La casa giapponese ha a lungo affascinato europei e americani. Scriveva Frank Lloyd Wright nella sua autobiografia: “Avevo infine trovato un Paese sulla terra in cui la semplicità, in quanto ‘naturale’, regna suprema. I pavimenti di queste dimore giapponesi sono tutti costruiti per viverci: per dormirvi, per inginocchiarvisi e mangiare, su soffici stuoie di seta, e meditare. Pavimenti sui quali sonare il flauto, o sui quali amare.”[1]
La lezione della casa giapponese
A Parigi, la mostra “Japon, l’archipel de la maison” declina la casa giapponese in vari modi differenti, offrendo un panorama illuminante della cultura nipponica e un ricco catalogo di spunti di riflessione.
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- Léa-Catherine Szacka
- 06 agosto 2015
- Parigi
Nel 1943, Wright informava l suoi corrispondenti occidentali dell’adattabilità e della versatilità della casa giapponese, apprezzandone l’assenza di decorazione e la “bellezza dei semplici materiali che usano”. Proseguiva descrivendo il tatami, il tradizionale materassino di paglia di riso di circa un metro per due che determina tutte le misure della casa giapponese, su cui si cammina soltanto scalzi.
Ma, a parte questa nozione comune, che altro sappiamo della casa giapponese? Che aspetto ha realmente la casa giapponese contemporanea? Come ci si abita, come ci si vive? La mostra “Japon, l’archipel de la maison” (“Giappone, l’arcipelago della casa”), aperta alla Cité de l’architecture et du patrimoine di Parigi dal 24 giugno al 7 settembre, offre, nonostante il tono sommesso, una buona risposta a queste domande, conducendoci a visitare oltre 70 abitazioni giapponesi.
“Japon, l’archipel de la maison” riflette l’incontro imprevisto dei quattro curatori: Véronique Hours, Fabien Mauduit, Jérémie Souteyrat e Manuel Tardits. Dopo dieci anni di esperienza di lavoro in architettura a Parigi, Hours e Mauduit si erano recati in Giappone con l’intenzione generica di studiare un gruppo di case giapponesi. Senza che fosse previsto conobbero Tardits, architetto e docente francese, e Souteyrat, fotografo pure francese, che vivevano ciascuno per conto suo in Giappone ma lavoravano entrambi, in modo complementare, sul tema dell’abitazione giapponese. Insieme, nell’intento di analizzare la cultura giapponese al di là della pura sfera privata – nonché nei suoi rapporti con la condizione urbana e la società in generale – hanno dato vita a una mostra itinerante di 200 metri quadrati già presentata a Poitiers, a Rouen e a Nizza, e che presto sarà spedita a Losanna in attesa di raggiungere il Giappone.
“Japon, l’archipel de la maison” è un esercizio di stile. Declina la casa giapponese in vari modi differenti, in tre categorie: “Case di ieri”, “Case di Tokyo” e “Case di oggi”. Nell’intreccio di queste tre sezioni distinte, completate da una serie di cortometraggi che conducono il visitatore dentro le case, la mostra realizza pienamente il suo potenziale e diviene un’esperienza davvero poetica, svelando la casa giapponese come campo di sperimentazione. La casa ha un’apparenza effimera. Le case giapponesi in generale sono concepite per durare approssimativamente solo venticinque anni e sono costruite in economia.
“Case di ieri” dà conto del contesto: 14 case giapponesi significative costruite tra il 1933 e il 1984 offrono una panoramica tipologica, un eccezionale repertorio di forme e di idee che hanno ispirato gli architetti giapponesi contemporanei. Senza essere esaustiva la selezione comprende architetti celebri come Kenzo Tange, Toyo Ito e Arata Isozaki, Kazuo Shinohara, ma anche figure meno note come Yoshida Isoya e Seike Kiyoshi. Presenta per esempio il lavoro di Kikutake Kiyonori che realizzò nel 1958 la “Casa del cielo”, costruita in calcestruzzo (invece che con il legno tradizionale) e sopraelevata su pali a quattro metri dal suolo.
“Case di Tokyo” è un servizio fotografico di Jérémie Souteyrat che comprende 36 ritratti di case unifamiliari nel loro contesto: da Kengo Kuma a Architecton, a ALX, a Sou Fujimoto. Si scoprono qui non solo le abitazioni, ma la vita di Tokyo. Tutte le inquadrature sono in esterni e colgono particolari divertenti della capitale nipponica: passanti come un ciclista, delle famiglie, un poliziotto… Compaiono qui la vegetazione circostante, i segnali stradali e altre particolarità del panorama di Tokyo.
“Case di oggi” comprende venti casi di studio relativi ad abitazioni di circa cento metri quadrati costruite tra il 1993 e il 2013 da architetti famosi o meno noti: da Shigeru Ban e l’Atelier Bow Wow a Mika e Daisuke Sugawara. Veduta, soglia, economia di spazio e funzionalità estrema sono alcuni dei temi analizzati attraverso questo ricchissimo catalogo di forme abitative, concepite per famiglie da uno a cinque componenti. Ogni abitazione, preventivamente presentata tramite una sezione schematica, si può in seguito scoprire grazie a un’analisi particolareggiata per testi e immagini. “Case di oggi” è il cuore della mostra, su cui sono confluite le attenzioni del gruppo dei curatori, dalla ricerca storica all’analisi estetica attraverso il cinema e la fotografia, fino al lavoro più propriamente architettonico e scenografico.
Essenziale e omogenea, la mostra riflette la semplicità del progetto giapponese. È stata specificamente pensata per gli spostamenti: ha un allestimento espositivo leggero basato sulle misure del tradizionale tatami giapponese e interamente fatto di compensato di pioppo (scelta economica conveniente quanto riferimento a un materiale spesso usato nelle case giapponesi). Oltre alle tre sezioni principali “Japon, l’archipel de la maison” comprende una serie di cortometraggi che mostrano come si vive dentro le varie abitazioni. Al di là della qualità della scenografia e della completezza della ricerca, la mostra offre un panorama illuminante della cultura giapponese e un ricco catalogo di spunti di riflessione.
Negli anni Quaranta, Wright accolse l’ispirazione della casa giapponese che considerava “un esempio perfetto della standardizzazione moderna”[2]. Costruita su questi principi, la casa giapponese contemporanea è andata oltre la standardizzazione: spesso poco ortodossa, è un esempio di creatività e di inventiva pur rimanendo semplice e compatta. Oggi, quando si prevede che nel 2050 il 66 per cento della popolazione mondiale vivrà nelle aree urbane, è certamente il caso di guardare all’Oriente e di ascoltare la lezione della casa contemporanea giapponese.
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Note
1. Frank Lloyd Wright, An Autobiography, Warwick, Pomegranate Europe, 2005 (prima edizione: 1943), p.196 (trad. it. di Bruno Oddera, Una autobiografia, Milano, Jaca Book, 1985, p. 175).
2. Ibid. (trad. it., p. 176).
fino al 7 settembre 2015
Japon, l’archipel de la maison
Cité de l’architecture et de l’architecture