Un’ossidiana lucidata ritrovata a Catalhöyük, nell’Anatolia Centrale, è tra i primi reperti che gli archeologi hanno classificato come specchio. Forgiato oltre 8000 anni fa, è il precursore di una lunga e variegata successione di variazioni sul tema che si è resa via via sempre più sofisticata e pervasiva tanto sotto la forma di un piccolo bene personale che come complemento dell’abitare. Oggetto paradossale, lo specchio non fa apparentemente nulla, se non mostrarci come appariamo agli occhi del mondo. Eppure, è proprio questo atto di svelamento che induce una modifica del nostro modo di essere e apparire, aiutandoci a costruire e rivisitare senza sosta la nostra immagine e identità. Un effetto paragonabile a quello che la presenza di uno specchio induce nel mondo della casa, dove attraverso la moltiplicazione di luce, riflessi e prospettive ci induce a ripensare lo spazio che ci circonda. Molto spesso con ironia, come illustrano molti degli specchi di questa selezione.
Gli assoluti: 25 specchi imperdibili
Artefatto tra i più longevi della storia dell’uomo, lo specchio è uno strumento in grado non solo di riflettere, ma anche di costruire la nostra identità. Una carrellata tra i modelli più celebri.
Jan Van Eyck, Il ritratto dei coniugi Arnolfini, 1434, National Galley di Londra
Elena Salmistraro, Medusa, 2021
Foto pro2audio su Adobe Stock
Foto Marta Wiecek
Foto Elad Sarig
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- Giulia Zappa
- 30 agosto 2023
Van Eyck ce ne ha consegnato un esemplare emblematico nel “Ritratto dei coniugi Arnolfini”, ma l’origine degli specchi convessi è sicuramente più antica. Nella credenza medievale, la lastra riflettente e deformante aveva il compito di allontanare streghe e spiriti maligni, da cui il nome francese di “œil de sorcière”, “occhio di strega”.
Rappresenta, insieme allo specchio ottocentesco detto Napoleone III, una delle tipologie maggiormente emblematiche, oltre che il lascito di una sapiente tradizione artigianale che ha visto nelle isole della laguna un epicentro creativo e produttivo senza pari. Come qualsiasi oggetto archetipico, lo specchio veneziano continua a sollecitare l’immaginario dei designer, che ne reinterpretano – pensiamo all’ultima rilettura offerta da Elena Salmistraro con Medusa – la costruzione compositiva con variazioni cromatiche o nuovi riferimenti allegorici.
Emblema dello stile Ponti e antesignano della grazia che il maestro milanese ha impresso con le sue forme concave, Gubi fu inizialmente distribuito nel catalogo di FontanaArte. L’esile cornice e il morbido profilo delle curve ne ha un oggetto passpartout e una referenza di stile anche per le decadi a venire.
La passione per il corpo femminile che Mollino ha esplorato nelle sue fotografie riaffiora nella forma di questo specchio in cristallo, che riprende il profilo della Venere di Milo senza aggiungere nessun orpello decorativo alla grazia sensuale delle sue curve.
Un anonimo specchio ovale si trasforma in uno dei simboli del dadaismo domestico grazie all’ironico controsenso impresso dalla scrittura di Man Ray sulla superficie riflettente. La produzione in serie si dovrà a Dino Gavina nei primi anni ‘70.
Anche chiamato specchio “a rossetto”, questo specchio a base cilindrica ha avuto un grande successo commerciale, come dimostra il numero di copie e adattamenti distribuiti al di là della produzione originale di Bonetto. Nella sua essenzialità, resta un oggetto altamente funzionale, capace di coniugare una forma asciutta ad un ingombro ridotto.
Rappresentante per antonomasia della cultura pop, la sfera specchiata nasce come oggetto performativo per discoteche da associare alla proiezione luminosa. Con il suo ingresso nella sfera domestica, anche solo in qualità di soprammobile, si trasforma in un feticcio e in un invito ad abbracciare sempre e comunque lo spirito ricreativo. Uno status ineguagliato che ha intrigato anche i designer, come documentano i lavori-tributo di Rotganzen (Quelle Fête Muffin) e Kelly Wearstler (The Persistence of Memory).
Quanti, nella comunità del design, non hanno scattato almeno un selfie al proprio riflesso nel suo specchio? Emblema della crasi tra lo specchio e la lampada, Ultrafragola è forse anche la vetta e l’oggetto più noto della produzione radicale, oltre che l’esempio di una delle collaborazioni più sperimentali tra designer e editore. Parte della linea “Mobili Grigi”, richiama attraverso le onde sinuose della cornice il movimento dei capelli ondulati intorno al viso.
