Dal primo piano allo sfondo, l’occhio è guidato, e le viste sono infinitamente retrocesse, in una sceneggiatura che cura meticolosamente la composizione e l’inquadratura.
Continuando questa metafora, Atelier ha creato fotogrammi visivi successivi che allargano le dimensioni e abbatteno le distanze tra gli esseri umani e gli animali. Il tempo, come una quarta dimensione, diventa parte della percezione, registrando il cambiamento costante dei paesaggi, mentre ci muoviamo attraverso le stagioni e gli anni. E, infine, l’immaginazione agisce come una quinta dimensione, con la suggestione che completa il paesaggio mentale e definisce questa composizione multidimensionale.
Alternando vedute generali e immersione totale, il circuito si srotola come un nastro lungo la successione di paesaggi contrastanti. Lo zoo utilizza diversi dispositivi paesaggistici tradizionalmente utilizzati nell’arte dei giardini per ridurre i confini, inquadrare le viste e nascondere alcuni elementi.
La topografia viene utilizzata come strumento per guidare i visitatori di sorpresa in sorpresa senza rivelare la successiva tappa del percorse come mezzo per esaltare la Grande Roccia, ingrandendo i suoi 65 metri con un punto di vista ribassato.
Le biozone non sono mera imitazione della natura idealizzata trasposta nel cuore di Parigi: Atelier lavorato sulla suggestione, giocando con i riferimenti visivi – i colori, la materia, i livelli e le superfici – per portare il visitatore nella giusta atmosfera. I paesaggi sono stati completamente inventati a partire dalle caratteristiche essenziali dei siti originali.
Così le distese del Sahel e le pianure vuote della Patagonia sono evocate piegando il terreno e distribuendo colori e materiali specifici di ogni luogo, le foreste del Madagascar dalla densità e dalle altezze della sua flora. Questa dissimulazione delle tracce ha portato alla progettazione di luoghi unici attraverso i loro paesaggi, i loro spazi e la loro diversità. I visitatori non sono sono né “qui” o “là”, ma in un “intra-mondo” che genera disorientamento.
Questo disorientamento è aumentato da viste occasionali al di fuori dei giardini, sulla frangia di edifici che costeggia Avenue Daumesnil e sul lago del Bois de Vincennes: la loro presenza rafforza la sensazione di essere in un luogo singolare, all’interno di una scatola nel cuore della città. Per il resto, tutti i riferimenti a un ambiente urbano sono eliminati: non ci sono strade o marciapiedi a ostacolare il libero girovagare dei vistatori.
Qui lo zoo recupera la sensazione dei grandi giardini zoologici europei (in particolare del Tiergarten di Berlino e dello zoo di Londra), che giocano il ruolo di enclave verde in un contesto ad alta densità urbana.
Parco Zoologico di Parigi (Vincennes Zoo), Parigi
Tipologia: zoo
Project Management: Atelier Jacqueline Osty & Associés
Consulente di ricerca: Mikaël Mugnier
Project Manager: Camille Piot (architetto) e Renaud Riboulet (architetto paesaggista)
Per le 5 voliere: Lionel Orsi Architect,
Progetto architettonico dei nuovi edifici: Bernard Tschumi urbanistes Architectes con Véronique Descharrières
Progetto architettonico degli edifici tecnici e ristrutturati: Synthèse Architecture con Bernard Hemery
Scenografia dei terrari e segnaletica didattica e direzionale del Parco: El Hassani & Keller
Tecnica dei fluidiescluso il trattamento dell’acqua dello stagno: SETEC Bâtiment
Aree tecniche: Bouygues Bâtiment-Île-de-France
Area: 34,5 acri
Completamento: 2014