Ben oltre la funzione di “contenitori” per la raccolta e la conservazione di un patrimonio materiale, e negli ultimi tempi, anche digitale, le biblioteche sono spesso fulcri propulsori di rigenerazione urbana e inclusione, innescando processi di sviluppo non solo culturale ma anche economico e sociale. Non è un caso che molti progetti di biblioteche a firma di architetti di prestigio internazionale si situino in aree conflittuali e degradate (El Equipo Mazzanti), urbanisticamente in trasformazione (Yi Architects, Herzog & De Meuron, Atelier Femia) o in cui è particolarmente viva l’esigenza di costituire un “legante” per ricucire o fortificare un senso di identità e di appartenenza ad una comunità (Kéré Architecture, Helen & Hard).
In altri contesti, le biblioteche svolgono un ruolo di imponenti “catalizzatori” urbani (Rem Koolhaas e Adjaye Associates) e di strumenti strategici di marketing territoriale (Foster + Partners).
In ogni caso, come diceva Marguerite Yourcenar, “fondare biblioteche è un po' come costruire ancora granai pubblici, ovvero ammassare riserve contro l’inverno dello spirito che si percepisce arrivare”, sia che si tratti di farlo in un blasonato palazzo seicentesco (Juan Navarro Baldeweg) o tra il denso edificato nel cuore di Manhattan (RPBW), sia che si tratti di un affollato e prosaico centro commerciale (X + Living).