Occhiali da sole, bibita in mano, materassino come un Dustin Hoffman che “troneggia” in piscina baciato dal sole (al ritmo di “The sound of Silence”): questa è l’immagine che forse in questo periodo di canicola estiva molti vagheggiano, arrancando sempre più faticosamente nelle città caotiche e frastornanti. Perché un tuffo in acqua, o per i più statici anche una pausa di relax conviviale a bordo vasca, non solo riequilibrano la temperatura basale ma riconciliano gli umori, tra una bracciata e un aperitivo, tra il sapore di cloro e il profumo di crema solare.
La storia dell’architettura detiene un corredo di piscine all’aperto ricco e variegato che celebra, nelle diversità individuali, un simbolo multiforme di sport e fatica, socializzazione e tempo libero, benessere e opulenza. Dalle piscine pubbliche urbane, centri vivaci di scambio e socialità letteralmente invasi da chi è costretto nel recinto cittadino (Argelati, Romano, Bagni Misteriosi a Milano; Camillo Botticini a Brescia); a quelle in scenografici luoghi di villeggiatura (BBPR a Gabicce, Matteo Thun a Merano) e in contesti dove le strutture architettoniche sono altrettanto spettacolari del paesaggio naturale che le ospita (piscine dell’ Hotel Tremezzo sul Lago di Como, dell’Hotel Hubertus in Alto Adige, dell’Hotel Rome Cavalieri a Roma); a quelle domestiche, dove i fortunati proprietari non devono fare che qualche passo in accappatoio in giardino per immergersi nella beatitudine (Pietro Porcinai a Villa La Terrazza); alle “pozze” termali di cui non la mano dell’uomo ma della natura è stata l’artefice: in ogni caso, l’acqua ha sempre un che di profondamente catartico e riconciliante, tanto che a volte viene da pensare, come diceva il Signor G., “io che la guardo tutto assopito, ci farei un tuffo tutto vestito”.

Il design del benessere secondo Caimi
Due nuovi prodotti garantiscono il massimo del benessere ambientale attraverso l'isolamento acustico.