La contemporaneità affronta oggi un paradosso: Kate Stohr di Architecture for Humanity sostiene infatti che “in questo momento l’architettura si rivolge unicamente a una percentuale bassissima della popolazione globale. Ciò nonostante, gran parte dell’attività costruttiva ha luogo soprattutto nelle nazioni emergenti”. Trainati dall’esempio di quest’associazione non profit, sono nati negli ultimi anni diversi gruppi che, partendo da attività di volontariato, raccolgono fondi e costruiscono edifici di qualità nelle zone più povere del mondo. Il collettivo americano GAC (General Architecture Collaborative), che ha sede a Boston, Charlottesville, New York, San Francisco e Syracuse, opera, per esempio, in Bangladesh, Haiti, Ruanda, Sudan e Albania.
GAC compie un altro passo in questo processo. Accanto al reperimento delle risorse finanziarie e alla progettazione architettonica, assiste gli abitanti dei luoghi in cui interviene nell’acquisire le conoscenze teoriche e manuali dei metodi costruttivi. Ottiene così un duplice risultato: da una parte, i locali acquisiscono un sapere pratico che possono replicare in altre occasioni e, dall’altra, vanno soggetti a un processo di appropriazione degli edifici che ne assicuri in seguito la conservazione in buone condizioni.
GAC ha proposto agli abitanti di Masoro di adottare EarthBag, una tecnologia edile a basso costo, applicata in passato per costruire bunker e adeguata agli usi civili da Johnny Anderton di Eternally Solar, un’agenzia sudafricana. Gli EarthBags sono sacchetti di polipropilene che vengono riempiti di terra, posizionati l’uno sopra l’altro per erigere muri e, in un secondo momento, resi stabili. Il cemento, materiale costoso e d’importazione, viene così utilizzato solo per realizzare le fondazioni e i travetti sopra le porte e le finestre. C’è una certa ironia nell’aver adottato il polipropilene come componente di una costruzione sostenibile: è infatti un prodotto di scarto del processo di produzione petrolifero e, come tale, non scomparirà certo presto. Allo stesso tempo, è praticamente indistruttibile, quando è protetto dalle radiazioni solari.
Yutaka Sho e gli studenti del KIST hanno istruito gli abitanti di Masoro nell’utilizzo dei sacchetti di EarthBag mettendoli in grado di costruirsi un’abitazione in tre mesi. Allo stesso tempo, hanno fornito delle nozioni progettuali, in modo che i nuovi alloggi rispettino gli stili di vita e le condizioni meteorologiche della regione. La pianta dell’abitazione prevede un portico protetto da un tetto spiovente, in modo da consentire ai residenti di compiere al coperto, durante la stagione della pioggia, attività che tradizionalmente vengono eseguite all’aperto: cucinare, lavare i panni ed essiccare fagioli e manioca.
The Masoro Village Project, Masoro, Ruanda
Progetto: GAC
Design team: Yutaka Sho (architetto responsabile del progetto e della costruzione, GAC); James Setzler (architetto partecipante alla costruzione, GAC); Michael Beaman (architetto e grafico, GAC); Zaneta Hong (architetto e grafico, GAC); Killian Doherty (AFO, consulente); studenti del Kigali Institute of Science and Technology (KIST) – Theophile Uwayezu, Doreen Ingabire, Rene Isabane, Patrice Ndababonye
Consulente per la struttura: Johnny Anderton, Eternally Solar
Direzione lavori: GAC con gli studenti Riaan Hough, Earth Kaya
Lampade solari: Great Lakes Energy
Landscape design: GAC
Pavimento di terra battuta: Earthenable
Committente: gli abitanti di Masoro, l’associazione Dushyigikirane
Area costruita: 86 m² (lorda)
Costo: 7.865 Euro
Fase progettuale: novembre 2011 – giugno 2013
Fase costruttiva: giugno 2013 – settembre 2013