


La prima edizione di “Skulptur Projekte”, nel 1977, fu accompagnata da polemiche, e lo stesso avvenne per l’avvio della seconda, nel 1987. Ma a partire dal 1997 la cittadinanza nel suo complesso si appropriò della rassegna e oggi si può dire che vi si riconosca ampiamente. Mentre le opere più monumentali segnano il territorio, altre restano nella memoria collettiva. In questo senso il progetto ha senz’altro raggiunto il suo fine, generando curiosità, conoscenza, consapevolezza e orgoglio.
Ora, finanziato dalla città di Münster, dalla Regione e da diversi enti e realtà private, “Skulptur Projekte” è dunque giunto alla quinta edizione. Curato da Kasper König insieme a Britta Peters, curatrice indipendente di Amburgo, e Marianne Wagner, curatrice d’arte contemporanea del LWL-Museum für Kunst und Kultur, ha messo in campo 35 nuovi progetti: sculture in senso stretto, ma anche installazioni e performance che s’integrano con il contesto. Oggi, del resto, è impensabile di poter limitare la nozione di scultura all’interno dei suoi canoni tradizionali; e d’altra parte girando per la cittadina si ha l’impressione che le opere più riuscite non siano quelle più iconiche in sé, ma quelle più legate a specifiche situazioni architettoniche e socio-ambientali. Il successo delle opere, permanenti o effimere che siano, dipende insomma dalla loro capacità di innestarsi profondamente sul contesto, tenendo conto delle sue caratteristiche profonde.
È un esempio dell’espansione della scultura l’opera HellYeahWeFuckDie di Hito Steyerl: una serie di video più alcune strutture destinate ad accoglierli; il tutto incentrato intorno a una riflessione sulla robotica e più in generale sull’era digitale, nonché sull’impatto della tecnologia rispetto alla vita umana come oggi si è andata configurando. L’opera è collocata all’interno dell’ineccepibile hall d’ingresso della sede bancaria di LBS West.

Limitrofo nella tematica, ma molto diverso nello sviluppo, è il lavoro di Aram Bartholl che si pone la questione fondamentale dei nostri giorni: il nostro modo di vivere ha generato un’assoluta dipendenza dalla tecnologia, il cui funzionamento a sua volta dipende dalle fonti di energia. Come negoziare gli effetti di questa dipendenza? Le sue tre installazioni per Münster sono basate su una serie di dispositivi termoelettrici che trasformano il fuoco, fonte di vita e strumento di comunicazione primario, direttamente in energia elettrica, offrendo anche occasioni di aggregazione; come nel caso di un falò intorno al quale ci si può riunire per ricaricare il telefono cellulare, ma anche per ritrovarsi e conversare. Le sue opere sono un memento, ma stimolano anche la riflessione e indicano nuovi possibili inizi.



Lara Favaretto affronta direttamente la questione della permanenza dell’opera realizzando con i suoi Momentary Monuments: opere consistenti in sculture a forma di parallelepipedi, dotate di fessure attraverso le quali è possibile inserire monete. I monoliti-salvadanai sono destinati ad essere distrutti, e il loro contenuto di monete ad essere riutilizzato per scopi benefici diversi. È classica nell’impostazione, ma è dirompente nel significato, la bella fontana di Nicole Eisenman, sui cui bordi si trovano cinque figure umane più grandi del vero; i loro corpi, felici e a proprio agio, parlano di uno slittamento tra i generi e di un nuovo possibile rapporto con la natura.
Ma tra le opere riuscite c’è senz’altro anche Speak to the Earth and It Will Tell You di Jeremy Deller; che, muovendosi come un socio-antropologo, dieci anni fa ha chiesto ad alcuni cittadini detentori di orti urbani di tenere un diario; e oggi espone la collezione di trentatré grandi quaderni verdi, consultabili, nella rimessa di uno di questi orti. Sfogliandoli si ha un’impressione di grande prossimità rispetto a vite che non sono le nostre ma che, scorrendoci sotto gli occhi, si mostrano generosamente.
fino al 1 ottobre 2017
Skulptur Projekte
diverse sedi, Münster