Un complesso residenziale per la classe media, progettato per un'area urbana dove massimizzare la cubatura in risposta a esigenze imprenditoriali degli investitori e ridurre i costi costruttivi attraverso l’impiego di tecnologie correnti e consolidate, come il calcestruzzo a vista gettato in opera: potrebbe essere una delle tante storie di ordinaria edilizia narrate nelle città di tutto il mondo ma, nel caso di quest’opera di Young & Ayata + Michan Architecture a Città del Messico, si è puntato a far sì che non ci fosse niente di ordinario.
L’edificio DL1310 (Desierto de los Leones, 1310) si situa nel quartiere di Tetelpan e comprende sette appartamenti con 1 o 2 camere da letto, distribuiti su quattro livelli fuori terra, e un parcheggio seminterrato. La poderosa costruzione in calcestruzzo faccia a vista, di ispirazione brutalista, sfrutta al massimo la capacità edificatoria dell’area spingendosi in pianta e in alzato ai limiti imposti dalla normativa urbanistica. In ragione dell’impianto massivo e della disposizione del fabbricato nel lotto, per evitare interferenze visive con i fabbricati limitrofi, favorire la varietà di viste prospettiche sull’intorno e captare al meglio la luce naturale, i progettisti si sono concentrati sulle facciate – e in particolare sul tema delle aperture – come dispositivo architettonico fortemente connotante e rappresentativo di una raffinata ricerca compositiva.
Mollando gli ormeggi dai vincoli della facciata bidimensionale, gli studi hanno elaborato un sistema di aperture che squarcia la monolitica massa degli involucri, animandosi di vita propria: 22 finestre di dimensioni diverse e di sagoma trapezoidale, distribuite sui quattro prospetti, ruotano intorno ad un asse verticale verso l’interno del volume e trascinano con sé le superfici in calcestruzzo di davanzali e architravi che, cedendo alla trazione, si distendono e si comprimono come un fluido viscoso o una membrana organica sotto sforzo. Il risultato è un mosaico di tasselli che erodono il volume creando vivaci effetti plastici e chiaroscurali e rendendo la ruvida superficie in calcestruzzo una pelle malleabile, collaborante (o resistente, a seconda dei punti di vista) con il moto endogeno che la deforma.
Negli interni, il carattere magmatico e vagamente espressionista degli esterni si stempera in atmosfere limpide e serene, dominate dai toni caldi, tra pavimenti in pietra calcarea e legno levigati e pareti ed infissi tinteggiati di bianco, su cui si riverbera generosamente la luce che filtra dalle “irrequiete” finestre.