Ancarani costruisce una storia non priva di ironia, rendendo la casa un luogo affascinante, molto più di quanto non lo sia in realtà.
Popolata da luci sapienti e da un sound design d’eccellenza – costruito da Mirco Mencacci mescolando voci di persone morte e suoni ambientali – e abitata da due personaggi in carne ed ossa, più un “convitato di pietra”, casa e storia prendono vita. E alcuni passaggi, con inquadrature insistite e movimenti di macchina lenti, assumono qualità pittoriche che fanno emergere tonalità di gialli, verdi e rossi, da leggersi, a seconda del repertorio visivo di riferimento, come quasi pop o addirittura quasi rinascimentali.
Sèance, è la parola con la quale si definisce un tentativo di entrare in comunicazione con gli spiriti. Ancarani racconta la storia di una curiosa séance avvenuta nella casa-museo.
Il “custode” della casa-museo di Mollino, Fulvio Ferrari – che ha ricostruito l’appartamento pezzo per pezzo e l’ha aperto agli studiosi nel 2000 – in abito bianco, di vago sapore sacerdotale, passa l’aspirapolvere, stira la bianca tovaglia cifrata a mano e apparecchia la tavola, ed è qui che l’ironia di Ancarani emerge, non si può prendere troppo sul serio una séance.
E poi si parte da sotto il tavolo da pranzo sorretto da colonne, con un punto di vista molto basso, per dire che siamo proprio qui, nella casa dell’architetto.
Costruita la situazione, un close-up su un volto di donna, una psicologa che interpreta se stessa e Mollino al contempo. Parla con lo spirito dell’architetto.
Ma in effetti la psicologa è stata invitata a cena, questa la scusa con cui è arrivata alla casa-museo perché poi Ancarani girasse la séance.
E allora il “custode” ricompare in veste di cameriere e le riempie il piatto con ravioli e sugo. La tavola è apparecchiata per due ma un solo piatto è riempito, l’altro coperto resta vuoto: gli spiriti non mangiano, che diamine!
E già, il Don Giovanni e il suo convitato di pietra ben si addicono alla situazione e un po’ anche a Mollino che in vita ha cercato molte donne. Il tormento e la solitudine del Mollino Don Giovanni affiorano nelle parole della psicologa, dice che solo l’arte, l’opera, è stabile le relazioni sentimentali no. Possiamo dargli torto?
Fulvio Ferrari, coadiuvato dal figlio, racconta, prima della proiezione, la storia e l’interpretazione della casa, dai pavimenti alle tende. Carlo Mollino non l’ha mai abitata e secondo Ferrari era la casa del “Riposo del guerriero”. Ferrari si riferisce alle riflessioni di Mollino sulla vita ultraterrena, ispirate alla filosofia degli antichi egizi e alla sua passione per l’occultismo; così interpreta la camera con un letto singolo a barca, la moquette blu e le farfalle. Ogni dettaglio è preso in esame e ricondotto a questa antica idea dell’ultraterreno.
Come dimenticare, però, che proprio negli anni in cui Mollino costruiva questo appartamento – vi si dedica tra il 1960 e il ‘68 – usciva il film diretto da Roger Vadim, Le Repos du guerrier, con Brigitte Bardot (1962) tratto dall’omonimo romanzo di Christiane Rochefort pubblicato in Francia nel 1958, che è stato parte della cultura dell’epoca e che aveva suscitato allora un certo dibattito, sia sul romanzo e i suoi personaggi sia sul film. Il romanzo racconta la difficile relazione tra uno scrittore – l’intellettuale – e una borghese, una storia d’amore, di sesso e incomprensione.
Yuri Ancarani
Séance, 30min, 2014, colori, italiano, video HD
Con: Albania Tomassini, Fulvio Ferrari
Prodotto da: Dugong, Sky Arte HD
Produttore associato: Antonella Rodriguez Boccanelli
Con il supporto di: Film Commission Torino Piemonte, Fondazione Casa Museo Carlo Mollino
Camera e montaggio: Yuri Ancarani
Seconda camera: Giuseppe Favale
Assistente alla camera: Caterina Viganò
Compositing: Simone Rovellin
Fonico di presa diretta: Mirco Mencacci
Assistente fonico presa diretta: Silvia Bandini
Campionamenti ed elaborazione del suono: Andrea Ciacchini
Post-produzione audio: Sam, Mirco Mencacci, Silvia Bandini, Piergiorgio De Luca, Andrea Ciacchini, Marco Gorini