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Beyond the End
Alla Kadist Art Foundation di Parigi si osserva il modo in cui le specie abitano il territorio nella Terra del Fuoco, modificando lo spazio naturale e culturale delle altre, con un format sperimentale basato sulla collaborazione tra scienziati, artisti ed esponenti della comunità locale.
Arrivando dalla piccola rue des Trois Frères, costellata dagli atelier e dai café tipici di Montmartre, si entra nello spazio parigino di Kadist Art Foundation, oltrepassata la soglia, ci si ritrova al parco Karukinka, nell'Isola Grande della Terra del Fuoco.
Dopo anni di deforestazione a opera di società che producevano legname per il mercato internazionale, l'isola è oggi preservata dalla ONG Wildlife Conservation Society, diretta in Cile dalla biologa Bárbara Saavedra, che insieme alla curatrice Camila Marambio ha avviato nel 2011 il progetto di ricerca artistico-scientifico Ensayos.
Si tratta di un format sperimentale basato sulla collaborazione tra scienziati, artisti ed esponenti della comunità locale, strutturato attraverso brevi soggiorni collettivi per l'elaborazione dei filoni tematici definiti durante la prima fase di osservazione dell'isola (Ensayo #1). Tra questi, il programma di eradicazione del castoro Canadensis, importato negli anni '40 dal governo argentino, che ha colonizzato i corsi di acqua e costruito dighe e argini come vere e proprie opere di ingegneria civile moderna, causando un ulteriore processo di deforestazione e lo squilibrio dell'ecosistema. Sull'analisi pluridisciplinare della vita del castoro sull’isola è nata la mostra Beyond the End (Ensayo #2).
Oltre a Derek Córcoran (ecologista), Giorgia Graells (biologa), Émilie Hache (filosofa), Myriam Lefkowitz (performer), Carla Macchiavello (storica dell'arte), Laura Ogden (antropologa), Alfredo Prieto (archeologo), Maria Prieto (agricoltrice urbana e di biodinamica) e Sofia Ugarte (sociologa), hanno partecipato alla fase parigina del progetto gli artisti Christy Gast, Fabienne Lasserre, Amanda Piña, Carolina Saquel, Maria Luisa Murillo, Geir Tore Holm & Søssa Jørgensen. Partendo dal concetto di “invasione” per giungere a quello di “diaspora”, Beyond the End sovverte i termini in cui viene posto il problema, che da scientifici diventano relazionali, per osservare da un punto di vista non umano il modo in cui le specie abitano il territorio, modificando lo spazio naturale e culturale delle altre.
Andando oltre la suddivisione tra specie e discipline, moralità e abiezione, autorialità artistica e progetto collettivo, il gruppo ha creato due ambienti, uno immersivo-emotivo e l'altro di approfondimento, dove installazioni, performance, video, fotografie e materiali di studio guidano i visitatori nella conoscenza del rapporto di reciprocità esistente tra la vita dell'uomo e quella dell'animale nocivo, che nel video Conjuring sembrano incontrarsi, attraverso il gesto performativo di Christy Gast che percorre la forma scultorea dell'argine creato dai castori.
Il percorso espositivo comincia dall'esperienza del luogo, in una casa tipica locale, in cui viviamo sensazioni contrastanti: il documentario Castor Chef mostra la cattura, la scuoiatura e la suddivisione del castoro da parte di una guardia forestale come celebrazione collettiva; la fiction Castorera (A love story), riproducei momenti della vita di coppia del roditore nel connubio idilliaco amore-natura, su cui l'uomo costruisce l'immagine di mondo ideale; con la nostalgica immagine fotografica di un vecchio pontile, Vestigios del muelle de Caleta María, María Luisa Murillo elabora il suo ricordo della trisnonna, emigrante svizzera che fondò la principale industria di legname a Porto Yartou.
Alla penombra della stanza e all'informalità della casa umana, corrispondono i suoni ovattati e le immagini oniriche della vita semi-acquatica del castoro, instabile e fluttuante come quella dell'uomo, con cui condivide la lotta per la sopravvivenza. Guardando il video Dreamworlds of Beavers e ascoltandone il testo, scritto dall'antropologa Laura Ogden sul concetto di ecologia politica Speculative Wonder, si entra in simbiosi con il suo mondo, che per pochi minuti diventa anche il nostro.
Parigi, la città che nell'Esposizione Universale del 1889 mostrava nove “esemplari” di Selk'nam – la popolazione indigena della Terra del fuoco – nello “zoo umano”,radicando l'immagine delle culture indigene come incivili, a cui opporre il concetto europeo di modernità(in realtà coniato nel 1890 da un poeta nicaraguense, come scrive Timothy Mitchell [1]) diviene oggi luogo di sperimentazione di un'idea di futuro basata sulla relazione emozionale tra le specie e sulla riorganizzazione sociale nello spazio naturale, a partire dalla scoperta di un'antica connessione che la vocazione razionalista della griglia cartografica non può predeterminare: come ha spiegato Benoit Hické in occasione della lecture performativa Inside the Beaver's Skin, il Musée d'Histoire Naturelle è stato costruito su La Bièvre, che etimologicamente deriva da beaver (castoro) ed è l'unico corso d’acqua naturale interrato di Parigi.
1 Timothy Mitchell, Questions of Modernity, Minnesota, University of Minnesota Press, 2000, p. 1-7.