In occasione del novantottesimo anniversario della fondazione della Repubblica turca è stato inaugurato alla presenza del presidente Erdoğan il ricostruito Centro Culturale Atatürk in piazza Taksim, a Istanbul. Si tratta della terza incarnazione di un complesso culturale dalla storia travagliata e altamente politicizzata.
Il centro aprì i battenti per la prima volta nel 1969 come Palazzo della Cultura, spazio per arti “occidentali” come l’opera, il balletto e il teatro, in piazza Taksim, al centro della Istanbul moderna. I piani iniziali furono abbandonati in corso d’opera e il progetto finale fu affidato al giovane architetto Hayati Tabanlioğlu (1927-1994). Tra il susseguirsi di vari governi e una cronica carenza di fondi ci vollero ben 23 anni per completare l’edificio, che però andò in fiamme meno di due anni dopo in un incendio la cui causa, mai del tutto chiarita, è ancora oggetto di disaccordo politico.
Fu riaperto nel 1978, questa volta col nome di Centro Culturale Atatürk (AKM dal suo acronimo in turco). Da allora la sua audace facciata in vetro e metallo, il cui disegno minimalista evocava un sipario teatrale, ha fatto da fondale alla piazza e a numerosi eventi storici e raduni politici, soprattutto raduni di sinistra come le manifestazioni del primo maggio. L’edificio è assurto a emblema della Repubblica secolare e moderna con lo sguardo rivolto a occidente.
Tuttavia sotto il governo islamista del partito Giustizia e Sviluppo l’AKM ha chiuso i battenti nel 2008, ufficiamente in attesa di un necessario restauro, ma sollevando crescenti timori di un’imminente demolizione. Vari tentativi di far partire un restyling si sono arenati in dispute legali tra il governo e gruppi di opposizione. Durante l’insurrezione di Gezi, esplosa nel 2013 a partire dal vicino parco, i manifestanti trasformarono la facciata dell’AKM in un’enorme schermo di protesta. Fu all’epoca che in una dichiarazione pubblica Erdoğan pronunciò il rancoroso commento: “Se Dio vuole, distruggeremo l’AKM”. Negli anni a seguire la facciata dell’edifico fu utilizzata come tabellone gigante per annunci pubblicitari e, dopo il tentativo di golpe del 2016, per la propaganda governativa.
Tra le proteste generali e benché l’edificio fosse stato registrato come bene culturale protetto, le demolizioni sono iniziate nel 2018. L’AKM, che avrebbe esaurito il suo ciclo di vita, doveva essere ricostruito e ampliato per farne un centro culturale che – nella consueta narrazione populista del governo – potesse servire “l’intera popolazione piuttosto che una parte dell’elite”. Difficile non notare il sottotono ideologico di questa spettacolare distruzione, soprattutto considerando che in contemporanea una moschea neo-Ottomana stava prendendo forma all’altro lato di piazza Taksim.
La ricostruzione è stata affidata a Murat Tabanlıoğlu, figlio dell’architetto originale a capo dell’omonimo studio – al giorno d’oggi un ufficio internazionale con sedi a Istanbul, New York e Dubai. Il nuovo progetto mantiene in buona parte l’aspetto esteriore e le volumetrie dell’edificio preesistente, complementandolo con un esteso ampliamento. L’obbiettivo era trasformare il vecchio teatro dell’opera in un complesso culturale multifunzionale, attivo in ogni orario. Su 95.000mq di superficie, il nuovo AKM contiene una varietà di nuove funzioni.
L’iconica facciata che dà su piazza Taksim è stata ricostruita, seppur con qualche lieve alterazione: recede alcuni metri dalla cornice, creando una sorta di copertura aggettante. Pur mantenendo l’immagine esterna dell’AKM, il prospetto frontale rivela, soprattutto di notte, l’elemento più riconoscibile del nuovo progetto: un grande emisfero che contiene la sala da concerti da 2000 posti. È rivestito di brillanti piastrelle rosse, prodotte allargando il disegno delle ceramiche geometriche presenti nel vecchio AKM. Altri elementi del progetto originale sono stati fedelmente riprodotti o reinterpretati, come l’elegante scala a spirale nel foyer principale.
L’ampliamento si estende alle spalle della cortina edilizia che affaccia sul parco di Gezi, su un sito precedentemente occupato da un parcheggio. Quattro corpi di altezza discendente sono collocati attorno a una sequenza di rampe di scale che, seguendo la pendenza del terreno, conduce a uno spazio esterno che si apre verso Taşkışla e la biblioteca Atatürk. Lungo quest’asse, chiamato “Via della Cultura”, si trovano un cinema, una biblioteca, sale polifunzionali e da esposizione, una sala per attività per bambini, bar e ristoranti. Tra la massa dell’AKM originale e l’espansione, un parallelepipedo sospeso, che ospita una galleria d’arte, crea un’ampia entrata al livello della strada. La facciata in vetro aggettante verso la piazza è ravvivata da animazioni digitali.
La struttura ha un aspetto monumentale, per quanto austero. Alcuni ambienti interni, come la biblioteca rivestita in legno, sono ben rifiniti e accoglienti, mentre gli spazi semi-aperti di connessione risultano grossolani e un po’ tetri. Oltre al grande fronte verso Taksim, la connessione tra il complesso e il suo intorno è stata trascurata, ma sono in corso lavori che dovrebbero migliorarla. Solo quando l’AKM sarà pienamente operativo, e i suoi ampi spazi si popoleranno di persone e attività, sarà possibile valutarne il successo. In tal senso, al di là delle qualità architettoniche del complesso, la programmazione culturale avrà un ruolo fondamentale.
Indubbiamente il rinnovamento della struttura modernista preesistente sarebbe stato auspicabile, e la demolizione è imputabile tanto a calcoli politici, quanto a valutazioni strettamente tecniche. Nonostante questo, il nuovo AKM può essere considerato un tentativo valido di coniugare la memoria storica e le necessità delle produzioni culturali contemporanee, il tutto in un contesto politico altamente polarizzato. In conclusione, Istanbul ha guadagnato un nuovo spazio culturale pubblico dal grande potenziale: come vari commentatori in Turchia hanno fanno notare, è il momento per la cittadinanza di goderselo, pur senza dimenticarne la storia.