La riflessione sul nostro rapporto con gli altri animali parte dalla consapevolezza, amplificata dalla pandemia, che anche noi siamo animali; l’argomento è oggetto di un serrato dibattito non solo filosofico ma anche architettonico e paesaggistico.
È ancora accettabile il paradigma secondo il quale vi è una gerarchia verticale tra i viventi in cima alla quale c’è l’animale uomo? Ed è ancora lecito lo sfruttamento violento degli animali domestici ma anche delle piante, del suolo? La risposta alla prima domanda tocca temi complessi che riguardano la scienza ma anche le religioni, alla seconda si dovrà rispondere urgentemente perché ci riguarda come individui e come organizzazione sociale, ovunque noi si viva.
In modo esemplare il team curatoriale multidisciplinare del Padiglione Israele affronta questo tema a partire dall’evoluzione del rapporto con animali e piante che si è realizzato in Palestina nell’ultimo secolo. Un’analisi storica sulla trasformazione del paesaggio che è una lezione molto chiara, esposta con fotografie, documenti e installazioni.
“Terra. Latte. Miele.” prende in esame cinque animali locali: la mucca, la capra, l’ape da miele, il bufalo acquatico e il pipistrello. Gli studi di questi casi e l’analisi zoocentrica costruiscono la storia spaziale di quel luogo in cinque atti: Meccanizzazione, Territorio, Coabitazione, Estinzione e il Post Umano.
La biblica Terra Promessa, stillante latte e miele, è in realtà una terra con un clima che va da quello mediterraneo a quello semi-desertico. Le popolazioni, umane e animali, che la abitavano agli inizi del novecento, anche se non sempre in pace fra loro, coesistevano con l’ambiente e avevano sviluppato tecniche agricole e pastorali coerenti con il luogo. Quello che ci mostra il padiglione è quanto è successo nel territorio del conflitto israelo-palestinese, la terra – e l’acqua – contesa è diventata il luogo del progetto modernista dell’abbondanza, che ne ha stravolto la fisionomia e ha distrutto – e continua a farlo – intere comunità e le loro conoscenze. Il prospero paesaggio agricolo israeliano è stato costruito a danno di animali e piante autoctoni, alcuni dei quali spariti per sempre.
Certo in questo modo è possibile nutrire gli oltre 9 milioni di israeliani e gli oltre 5 milioni di palestinesi che lì vivono – erano 690.000 in tutto nel 1912 – e persino esportare derrate alimentari, ma il prezzo è quello di uno sfruttamento delle risorse che non sembra oggi più sostenibile né accettabile. Altrettanto inaccettabile della guerra che non finisce.
- Padiglione:
- Israele
- Titolo:
- Land. Milk. Honey
- Curatore:
- Dan Hasson, Iddo Ginat, Rachel Gottesman, Yonatan Cohen, Tamar Novick
- Dove:
- Giardini
- Luogo:
- Biennale Venezia
- Fino al:
- 22 novembre 2021