Ma Yangson è il più celebre architetto cinese della sua generazione, con progetti di qualità che creano spazi in cui far fiorire la moderna identità cinese. Solo nell’ultimo anno, ha aperto la sua stazione ferroviaria a Jiaxing, un sobborgo di Shanghai, e lo Yabuli Entrepreneurs’ Congress Center, una sorta di Aspen o Davos per gli imprenditori cinesi. È difficile immaginare un uomo la cui carriera rappresenti meglio il sogno di progettare una Cina orientata a livello globale che è attenta alle sue tradizioni e ai suoi valori ecologici – non solo in teoria, ma nella pratica, in edifici che sono stati realizzati e sono attivamente utilizzati.
A febbraio, mentre passeggiavo per lo Yabuli Entrepreneurs’ Congress Center, mi sono imbattuto in un auditorium vuoto, con sedie impilate l’una sull’altra. Da qualche parte un computer si è avviato e lo schermo ha mostrato uno slogan sull’economia pianificata nel 2021. La canzone rossa “senza il partito comunista, non ci sarebbe una nuova Cina” suonava in sottofondo, mentre una profusione di guardie e addetti alle pulizie si preparava per gli imprenditori fantasma. Qui abbiamo la sala conferenze di “New Oriental”, un’azienda che si occupa di insegnare lingue, in gran parte chiusa nel 2021, così come l’auditorium Alibaba per le conferenze TED, il cui palco può essere ritratto per lasciare spazio alle piste da sci. All’esterno ha iniziato pian piano a nevicare.
La Cina sta attraversando una crisi economica lenta, poco visibile ma sempre più evidente. Difficile da percepire da oltreoceano, ma anche dalle stesse Shanghai o Pechino. Tuttavia, nell’atmosfera desolata della campagna, con tanti disoccupati e sottoccupati, appare sempre più chiara. Il governo è per alcuni versi consapevole di ciò che dovrebbe fare – dare spazio agli imprenditori, per esempio, o incoraggiare gli scambi culturali a livello internazionale, come all’Opera House di Harbin realizzata da Ma Yangson – ma, come un alcolizzato che prende un drink e dice “questo non vale”, non si convince a farlo.
La Cina non è certo la sola ad accorgersi dei cambiamenti fondamentali in atto, molti dei quali spaventosi. Mentre guidavamo attraverso il paesaggio innevato di fabbriche, grattacieli del periodo socialista e sporadiche chiese ortodosse nello Heilongjiang rurale, con il sole che splendeva sui campi innevati, una zona di una bellezza mozzafiato, i miei pensieri continuavano a rivolgersi al conflitto insorto in un altro campo innevato post-socialista, quello tra Russia e Ucraina. L’influenza russa e sovietica – unite l’una all’altra – sono parte integrante dello Heilongjiang, sebbene costituiscano più un ricordo che una realtà.
Nonostante l’urbanistica cinese stia facendo il suo ingresso in una nuova fase, con l’esaurirsi del mercato immobiliare e le politiche che mirano a contenere gli aspiranti migranti rurali, il futuro dell’architettura in Cina non appare ad oggi chiaro. Vi sono indubbiamente molte sfide alle quali il design e l’ingegneria devono far fronte, ma il socialismo attualmente presente nel Paese non permette agli architetti di comprendere effettivamente cosa fare al riguardo. Tutti provano a raccogliere energia positiva ed entusiasmo, nonostante le restrizioni provocate dalla pandemia tengano le attività sotto controllo. Non è la fine; piuttosto, l’economia cinese si trova nella posizione del “Tu devi andare avanti. Non posso andare avanti. Andrò avanti” di Beckett. Mentre circoliamo attorno al circuito chiuso della Cina “zero Covid”, chiedendoci cosa fare di noi stessi mentre trapelano notizie minacciose dall’esterno della fortezza, l’umore è alquanto glaciale.
Niente di tutto ciò appare però giusto per il design di Ma; la sala degli imprenditori, con curve in picchiata nella neve e interni in legno chiaro, è uno spazio da sogno. Il museo al suo interno mi ha raccontato di imprenditori cinesi che per vent’anni si sono incontrati prima all’hotel Club Med proprio alle nostre spalle e ora in questo centro. Gli imprenditori in Cina, come in Francia, rientrano in una categoria piuttosto dubbia.
Nel 2021, è stata annunciata la campagna “Prosperità comune”, un insieme di politiche che mirano a ridurre le disuguaglianze; all’epoca, dissentire sugli obiettivi del governo appariva alquanto complicato, anche se imprenditori come Jack Ma reagivano a esso “sparendo” per lunghi periodi di tempo.
In Cina sono stati realizzati progetti sempre più generici, pacchiani e distruttivi per l’ambiente. Per tale ragione, come racconta Ma, la maggior parte dei suoi progetti nazionali negli ultimi dieci anni sono stati ideati per clienti governativi, non per Vanke, Wanda o Evergrand. Gli sviluppatori puntano alla velocità e alla convenienza; Ma pone al centro dell’attenzione il suo programma di design con l’obiettivo di integrare la cultura locale o gli edifici storici con tutto ciò che è moderno, come la stazione ferroviaria di Jiaxing che ha cento anni di storia.
La teoria di Ma della “città shanshui”, un’eco-città con peculiarità cinesi, richiede amore e attenzione. L’architetto afferma infatti che un rallentamento economico non appare poi così negativo; gli ultimi decenni sono stati particolarmente difficili da sostenere e se il mercato immobiliare surriscaldato si raffreddasse, potrebbe fare spazio a progetti più ponderati – una normalizzazione per la Cina, piuttosto che la sua fine.
“Il mio lavoro in Cina e all’estero è molto diverso”, racconta Ma. “In Cina ho un programma ben stabilito”. Le questioni che l’urbanizzazione ha sollevato attualmente nel Paese – non solo a livello di ingegneria e di design, ma anche a livello sociale sul modo in cui dovremmo vivere al giorno d’oggi – sono di natura politica, e proprio per questa ragione Ma lavora a stretto contatto con essa e il governo per risolverle. I progetti realizzati all’estero – Los Angeles, Rotterdam – sono totalmente liberi, contributi offerti con lo stesso spirito con cui la nativa Pechino di Ma ha ospitato designer come Rem Koolhaas o Zaha Hadid.
Progetti come la stazione ferroviaria di Jiaxing, sede di una riunione chiave del Partito Comunista Cinese cento anni fa e oggi sede di una “stazione ferroviaria nella foresta”, o l’Opera House di Harbin (ho avuto il piacere di visitarla questo febbraio, sei anni dopo la sua apertura, ed è chiaramente un punto chiave dell’orgoglio locale) sono costruiti come interventi nella lunga e complicata storia culturale cinese. Guardando indietro ai progetti raccolti nel suo nuovo libro, Ma intravede alcuni decenni straordinari di creatività, mentre, guardando avanti, intravede accenni di un nuovo urbanismo orientato verso l’ecologia. Non importa cosa, però, la Cina ha bisogno di respirare; durante la pandemia, si è recato all’estero riuscendo a rientrare nel Paese per ben tre volte. Con i viaggi e le nuove costruzioni che chiudono in tutta la Cina mentre si profila una nuova epidemia a Shanghai, le idee per un nuovo futuro sono disperatamente necessarie; speriamo che le splendide creazioni di Ma possano ispirarle.