Nel suo libro Designing Design (Lars Muller Publishers, 2007) il designer giapponese Kenya Hara illustra alcune idee di Konosuke Matsushita, capitano d’industria e imprenditore di successo che, dopo la seconda guerra mondiale, battè la concorrenza prevedendo che “il futuro sarebbe appartenuto al design”. Storicamente da questo punto in poi, la standardizzazione e la produzione in serie si svilupparono rapidamente in Giappone, nutrite dalla fede cieca nella tecnologia e nell’innovazione. Il settore privato avrebbe vissuto la nascita di una nuova classe dirigente di potenti aziende private, che tuttora continuano a cambiare il modo di vivere delle persone.
House Vision 2
Con dodici progetti e alcuni altri interventi minori, la seconda edizione di “House Vision” ha proposto altrettante riflessioni sull’abitazione, focalizzate sullo scenario del prossimo futuro.
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- Rafael A. Balboa
- 17 ottobre 2016
- Tokyo
Solo poche settimane or sono si è chiusa a Odiava, un’isola artificiale della baia di Tokyo, una mostra interessante. Proprio sotto la direzione, per la seconda volta, di Kenya Hara, “House Vision 2” è stata il seguito di una formula presentata tre anni fa nella prima edizione, che unisce l’interesse di alcune aziende private alla collaborazione con architetti giapponesi tra i più apprezzati del settore.
Con dodici progetti e alcuni altri interventi minori, le riflessioni sull’abitazione erano focalizzate sullo scenario del prossimo futuro. Ogni azienda ha elaborato un’idea specifica, relativa al proprio prodotto o servizio, unendola alla capacità di visione e di progetto dell’architetto prescelto, che ha affrontato problemi di ordine sociale e ambientale tra i più importanti nel panorama giapponese. Si sono visti temi ricorrenti e sovrapposizioni, soprattutto in fatto di nuove tecnologie, di soluzioni di assemblaggio e di materiali, oltre che esempi di espressione spaziale e di appoggio alle comunità locali.
All’architetto Kengo Kuma si deve il progetto espositivo, che ha creato per l’ingresso una struttura in forma di parete con tavole di legno grezzo ritmicamente ondeggianti. Data la limitata durata della manifestazione e l’esigenza di costruire in fretta, la maggior parte delle abitazioni hanno privilegiato l’uso del legno e sono state presentate un po’ come piccoli padiglioni organizzati in sequenza per numero lungo un percorso. Molti dei progetti sono stati anche previsti per una seconda vita e, una volta conclusa la manifestazione, sono stati trasferiti altrove.
La prima casa, di un’azienda il cui ambito d’azione è prevalentemente collegato alla logistica dei trasporti, era in collaborazione con la designer di prodotto Fumie Shibata, con lo scopo di prefigurare nuovi modi di consegna. La proposta consisteva nell’esposizione di un frigorifero accessibile dall’esterno, che amplia la rete dei servizi di consegna dal porta a porta al “frigorifero a frigorifero”.
La Cedar House di Yoshino-sugi è un lavoro in collaborazione della società di e-commerce Airbnb con l’architetto Go Hasegawa, che combina le funzioni di un piccolo spazio comunitario al pianterreno con quelle di un locale in affitto al primo piano. La casa non rappresenta solo un semplice e attento esempio d’architettura, ma anche il tentativo di rivitalizzare la comunità di Yoshino, nella provincia di Nara, tramite l’uso di materiali locali e la restituzione al luogo d’origine per l’uso dopo la mostra.
Il terzo progetto, dell’architetto Yuko Nagayama e di un importante produttore di elettronica, aveva lo scopo di creare “un’abitazione fondata sulla ricchezza esperienziale”. Delimitando lo spazio con una semplice parete a spirale, che allude al carattere no dell’alfabeto giapponese hiragana, consente la continuità dell’esperienza dall’esterno all’interno trasformandosi una superficie interamente interattiva. Probabilmente il progetto più futuristico tra tutti quelli presenti nella mostra, questa struttura dalla copertura a tendone è un prototipo nomade che in un prossimo futuro potrebbe ampliare e soddisfare le esigenze dell’utente nei confronti del suo immediato intorno.
Progettata da Muji, venditore di oggetti domestici e di consumo, in collaborazione con gli architetti dello studio Bow-Wow, la quarta casa è una struttura compatta fatta di legno. È stata concepita per essere collocata nel villaggio di Kamanuma, a settanta chilometri a sud di Tokyo, nella penisola di Boso. Mentre il piano terreno è uno spazio pressoché aperto (ryuten) con scaffali esterni per riporre gli utensili, il piano superiore è più chiuso ma, dotato di ante sollevabili, offre un panorama a trecentosessanta gradi del paesaggio agricolo a uno spazio destinato a ufficio.
