Nel 1946, Domus nomina direttore Ernesto Nathan Rogers. La sua ricerca verte su “La casa dell’uomo”. È l’immediato Dopoguerra, Domus si concentra sull’urgenza della ricostruzione. Il tema centrale di questo numero di gennaio, “Il sentimento oceanico”, sposa una visione più ampia della vita sulla Terra, mentre in febbraio parleremo della sensorialità umana con “Questioni di percezione”. “Urbanistica: lavorare con il dubbio”, sarà il focus del numero di marzo, che indaga la densificazione delle città e il contemporaneo ripristino delle aree naturali. In aprile tratteremo “Il pensiero stocastico / la sintesi delle arti”, il collegamento con le scienze e il ruolo cruciale che le arti svolgono per il benessere spirituale dell’umanità. Dopo essere partiti con la macroscala su questo numero di gennaio, in maggio scenderemo alla microscala con “Spazio ineffabile, spazio incommensurabile”. I primi cinque numeri della rivista sono collegati tra loro e mettono in rilievo l’interconnessione di tutte le cose.
I progetti presentati in questo numero di Domus aspirano a esprimere il concetto che gli esseri umani sono assolutamente dipendenti dagli altri organismi con un senso artistico aperto, sconfinato, una sensazione di qualcosa di illimitato... oceanico.
Nel 1930, nel suo volume Il disagio della civiltà, Sigmund Freud così descrive il sentimento oceanico: “È una sensazione che si vorrebbe chiamare di eternità, sensazione di qualcosa d’illimitato, senza confini, qualcosa di oceanico”. Da bambino, mio padre mi portava a pescare nel Pacifico al largo della costa di Washington. Ricordo chiaramente la sensazione che si prova quando si è circondati da un orizzonte libero a 360 gradi. In una giornata limpida, è una misteriosa linea aperta di spazio infinito intorno a te. Questa impressione d’illimitatezza, di atemporalità e di infinito ha lasciato in me un’impronta incancellabile. Il nostro senso dell’oceanico viene oggi ampliato da una “infinità d’infiniti” nelle nuove immagini del telescopio spaziale James Webb. Lo studio del cosmo ci ricorda quanto poco contiamo: siamo particelle di umanità fatte di polvere cosmica.
Spheres, opera in tre volumi da 2.500 pagine di Peter Sloterdijk, ha una portata oceanica. Nato nel 1947, con questi scritti il filosofo ha cercato di fare un passo avanti rispetto a Essere e tempo, il compendio del pensiero esistenziale di Martin Heidegger del 1927. Ciò che rende il progetto di Sloterdijk importante per artisti e architetti è il suo carattere spaziale. L’argomentazione di Sloterdijk è architettonica e si muove dalla microscala del grembo materno e della famiglia in Bubbles: Volume I, alla circolarità del mondo in Globes: Volume II, alla macroscala – quella oceanica – in Foams: Volume III, che si concentra sulla fenomenologia della comunità. L’affermazione del filosofo spagnolo José Ortega Y Gasset “Io sono io e la mia circostanza” rappresenta la massima su cui poggia la tesi in base alla quale il filosofo deve abbandonare le convinzioni preesistenti e scrivere per il proprio tempo e le proprie circostanze.
Liberandosi dalla condizione di essere “dentro un destino dato”, Ortega Y Gasset sosteneva che “in questo destino vincolato dobbiamo quindi essere attivi, decidere e creare un progetto di vita”. Scrisse anche: “Immaginate una città costruita da brillanti architetti motivati solo dall’opportunità di mostrare il proprio particolare stile e talento... nient’altro che un cinico, palese, intollerabile capriccio...”.
Il fisico teorico Carlo Rovelli sostiene che oggi “il problema della coscienza prende il posto del significato di anima, spirito, soggettività, intelligenza, percezione, comprensione”. Tuttavia a noi esseri umani, in mancanza di figure aliene con cui misurarci, non rimangono che gli animali o noi stessi per confrontarci con la nostra coscienza. Molte creature condividono la nostra capacità di interagire, prevedere, osservare, comunicare e, forse, anche di amare e soffrire. Rovelli scrive che tra i dieci libri più importanti sulla natura della coscienza, il secondo è Other Minds: The Octopus, the Sea, and the Deep Origins of Consciousness di Peter Godfrey- Smith. Questo libro del 2016 sui polpi, abitanti curiosamente intelligenti degli oceani, ha ispirato il sorprendente film My Octopus Teacher del 2020, diretto da Pippa Ehrlich e James Reed, una storia vera sul rapporto tra un uomo e un comune polpo.
