Bilbao è bella e ci si vive bene. L’ultimo a dirlo è fDi Intelligence, magazine che parla di investimenti con voce autorevole: tra le città di media grandezza – dai 200 ai 500 mila abitanti – il capoluogo basco attrae talenti e favorisce gli affari. Bilbao piace perché stata ridisegnata dagli architetti, perché persegue la sostenibilità, perché offre una qualità della vita superiore a Madrid e Barcellona (questa volta la classifica è di Ocu, Organisation of Consumers and Users).
Bilbao è un caso unico. Nel 1988 era una città in crisi, ingombra dei resti del porto fluviale, inquinata e degradata. C’è un articolo di giornale a cui si fa sempre riferimento per ricordare quei tempi. Titolava: o ci si dà una mossa, o si muore.
Oggi al posto dei container arrugginiti che soffocavano il quartiere Indautxu c’è il gigantesco Puppy di Jeff Koons e Bilbao è una referenza del contemporaneo: dal museo Guggenheim di Frank Gehry, che festeggia i suoi primi 25 anni (“Sections/Intersections” è la mostra, dall’8 settembre, che esporrà per la prima volta la collezione per intero) al futuro quartiere di Zorrozaurre di Zaha Hadid, che sta finalmente prendendo forma, ogni cosa parla di riconversione ecologica e di rigenerazione urbana.
Perché questo avvenisse, c’è voluta una forte volontà politica e tutto l’orgoglio dei bilbaini: da un lato la creazione di Bilbao Ria 2000, società pubblica finanziata al 50% dal governo centrale e per il resto dalle autorità basche, dall’altro quella di Bilbao Metropoli 30, associazione di università, organizzazioni no-profit, enti pubblici locali, banche e fondazioni. Il progetto ha convinto nel tempo Santiago Calatrava, Norman Foster, Arata Isozaki, César Pelli, Rafael Moneo, Philippe Starck.