Sono passate poco più di 24 ore da quando abbiamo messo piede a Venezia per la 17a Mostra Internazionale di Architettura, il primo grande evento dell’anno in Europa, e tutto sembra (sembra) come prima. La città è ancora libera dai turisti, non c’è coda davanti alla biglietteria dei vaporetti in stazione, ci sono B&B liberi a prezzi popolari e gli spritz si possono bere esclusivamente seduti ai pochi tavolini a disposizione all’aperto, ma almeno si possono bere. In molti, tra chi abbiamo incontrato provenienti dall’estero, ci hanno confessato di aver preso un volo all’ultimo minuto, la sera prima, probabilmente non del tutto convinti che alla fine si sarebbe fatta.
Tra gli indicatori di una situazione anomala la drastica riduzione dei visitatori, i flussi di persone in Arsenale, per cui alcune scorciatoie e vie di accesso sono chiuse e bisogna rispettare i sensi di entrata e di uscita (fate attenzione), le mascherine che non aiutano a riconoscersi, la misurazione della temperatura all’ingresso e, soprattutto, un buon numero di allestimenti ancora in fieri. Alcuni padiglioni apriranno più in là per via dei ritardi nelle consegne, altri sono ancora in piena costruzione ma aperti al pubblico, dando a questa Biennale un carattere decisamente umano.
La Biennale c’è, ed è un po' quella di sempre, almeno nella forma. I contenuti, invece, ci ricordano che il mondo è molto cambiato dall’ultima volta che l’abbiamo visitata. L’ingresso al Padiglione Centrale in Arsenale è un susseguirsi suggestivo di installazioni immersive che ricordano più una biennale d’arte: forse i confini tra le discipline sono veramente scomparsi? Oppure sentiamo tutti il bisogno di più arte, specie il mondo dell’architettura? I temi sono quelli che ormai da anni ricorrono e che si possono sintetizzare nel grande senso di urgenza per le sorti del Pianeta (consacrate già qualche anno fa da Broken Nature alla Triennale di Milano) rispondendo alla domanda “How will we live together?”.
Urgenza che sembra un po’ stanca, forse perché molti allestimenti erano pronti già due anni fa. Di tecnologia, ad esempio, si parla ancora poco nonostante sia all’origine del modo in cui ci comportiamo e ci relazioniamo oggi. Da un punto di vista allestitivo sempre di più le mostre nascono digitali per poi concretizzarsi nel fisico con sintesi scultoree ed ermetiche che arrivano ad estremi, come nel caso del padiglione Germania, dove alle pareti c’è solo un QR code.
In apertura: padiglione degli Stati Uniti, Biennale Architettura 2021