Lo studio della biodiversità ci apre a riflessioni come quella sulla coscienza di un polpo, con i suoi neuroni cerebrali distribuiti su otto tentacoli, ognuno dei quali può pensare. Della grande balena azzurra, quanti esemplari sono rimasti? Da 140.000 a 5-10.000? Animale oceanico di 199 tonnellate, lungo 22 metri, ha un cuore lungo 1,5 metri che pesa 181 chili, il più grande del pianeta. Il poeta Jim Harrison ha scritto che “Il suo cervello è abbastanza grande da permettere a un uomo di dormirci sopra”.
Il lavoro di E.O. Wilson sulla biodiversità, iniziato negli anni Settanta, si è concretizzato nel libro Biodiversity del 1988, che illustra le sorprendenti relazioni naturali tra le forme di vita delle specie vegetali e animali. L’Half-Earth Project di Wilson prevede la mappatura della distribuzione delle specie in tutto il mondo, identificando i luoghi in cui l’uomo può proteggere il maggior numero di specie. In Metà della Terra scrive: “Propongo che solo affidando metà della superficie del pianeta alla natura possiamo sperare di salvare l’immensa quantità di forme di vita che lo compongono”. Il concetto di “metà della Terra” di Wilson pone la biodiversità al centro di ogni futura teoria urbana dello sviluppo del paesaggio. In questa prospettiva, la teoria umanocentrica viene ribaltata, poiché le rotte migratorie delle specie biodiverse sono considerate più importanti dei modelli di città a espansione orizzontale. L’idea di insediamenti densi e di densità metropolitana consente di preservare maggiormente il paesaggio naturale e gli ecosistemi, così importanti per la biodiversità. Anziché all’espansione orizzontale delle città, l’attenzione è rivolta all’intero paesaggio della Terra.
In che modo urbanisti e architetti possono far proprio questo “progetto per la vita”? Forse creando mini-utopie che ripristinino o preservino ampie sezioni di paesaggio naturale con un’architettura ecologica e non usino combustibili fossili facendo ricorso a riscaldamento e raffreddamento geotermico e all’energia solare.
Nei miei progetti Edge of a City (1989- 1991), abbiamo proposto di ripristinare il paesaggio naturale ai margini delle città americane e di costruire nuovi insediamenti comunitari ad alta densità. Concentrandosi sulla semplicità e sulla chiarezza del progetto di una casa rurale, Alvar e Aino Aalto hanno scritto che ogni abitazione è “concepita come una mini utopia”. Una nuova casa rurale che si erge a sentinella, proteggendo diversi acri di paesaggio naturale, costruita secondo ideali ecologici (senza combustibili fossili) è forse in grado di realizzare un frammento della visione di “metà della Terra” di Wilson con un idealismo del XXI secolo.
Lo studio del cosmo ci ricorda quanto poco contiamo: siamo particelle di umanità fatte di polvere cosmica.
Negli Stati Uniti, 34,3 milioni di ettari – solo il 3,6 per cento della superficie – sono destinati a parchi e riserve nazionali. Per raggiungere l’ideale di E.O. Wilson, occorre fare molto di più. Dal 1963, sforzi collettivi come quello di Scenic Hudson hanno trasformato la Hudson Valley acquistando e preservando enormi sezioni di paesaggio naturale. Nel suo saggio The human condition del 1958, Hannah Arendt delinea un processo di realizzazione delle teorie. Questa “teoria dell’azione” è uno dei suoi maggiori contributi al pensiero filosofico del XXI secolo. Invece della “vita contemplativa”, Arendt chiama alla vita activa.
L’obiettivo di elaborare idee che affrontino la nostra condizione moderna tramite una “teoria dell’azione” incarna le idee in nuove creazioni, una sfida per tutti gli architetti, gli artisti e i designer. I progetti presentati in questo numero di Domus aspirano a esprimere il concetto che gli esseri umani sono assolutamente dipendenti dagli altri organismi, con un senso artistico aperto, sconfinato, una sensazione di qualcosa di illimitato... oceanico.