averne conosciuto singoli progetti in numerose situazioni, tra le quali la Biennale di Venezia 2017, dove l’artista era tra i rappresentanti del Padiglione Italia; il Museo del Novecento di Milano, dove una sua performance è stata recentemente presentata nell’ambito delle “Furla Series”, la rassegna biennale “Being: New Photography 2018”, tuttora in corso al MoMA di New York, dove è presente con un progetto appositamente commissionato.
Modena. L’indagine critica della realtà di Adelita Husni-Bey
La mostra “Adunanza” raccoglie 10 densissimi anni del lavoro dell’artista italo-libica e racconta il suo approccio pedagogico sperimentale.
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- Gabi Scardi
- 27 luglio 2018
- Modena
Husni-Bey non teme di affrontare tematiche complesse. È da sempre sensibile a istanze legate al potere, alla gerarchia, ai rapporti di forza e al pervasivo sistema di influenze che agisce sui nostri comportamenti. A essi risponde operando a favore di una forma di resistenza basata su un pensiero critico e autonomo. E se la realtà è la fonte d’ispirazione dei suoi progetti, le teorie educative alternative e le diverse concezioni anarco-collettiviste messe a punto nell’arco del Novecento contribuiscono a sostanziarli, nella convinzione che un senso di cooperazione e di responsabilità possa essere stimolato anche tramite pratiche d’insegnamento sperimentali.
Inoltre, partita da un lavoro prevalentemente pittorico, oggi molti dei suoi interventi sono basati su situazioni laboratoriali e su un’idea partecipativa di performance nella quale viene messo in gioco il rapporto tra dimensione individuale e collettiva. È il caso di Postcards from the Desert Island: un video del 2011 nato da un seminario con bambini di una scuola elementare sperimentale. Gli scolari sono stati invitati a costruire un’isola deserta nella propria aula scolastica e hanno fatto auto-gestione, affrontando questioni legate alla lotta per il potere, all'immigrazione, al significato dello spazio pubblico e della disobbedienza civile. O di Agency: Giochi di Potere: un esercizio di simulazione sociale concepito dall’artista nel 2014. Agency si è svolto in una sala del MAXXI di Roma affacciata sulla città, e ha visto coinvolto un ampio gruppo di liceali. Ha preso spunto dai “Citizenship Studies”, “corsi di cittadinanza” che, in Inghilterra, hanno lo scopo di attivare il senso critico e collettivo degli studenti. Dopo un periodo di preparazione, durante il quale si sono potuti documentare e aggiornare, gli studenti, divisi in gruppi, hanno creato un vero e proprio set, su cui hanno messo in scena situazioni legate a diverse parti sociali: i politici, i giornalisti, i lavoratori. Dalle dinamiche che si sono andate sviluppando durante il gioco è emersa la complessa correlazione tra fattori economici, sociali e culturali, e hanno “preso forma” i rapporti di potere che caratterizzano la società attuale, e la crisi che ne deriva. L’opera resta poi nella forma di una serie di fotografie e di un video.
Il tema della crisi compare, in termini diversi, anche in altre opere di Husni-Bey; per esempio nella serie di disegni dedicati ad analizzare i punti di cedimento strutturale di un ponte. Realizzati grazie alla collaborazione con un ingegnere delle costruzioni, Lorenzo Jurina, i cui calcoli e appunti sono riportati sopra i disegni stessi, e intitolato Esercizi d’interpretazione, il progetto rimanda alla fragilità del calcolo scientifico e alla necessità, pur sempre viva nell’uomo, di applicare a ogni genere di fenomeno – persino al caos e alla decadenza – una lettura razionale. Il tema del cedimento e del rapporto con la sofferenza del corpo è affrontato pure dalla serie di disegni di grandi dimensioni Encounters on pain (Incontri sul dolore), nati da incontri individuali, in cui l’artista ha ricalcato il corpo dei partecipanti dando forma sensibile al loro dolore fisico.
La percezione del dolore, le retoriche e le implicazioni sociali e politiche legate ai termini di dipendenza e indipendenza o di disabilità, sono anche alla base del video After the Finish Line (2015), in cui Adelita Husni-Bey ha invitato una serie di atleti giovanissimi che si sono infortunati svolgendo un’attività sportiva a raccontare le proprie storie. Malgrado l’intensità delle esperienze narrate, le modalità del racconto, orientate secondo un approccio pedagogico radicale, sono tali da generare una spersonalizzazione dei sentimenti di fallimento, e quindi una loro rinnovata possibilità di elaborazione.
In questi e altri modi Husni-Bey ha tentato, in questi anni, di mettere in discussione l’alleanza compiacente tra mondo politico e mondo mediatico; un’alleanza che genera una società non solo deteriore sotto molti aspetti, ma instabile, e a rischio di cedimento. D’altra parte, sembra dire l’artista, un esercizio di attenzione responsabile può consentire di ristrutturare le relazioni e i valori, e di evitarne il crollo. Il grande apprezzamento che la sua opera ha riscosso negli ultimi anni conferma il valore della sua indagine, così critica e serrata, radicale. E, più in generale, l’importanza di affrontare tematiche sensibili, evitando semplificazioni, con ogni mezzo, arte compresa.
- Adelita Husni-Bey. Adunanza
- Diana Baldon, Serena Goldoni
- 8 giugno – 26 agosto 2018
- Galleria Civica di Modena, Palazzina dei Giardini