Si fa presto a dire cloud. I nostri dati non sono più custoditi in memorie fisiche sparse tra casa e ufficio, in hard disk sulla scrivania o nel cassetto, in schede di memoria diligentemente etichettate. Ma da qualche parte sono. Che siano nelle nuvole è solo una illusione. I dati riposano in data center fisici, talvolta geograficamente remoti, altre volte più vicini di quanto immaginiamo.
È quindi una ideale passeggiata tra le nuvole di dati quella tra i corridoi del data center Elmec di Brunello, una cinquantina di chilometri a nordovest di Milano. Si percorrono corridoi di sale immacolate, con il cablaggio sospeso e il ronzio sottile delle macchine a riempire lo spazio. “È stato interamente disegnato e costruito da un gruppo di ingegneria”, spiega un po’ come disclaimer, ma con una evidente punta d’orgoglio Andrea Fiori, Delivery Operations Director di Elmec. Le cabine che contengono le macchine si chiamano armadi, spiega Fiori. Ce ne sono 70 per ogni sala. In tutto, nel data center, sono custoditi i dati di 10mila server. E di molte importanti aziende italiane.
Elmec nasce a Varese nel 1971. Il nome non rimanda alle iniziali dei fondatori, Clemente Ballerio e Cesare Corti, come accade solitamente per le aziende italiane di quegli anni. Elmec abbrevia “elaborazione meccanografica”, una tecnologia di archiviazione dati di mezzo secolo fa, quando l’informatica è ancora pionierismo. Oggi l’azienda ha circa 700 dipendenti, in costante crescita – nell’ultimo anno sono aumentati del 7% e si articola in quattro diverse unità: quella informatica, la sicurezza digitale, e poi energia solare e stampa 3D. Con la gestione dei dati che è ancora un pilastro del suo business.
Con diverse sedi in Italia e una in Svizzera, è a Brunello che Elmec ha il suo quartiere generale. Negli anni la sede dell’azienda si è allargata in questa striscia di terra, costruendo una cittadella ai due lati di una strada che attraversa una campagna punteggiata di capannoni industriali prima di tuffarsi sotto l’autostrada dei laghi.
Il data center risale al 2015, fa seguito alla acquisizione di un lotto industriale dove sorgeva una fabbrica siderurgica dotata di una componente cruciale: una torretta elettrica. Perché un data center non può spegnersi, ovviamente. E le macchine vanno costantemente raffreddate. La posizione aiuta: vicino alle montagne, in uno spazio con aria fresca. Le sale server sono rivolte verso nord.
Il campus di Elmec a Brunello è costituito complessivamente da cinque edifici modernissimi, numerati da B1 (Workplace Hub) a B5 (Innovation Hub), che ospitano una forza lavoro mediamente molto giovane. La predisposizione di flessibilità nasce ancora prima del Covid, momento in cui abbiamo cominciato a mettere in questione cosa possa essere oggi un posto di lavoro. Soprattutto uno che non si trova in centro città, con tutti gli ovvi servizi annessi o a portata: posti dove mangiare, spazi dove svagarsi, la palestra o il parco per allenarsi.
La proposta di Elmec è una sede che vuole essere “il miglior posto dove poter fare anche smart working”, spiega a Domus, con una formula che sembra un paradosso, Xania Bellinzani, Corporate Marketing Communications dell’azienda. Per facilitare gli spostamenti, l’azienda mette a disposizione punti di ricarica per le auto elettriche nei parcheggi, un'iniziativa di bike to work e quello che internamente chiamano “blablaelmec”, un carpooling. Il tutto facilitato dall’essere una azienda che può rendere smart il modo di lavorare dall’interno, grazie alle enormi competenza tecnologiche.
Esploriamo gli spazi dedicati ai servizi per i dipendenti: ci sono il calzolaio, la sartoria, la lavanderia e un mercatino di oggetti second hand tra cui una grande selezione di computer e tablet ricondizionati. E poi una palestra perfettamente attrezzata e all’avanguardia, con un sistema digitale di allenamento che riconosce chi sta usando le macchine e tiene traccia dei progressi compiuti.
Quando entriamo, in pieno pomeriggio, un gruppetto di ragazzi giovani e sorridenti si sta allenando. Una scena che fa un po’ telefilm sulla Silicon Valley e che al netto dell’ovvio dubbio se Elmec abbia assunto dei figuranti per Domus, racconta l’attrattività reale che è stata costruita in questo luogo, innestata sulla scia di tanti campus tecnologici sorti nei sobborghi non solo californiani. Dietro al racconto mitologico del campus americano, che nell’immaginario collettivo ha trasformato cubicoli che sanno di mensa e calzini nel sogno di uno spring break senza fine per tutte le età, si cela invero un nucleo di verità essenziale, troppo spesso sottovalutata: l’importanza di avere una comunità intorno al luogo del lavoro.
È qualcosa che non si realizza in un giorno, ma mattone dopo mattone, mediante l’attuazione di scelte progettuali dello spazio, una precisa filosofia del lavoro, e perché no, la comprensione del target anagrafico. Che qui è giovane, anche giovanissimo. “Noi possiamo lavorare in smart working”, spiega Bellinzani. Una libertà che oggi sembra il minimo per attrarre lavoratori millennial e gen Z. “Magari poi veniamo in Elmec anche solo per mangiare”, aggiunge.
Proprio il ristorante è l’ultimo grande nuovo spazio della sede di Elmec. Se n’è occupato Sergio Bosetti, un passato in Karlsberg come direttore di stabilimento, sbarcato a Brunello 6 anni fa per la costruzione del data center, che definisce come “il fiore all’occhiello” della sede. La nuova sfida era creare un luogo aziendale così attrattivo “da attrarre le persone alla Elmec”, spiega lui.
Il risultato finale è uno spazio che nasce come ristorante ma si scopre multifunzionale, una vera e propria sala operativa, sottolineando che “era un peccato avere uno spazio così bello e usarlo solo per mangiare”. Da un lato, quindi, le tre isole per il cibo – healthy, sfizioso, classico – e la pizzeria, ma dall’altro delle salette che possono essere usate per fare riunioni. Uno dei più grandi schermi LG in circolazione e un dehor dove pranzare quando arriva la bella stagione.
La componente tecnologica è importante anche nel ristorante, come nel resto dell’azienda: tutto lo sviluppo è stato realizzato internamente, interpellando poi aziende che si occupano di impiantistica o che realizzano cucine; cucine che qui funzionano in cloud, dove si prepara un menù “a chilometro buono”. C’è attenzione per la salute, ma non solo. Anche contro gli sprechi. E per rendere più facile la vita dei dipendenti, che magari alla sera non hanno tempo per cucinare, sono stati creati tre frigo take-away intelligenti e connessi “zero sprechi”, da cui i dipendenti possono conservare gli avanzi del pranzo e portarli a casa.
“Qui la schiscetta te la porti da lavoro, non viceversa”, conclude Bosetti, sorridendo mentre percorre con lo sguardo l’enorme sala ristorante. Ribadendo il concetto di una sede che ha ripensato il concetto di quel che di solito è, diventando quel che dovrebbe essere. Il posto migliore per andare a lavorare.
Le immagini sono state scattate da Stefano Anzini e fornite da Elmec Informatica