Freespace è un tributo al mestiere dell’architetto. Offre al pubblico il lato più ottimista della disciplina e lascia ai professionisti il compito di illustrarne alcune qualità essenziali. La mostra centrale celebra l’architettura nei suoi aspetti più classici e, se vogliamo, accademici: studio e rilettura dei grandi maestri, analisi dei luoghi e dei cambiamenti sociali, rappresentazione virtuosa con disegni e modellini, valorizzazione e lettura degli archivi storici. Un momento di riflessione sul rapporto tra architetto e società in chiave di produzione fisica; una pausa per prepararsi – con calma – a quello che verrà. Tra i numerosi progetti in mostra al Padiglione Centrale ne selezioniamo dieci la cui forza sta sia nel contenuto, sia nel comunicarsi al pubblico, in linea con il manifesto delle curatrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara (Grafton Architects).
Peter Zumthor. I modellini su varia scala di alcuni dei più importanti progetti dell’architetto svizzero raccontano un modo ‘lento’ di progettare. Dalle Terme di Vals alla cappella votiva dedicata a San Niklaus von Flūe, la complessità materica e paesaggistica di queste opere scultoree dicono molto sull’approccio quasi sacro al contesto, quasi più dettagliato degli edifici a cui fa riferimento.
De Vylder Vinck Tailleu. L’allestimento fotografico in una delle prime sale offre scorci del progetto PC Caritas a Melle, in Belgio. Tocca i temi del riuso, del rapporto tra nuovo e antico e mette in discussione nozioni pre impostate di spazio pubblico e spazio condiviso, stravolgendo le classiche definizioni di esterno e interno, di pubblico e privato.
Amateur Architecture Studio. La domanda a cui rispondono Wang Shu e Lu Wenyu è essa stessa progetto: “Come legittimare le strutture spontanee e illegali attraverso l’architettura?” La questione si inserisce in una Cina che assiste alla demolizione di interi villaggi urbani, quelli nati tra i grattacieli e le autostrade: costruzioni spontanee da valorizzare senza imposizioni.
Dorte Mandrup. Un progetto in Groenlandia dal segno essenziale: una serpentina di prismi che s’inserisce nel paesaggio polare. Per presentare l’Icefjord Centre, gli architetti immergono lo spettatore in un allestimento tutto bianco, che richiama la libertà degli spazi infiniti ai confini del mondo.
Michael Maltzan Architecture e Bjarke Ingels Group. Entrambi presentano grandi modelli arricchiti da video di varia natura e di forte impatto narrativo; i progetti a cui fanno riferimento sono entrambi relazionati al sociale, ma su scale diverse. Maltzan racconta gli Star Apartments, un complesso di edilizia sociale che dà alloggio a 102 senzatetto, fornendo loro migliore qualità della vita, ridando orgoglio, autonomia e dignità. BIG cita un antico proverbio greco: “una società cresce e diventa grande quando gli anziani piantano alberi alla cui ombra sanno che non potranno sedersi”. Il progetto a New York, Humanattan 2050, ha per committente la Terra, con l’obiettivo di proteggere Lower Manhattan dai cambiamenti climatici attraverso soluzioni resilienti.
Caruso St. John Architects e Cino Zucchi Architetti. Entrambi esaltano la ricchezza formale dell’architettura attraverso allestimenti godibili. Per gli amanti dei prospetti, i primi (in collaborazione con Philip Heckhausen) difendono la “generosità sociale della facciata”, indipendentemente dalla proprietà di un edificio e dalla sua destinazione d’uso. Zucchi, dal canto suo celebra l’importanza dell’architettura italiana nel mondo del progetto, con un’analisi del lavoro di Luigi Caccia Dominioni, su tre livelli: Facciate – schermi abitati delle città; Spazi interni – grotte scavate da movimento e luce; e Dettagli – intrecci narrativi tra materia e forma.
Assemble e VTN Architects. Gli ultimi due progetti sono pensati per gli spazi della Biennale e i suoi visitatori: una pavimentazione e una copertura. Nella prima sala del padiglione centrale, Assemble posa il Factory Floor, formato da migliaia di piastrelle d’argilla a encausto fatte a mano, che a un primo sguardo sembrano essere lì da sempre. Solo osservandole attentamente si intuiscono le forme psichedeliche nate della combinazione di pezzi di argilla di colori diversi sottoposti ad altissima pressione in uno stampo: pezzi unici che catturano un momento irripetibile. All’Arsenale Vo Trong Nghia (VTN) offre ombra e riposo con la Bamboo Stalactite, un’imponente struttura in bambù legata da fibre vegetali e corde, dove fermarsi e contemplare il paesaggio veneziano.
- Titolo:
- Freespace
- Padiglione:
- Centrale
- Curatori:
- Yvonne Farrell & Shelley McNamara (Grafton Architects)
- Luogo:
- Giardini della Biennale di Venezia e Arsenale
- Date di apertura:
- 26 maggio – 25 novembre 2018
- Indirizzo:
- Sestiere Castello, Venezia