Una grande scala abitabile di colore giallo di 100 gradini, che salgono direttamente dal cortile all’ultimo piano della rinnovata Haus 1. Un elemento funzionale che è anche una scultura e si pone come il simbolo del rinnovo non solo di una palazzina di metà anni novanta prima anonima, ma dell’intero complesso degli Atelier Gardens, potente operazione di rigenerazione di un’area con affaccio sulla sterminata spianata dell’ex aeroporto berlinese di Templehof.
Andiamo per ordine: siamo in un distretto berlinese dalla vocazione industriale, nella parte meridionale della città, incastrato tra la nuova area fu malfamata e ora cool di Neukölln (ma non la sua parte più cool) e appunto lo storico aeroporto dismesso nel 2008 e poi diventato parco (e nuova icona della città). Nella collegatissima Berlino qui passa solo un bus, il 246, e saltuariamente. Niente U-Bahn, niente S-Bahn. Di fronte allo stabilimento dei celebri biscotti Bahlsen, Fabrix, azienda di sviluppo e investimento britannica specializzata in operazioni di questo genere, sta trasformando il sito centenario degli ex studi televisivi Berliner Union Film in un campus di sei acri dedicato all’impresa sociale e ambientale, e all’arte, senza perdere la vocazione cinematografica. Qui hanno trovato una casa il gruppo di branding Thinkfarm, il movimento per la lotta climatica Fridays for future e l’organizzatore di programmi educativi Travelling U, tra gli altri.
Il masterplan coinvolge lo studio berlinese Hirschmüller Schindele Architekten e i britannici Harris Bugg Studio che curano la parte di landscaping, ed è guidato da Mvrdv. Lo studio olandese si è preso anche in carico la rigenerazione della palazzina di ingresso del complesso, che prima era circondato da un muro, abbattuto come segnale di apertura verso la città. È così che una anonima costruzione della seconda metà degli anni novanta è stata trasformata in Haus 1, un edificio di 1747 metri quadri concepito come “landmark dell’area” e che si pone come “nuova visual identity dell’intero campus”.
L’edificio di quattro piani è stato completamente ripensato. Prima cosa con la colorazione gialla, che spicca nel paesaggio monotono di questa periferia berlinese (“Perché giallo? Perché sì, poteva essere qualsiasi colore”, spiega Mvrdv). Al piano terra un caffè immaginato come spazio di co-working e incontro, con un concierge che accoglie i visitatori del campus e li indirizza se necessario. Salendo gli spazi dedicati agli uffici. Il rooftop viene completamente reinventato, con un padiglione in legno clt e un giardino che si affacciano sulla spianata di Tempelhof e sulla città di Berlino, con il suo accrocchio di edifici riconoscibilissimi ma dove gli elementi simbolici sono rarefatti - che poi è la gloria di questa città vastissima, spesso weird, per vocazione modesta e sempre più gentrificata dal massiccio afflusso di giovani expat. In lontananza, si scorge chiaramente l’inconfondibile torre della tv di Alexanderplatz.
Tutto il progetto è realizzato con grande attenzione alla sostenibilità dell’edificio, ovviamente, vista la sua vocazione del luogo di cui fa da cancello. Materiali biobased e legno sostenibile si alternano a quelli ad alta componente di riciclo. Tutte le luci sono led ad alta efficienza energetica.
In una giornata nevosa di fine novembre, nel ristorante degli Atelier Gardens, subito di fianco agli studi di posa dove qualche settimana fa Bmw ha girato un commercial, con un menù che fa largo uso di elementi di riuso secondo una filosofia zero-waste, Klaas Hofman di Mvrdv racconta a Domus il progetto del campus, del nuovo edificio e prima di tutto della gigantesca scala. “Prima di tutto risolve una questione pratica, quella dell’uscita di emergenza”, spiega l’architetto. E poi ha un altro aspetto funzionale, aggiunge, ovvero quello di creare un nuovo accesso all’ultimo piano, che nella sua configurazione rinnovata è pensato per ospitare eventi - anche la conferenza stampa di Haus 1 si è tenuta lì.
Sicuramente l’elemento più affascinante del progetto della scala, oltre alla sua dimensione, alla particolare collocazione che la trasforma automaticamente in elemento simbolico, e alla particolare configurazione a segmenti - doveva essere circolare, all’inizio, premette Hofman- è la sua abitabilità. Lungo i 57 metri di lunghezza sono stati disseminati tavolini tondi e sedute. Il parapetto è alto e non poteva essere altrimenti per motivi di sicurezza, aggiunge, ma resta l’affaccio notevole sul panorama berlinese - e su quello del campus stesso. Farà zig zag tra gli alberi, racconta Hofman, questa scala che nelle intenzioni di chi l’ha progettata è “iconica, ma non monumentale”.
Con l’arrivo della primavera sarà il verde infatti a inondare l’area degli ex Bufa. In linea con il ridisegno del paesaggio fatto da Harris Bugg Studio, sono stati piantati oltre 57 nuovi alberi e 8300 piante. Sono solo un terzo di quelli che vedremo qui. Un intervento non semplicemente estetico, o che renderà lo spazio più godibile per i visitatori, ma anche funzionale e simbolico, di “resilienza climatica” dell’area, che si accompagna a iniziative come il sistema per il recupero delle acque piovane e il già menzionato focus sul cibo sostenibile servito nella canteen degli Atelier Gardens. “Soil, soul, society” - suolo, anima e società - citazione dell’attivista britannico Satish Kumar, è il motto del campus, che si è posto la missione di coltivare il suolo, non solo metaforicamente, per la trasformazione sociale ed ecologica di Berlino e oltre.
Tutte le foto courtesy Fabrix salvo dove diversamente indicato