Il 2023 è un anno cruciale per Domus, come ha sottolineato Giovanna Mazzocchi Bordone, presidente di Editoriale Domus nel presentare i Guest Editor di quest’anno, Steven Holl e Toshiko Mori: un’evoluzione, costituita dall’affidare la rivista a due figure, unite dalla visione di una connessione tra discipline, tra architettura, arte e design, sempre più necessaria nel panorama culturale contemporaneo. Due figure che sono al tempo stesso figure di professionisti, insegnanti e intellettuali, come ha confermato Walter Mariotti, direttore di Domus, caratteristiche che raramente riescono a presentarsi tutte insieme.
“Da una vita per me Domus è LA rivista di architettura design e arte” tiene a esordire Holl “Questo lavoro per me rappresenta un onore, ma anche un grande impegno, per questo ho chiesto di poterlo affrontare con Toshiko Mori. Per i miei cinque numeri procederò dal macro verso il micro.
Parto dal primo numero, l’Oceanico: le galassie, Buckminster Fuller, l’idea di mezzo pianeta, l’oceanico come rivelazione. I progetti, poi, abitazione rurale e insediamenti densi. La percezione, a partire da Maurice Merleau-Ponty. La luce. Il colore secondo Anthony Titus e Jose Oubeire. L’acqua. L’architettura come enmeshed experience che si avviluppa con l’ambiente che la riceve. Proporzioni, scala e percezione, partendo dalla sezione aurea, e poi l’urbanistica, con una rassegna di otto città sulle quali ho lavorato con altrettanti autori; poi ancora il pensiero stocastico, la sintesi delle arti che rispecchia i confini sfumati del manifesto di Toshiko e mio. Il mio ultimo numero esplorerà poi il “Reame Tattile” (Haptic Realm).
“L’idea di confini sfumati unisce me e Steven perché lavoreremo senza confini” ha invece detto Mori, che aprirà la sua stagione col numero di giugno” infatti partirò dalle foreste: un tema legato alla terra, un patrimonio da vedere come una comunità, che la comunità del design deve proteggere. Il libro al centro del numero sarà Finding the mother tree di Suzanne Simard, un inno alla saggezza insita alla natura che deve essere centrale nel design: considerazione delle risorse e del loro ciclo di vita sono valori centrali, il loro impatto sulle comunità. Il numero di luglio/agosto esplorerà la memoria, un’intimità dell’esperienza umana che ci permette di capire come noi siamo connessi in una memoria collettiva così come lo sono le diverse discipline.
dobbiamo vivere come fenicotteri che si posano leggeri sulle acque limpide e, quando se ne vanno, non ne lasciano di fangose
A settembre studieremo i materiali, i creatori e i produttori: Issey Miyake è la partenza, stilista, innovatore e ricercatore di confini sfumati attraverso la collaborazione con artisti, ingegneri, architetti. Il terzo numero riguarderà la luce, la fisica dell’effimero, la sua fenomenologia e la sua ecologia. L’ultimo sarà centrato attorno al temporale, quindi ai fenomeni ambientali, alla presenza e posizione sulla Terra di noi, così provvisori e transitori, a strutture temporanee come tematiche ecologiche: dobbiamo vivere come fenicotteri che si posano leggeri sulle acque limpide e, quando se ne vanno, non ne lasciano di fangose.
Il lavoro di Holl e Mori, come sottolinea Mariotti, passando dalla forma del manifesto per tradursi nei numeri tematici di una rivista, riesce a rivolgersi a un pubblico globale pur con categorie atemporali, ma soprattutto riporta al centro la critica, e con lei un intervento concreto nel presente: “Riceviamo nella pletora di informazioni dell’oggi una specie di spray digitale privo di profondità” thoughtless, lo definisce Holl. “Domus ha già di per sé una dimensione fisica, e io mi occuperò della pratica concreta dei designer, per esplorare la profondità dei loro processi”. È la direzione del “design totale” che evoca Mori, “una grande tradizione di Domus, oggetti e scale diverse per riflettere sull’essenza del design, unendo voci diverse che esprimono una connessione emotiva con l’umanità che la dimensione digitale contemporanea mette a rischio”.
Riceviamo nella pletora di informazioni dell’oggi una specie di spray digitale privo di profondità
C’è una responsabilità politica in questo, come nell’architettura, riprende Holl “Oggi tutti noi ci rendiamo conto di vivere una vita interdipendente. Diventa necessario superare valori ancora nazionalisti, tribali e vivere come una famiglia globale. Domus per questo deve mantenere la sua dimensione non solo italiana ma globale, e per questo ho accettato questo lavoro: per dare speranza e guardare a un futuro globale. Domus può farlo, e così può il design”.
Anche per Mori “non possiamo prevedere il futuro, ma è l’architettura che può generare narrative con cui esplorare un futuro possibile, come il mondo può essere migliore se deponessimo le ossessioni di controllo e dominazione pensando alle generazioni future. Coi suoi tempi lunghi l’architettura porta a contemplare un futuro, a seguire un valore trasformativo, come vedremo nel numero sulla memoria, nella conservazione di Hiroshima come in un piano regolatore”.
Le città, infatti: “Vedremo città ricche di ispirazione, Città del Messico, Dacca” racconta Holl, “sono il miglior artefatto dell’uomo, ma io vedo anche la necessità di una loro convivenza col dato naturale, vegetale e animale, col paesaggio. Preservare, e ri-naturare.” Organismi capaci di superare innumerevoli crisi secondo Mori, ma anche segnati da squilibri, accentuati dalla crisi globale: “la relazione tra città e natura attraversa tutti i numeri della nostra Domus, la possibilità di alleviare la pressione del vivere urbano, cercare una maggiore uguaglianza nel vivere urbano. Io sono cittadina di New York, e sempre mi sono concentrata sul vedere l’altro lato della medaglia, un approccio non monolitico alla sua natura per poterne studiare la vita”.
Immagine d'apertura: Ramak Fazel