La Nomad House è il risultato della collaborazione di uno dei più popolari gruppi giapponesi del settore dei grandi magazzini con architetti dello studio Supposed Design di Makoto Tanijiri e Ai Yoshida. La casa è una sperimentazione sul modo di ripensare le esigenze dei nomadi, persone che cambiano continuamente luogo di lavoro su scala mondiale e senza vincoli geografici. La proposta invita il visitatore a riflettere su che cosa sia il successo nella cultura contemporanea.
Tra tutte le abitazioni esposte la struttura più grande è la proposta affrontata da una società immobiliare ed edile insieme con l’architetto Sou Fujimoto. Questo “Palazzo di spazi in affitto” sovrappone una serie di volumi costruiti in compensato triplay, simili a credenze che si espandono e si ritraggono per ridurre al minimo lo spazio privato e dare il massimo risalto alle aree comuni.
La settima casa, progettata da Shigeru Ban in collaborazione con una delle maggiori società del campo dell’edilizia e delle soluzioni abitative, è più legata all’uso di prodotti già presenti sul mercato. La proposta riguarda l’idea di un unico nucleo condensato che contiene tutti i servizi idrici. Dotato di grande adattabilità spaziale, questo nucleo permette numerose configurazioni secondo le necessitò dell’utente. L’abitazione inoltre presenta soluzioni costruttive nuove, come i pannelli PHP in sandwich di carta a nido d’ape e legno, una membrana esterna a chiusure rapide per rafforzare la struttura e ampie finestre di vetro interamente retraibili per aprire lo spazio interno.
I progetti non miravano solo a suggerire soluzioni domestiche, ma intendevano anche sperimentare soluzioni alternative per accogliere comodamente gli ospiti, tenendo presente che alcune di queste idee potrebbero certamente essere realizzate sotto forma di padiglioni itineranti nel corso delle prossime Olimpiadi di Tokyo del 2020. Per esempio Kengo Kuma e l’appassionato botanico Seijun Nishihata hanno proposto un giardino acquatico sistemato sotto una struttura a scacchiera. Permetteva alle persone di vivere in un ambiente naturale controllato dove potevano anche immergere i piedi nell’acqua e apprezzare gli aspetti materiali dello spazio. Pure interessante è stata la collaborazione tra un produttore di bevande e Go Hasegawa, uno dei progettisti della Cedar House di Yoshino-sugi di cui si è detto, che ha esposto un padiglione dove riposare prendendo un caffè e godere dello sventolare alla brezza del tessuto di lino del soffitto.
Altre impostazioni, come la Woodgrain House, collaborazione tra un’azienda grafica e lo Hara Design Institute diretto da Kenya Hara, si sono dedicate a sperimentare più a fondo le tecnologie di stampa correnti, in grado di riprodurre motivi superficiali simili al vero, con le caratteristiche sensoriali del legno naturale.
La decima casa, dell’architetto Jun Igarashi e del designer d’arredamento Taiji Fujimori in collaborazione con una società che produce prodotti per il mondo dell’acqua, era un’analisi spaziale dedicata al concetto di ‘finestra viva’. Il risultato era uno spazio centrale curvo organizzato per aperture programmatiche che fungevano da soglie allungate in grado di consentire specifiche funzioni domestiche.
Gli ultimi due progetti tornavano a riflettere sugli usi alternativi delle tecnologie del futuro. Il primo, frutto della collaborazione tra un costruttore automobilistico e Kengo Kuma, mirava a valorizzare l’uso dell’energia verde generata da un’automobile ibrida per alimentare delle strutture a tenda. L’altro, concepito da una società di infrastrutture culturali e dallo Hara Design Institute, considerava il collegamento senza fili come un ‘tetto virtuale’ dove oggi le famiglie possono collegarsi tra loro.
Il peso del settore privato nella prosperità economica del Giappone è innegabile, così come lo sarà l’importanza della collaborazione progettuale per le prossime Olimpiadi di Tokyo del 2020. Ed è anche innegabile che gli interessi delle aziende hanno innescato reciproche rivalità e competizioni aspre. Nei programmi di intervento del Giappone ci sono ancora molte lacune che potranno essere colmate solo dopo aver individuato un terreno comune, dove tutti possano liberamente condividere le rispettive conoscenze e applicarle, come nel caso di questa mostra.
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