Con i sui 45 metri di altezza, il Monte Stella di Milano è l’unica vera presenza di scala geografica in una città priva di paesaggio – niente fiumi o mari, niente monti o colline, i Navigli troppo striminziti e densi di costruzioni per poter evocare la grande scala. Realizzato a partire dalla fine degli anni ’40 con le macerie dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, ma anche con molta materia dei bastioni spagnoli, di cui si completava la demolizione, il monte milanese è il più straordinario belvedere sulla città. Rispetto alle sale vetrate di qualche grattacielo offre un punto di vista meno elevato ma più interessante per la sua posizione periferica, non immediatamente immersa nel tessuto urbano e quindi in grado di fornirne una visione più distaccata e globale.
Parco di 37 ettari che si rivolge a tutta la città metropolitana, il Monte Stella è anche il principale spazio pubblico al servizio del quartiere QT8, che si estende verso sud e verso est a partire dalle sue pendici. Anche la storia del QT8 s’inquadra in quella della ricostruzione postbellica di Milano, di cui costituisce probabilmente uno degli episodi più ambiziosi, colti e in fondo riusciti. QT8 è l’acronimo di Quartiere Triennale Ottava, perché proprio l’ottava edizione dell’esposizione milanese, nel 1947, è l’occasione in cui il gruppo di progettisti guidato da Piero Bottoni (1903-1973) ne elabora il primo piano. Il QT8 è un quartiere di edilizia residenziale che nasce per rispondere a un’esigenza pratica, quella di rialloggiare gli sfollati del conflitto, ma si carica fin da subito di un valore culturale più ampio, ossia vuole rappresentare un modello, un precedente di qualità per l’espansione urbana del capoluogo lombardo, di cui già si presagisce l’intensificazione che puntualmente avverrà di lì a poco.
Bottoni è stato uno degli interpreti più convincenti del modernismo italiano negli anni ’20, ’30, e ’40, quando viene concepito tra le altre cose un progetto d’avanguardia come quello per “Milano Verde” (del 1938, elaborato anch’esso da un ampio raggruppamento, al seguito di Giuseppe Pagano). Al gigantismo e al razionalismo senza compromessi – almeno a livello planimetrico – di questa proposta rimasta senza seguito, che immaginava una città di stecche orientate secondo l’asse eliotermico, il QT8 contrappone un approccio più complesso. Si legge nella pianta del nuovo quartiere la ripresa di modelli urbani “organici” importati dall’Inghilterra e dalla Scandinavia; s’individua nella moltiplicazione delle tipologie abitative e nella scala più ridotta dei suoi edifici un “umanesimo” di fondo – inteso come attenzione all’uomo, utente finale – ma anche la volontà di rispondere con efficacia e pragmatismo alle diverse esigenze abitative.
Così, al QT8 s’incontrano edifici in linea di grande scala, case d’abitazione di pochi appartamenti e ancora schiere diverse per dimensioni e modalità di accostamento dei loro moduli, progettate dallo stesso Bottoni, da Roberto Menghi, da Ettore Sottsass, da Gabriele Mucchi e da tanti altri. Nel loro insieme costituiscono un vero catalogo di tipologie residenziali, completato dagli edifici pubblici e dei servizi, che dovevano assicurare un’ideale autosufficienza al quartiere. La città, in effetti, non era lontana nemmeno all’epoca, ma era soprattutto una periferia industriale, e la metropolitana sarebbe arrivata soltanto più di un decennio dopo. La Chiesa di Santa Maria Nascente (1947-1955), di Vico Magistretti (1920-2006) con Mario Tedeschi, spicca per la peculiarità della soluzione a pianta centrale e soprattutto per l’asciuttezza del suo linguaggio, spoglio e quasi industriale, con la struttura in calcestruzzo lasciata a vista in facciata, ma non esibita. È il tempio scarno e rigoroso di una parte di città di cui ogni costruzione è realizzata all’insegna dell’ottimizzazione, non del lusso, e lo testimonia tramite la semplicità delle sue estetiche.
Sul piano tecnico-tecnologico, inoltre, il QT8 è uno dei pochi tentativi italiani di utilizzo su larga scala della prefabbricazione industriale. Quasi tutti i grandi piani per l’edilizia residenziale lanciati a scala locale e nazionale nei decenni successivi, in particolare il piano INA Casa promosso da Amintore Fanfani, privilegeranno l’utilizzo di tecniche ordinarie, unica opzione per coinvolgere nelle operazioni un settore dell’edilizia dalle competenze essenzialmente artigianali e inerte al cambiamento.
Ancora oggi attraversando il QT8 il visitatore percepisce intuitivamente di accedere a una parte della città atipica e chiaramente delimitata. È così perché tutt’attorno si sviluppano grandi infrastrutture – l’Autostrada dei Laghi, l’ippodromo, il Lido – e altri quartieri altrettanto auto-conclusi come il Portello, ma soprattutto perché anche un occhio meno esperto si stupisce di fronte alla sua atmosfera “rarefatta”, alla generosità dei suoi vuoti ricchi di verde e di micro-attrezzature di quartiere, al silenzio delle sue vie a fondo cieco libere dal traffico e, infine, di fronte al Monte Stella, placido monumento verde. Il QT8 non è un quartiere perfetto e si potrebbe scrivere a lungo anche delle sue mancanze, ma poche altre parti della città del XX secolo possono vantare una tale combinazione di qualità ordinarie e di presenze eccezionali.