Luce e composizioni spaziali messe in scena secondo i codici dell’astrattismo sono il codice genetico della produzione di Nanda Vigo. Per questa linea di specchi inizialmente lanciati nel 1974 e oggi ripresentati da Glass Italia, l’alternanza di parti trasparenti e parti specchiate contribuisce a ridefinire non solo la percezione dell’oggetto, ma anche quella dell’ambiente circostante che, sezionato, vi si riflette. Un sistema di sospensione permette di installare gli specchi in varie inclinazioni.
Caadre: a Starck basta la ripetizione di una “a” per comunicare lo spirito di questo progetto. Riappropriandosi di una nobile tradizione francese – non è forse un caso che la più celebre sala della reggia di Versailles sia proprio la Galleria degli Specchi? – Starck magnifica il potere ipnotizzante dello specchio in versione contemporanea. Oltre alle dimensioni importanti, Caadre si distingue per la finitura argentata delle quattro lastre che formano la cornice, le cui giunture, quasi del tutto aperte, sembrano aprire la strada ad un possibile ripensamento di questo supporto.
Presentato per la prima volta a Design Miami, questo specchio di Studio Job reinterpreta i motivi figurativi dei mobili bavaresi del diciassettesimo e diciottesimo secolo, qui rivisitati attraverso illustrazioni che usano il flat, la simmetria e il colore come uno strumento di dissacrazione. Come un piccolo tabernacolo laico, lo specchio si distingue dalla presenza di due ante che, una volta richiuse, nascondono la superficie riflettente.
Tra i pezzi più celebri dei fratelli Campana, Miraggio sublima l’approccio da bricoleur gioioso e spontaneo che ha distinto il lavoro di Fernando e Humberto, trasformandolo in un piccolo pezzo-gioiello dell’abitare. I moduli che lo compongono, in metacrilato specchiato tagliato a laser, sono assemblati a mano con fascette di nylon, confermando la vocazione di Estudio Campana alla nobilitazione di forme e materiali ritenuti poveri.
Semplice ed essenziale, ricorda la forma di un vassoio, ma può essere anche considerato come una rilettura sofisticata ed astratta di un classico specchio con cornice, qui realizzata in alluminio estruso lucido e trasformata attraverso l’essenzialità studiata del suo profilo. Disponibile in tre modelli, disponibili in versione da parete che da terra.
La tecnica impiegata nella realizzazione di cornici in gesso, che nel caso di forme ovali richiede l’utilizzo di uno stampo a tramaglio, viene trasposta da Gilthero per la realizzazione di questi specchi. La cornice è però realizzata in gesmonite, un materiale più duro e denso del gesso, con una finitura simile al marmo.
Gioco di riflessi dovuti all’effetto moltiplicatore dato dalla contiguità tra due superfici specchianti, Loop mirror si distingue per la cornice in legno a forma di otto che accoglie due specchi perpendicolari, uno da parete e uno come mensola.
Questo specchio è l’esito di un processo di riciclaggio e gestione dei relativi scarti, quello di rifiuti chimici trattati in un forno ad alta temperatura. L’ossidiana sintetica che ne risulta è stata plasmata in una forma morbida ed astratta con una superficie specchiante lucidata per restituire un riflesso.
Come il nome stesso sottende, la collezione di specchi Shimmer si distingue per l’effetto caleidoscopico e cangiante restituito dalla finitura iridescente applicata sui contorni. Un’aura che Patricia Urquiola applica su un’ampia varietà di formati, tanto da appoggio che da parete, e che a distanza di un decennio dal lancio continua a dimostrare la propria attualità, avvicinandosi ai codici fluidi e metaversici dell’ultima generazione del design.
Prodotto attraverso la technologia FiDU, utilizzata da Zieta per gonfiare attraverso un’iniezione di aria pressurizzata lo spazio tra due lastre metalliche saldate, Rondo è uno specchio a ciambella che si impone come una forma sculturea capace di coniugare vigore ad un aspetto rassicurante. Disponibile anche in versione colorata o in rame.
Gilles nobilita la tipologia dello specchio con mensola attraverso l’apposizione di una griglia prospettica disegnata sulla lastra. Il piano di appoggio nero sembra simulare la base di una finestra, inquadrando la visione e trasformando New Perspective in uno strumento per interrogarci su se stessi e sul mondo
Altra variazione sul tema dell’iridescenza, una costante nella produzione di Ermičs fino dai suoi esordi, Colourscape gioca con l’accostamento tra i colori e i loro aloni, restituendoci uno specchio capace di coniugare semplicità e presenza metafisica.
La porosità tra design, arte, e lievità dell’esercizio umoristico è una caratteristica dell’opera di Gilad. Con la collezione Deadline, i 16 pezzi unici offrono una ricerca visiva all’incrocio tra geometria ed effetto ottico. Lo stratagemma, la giustapposizione di due pezzi di vetro, uno retroverniciato e l’altro decorato con forme astratte, sublima il senso dello specchio, traslandolo da mezzo di riproduzione fedele a nuova opportunità per comprendere ed intuire lo spazio.
Una superficie specchiata a metà tra il buco nero e il viaggio a ritroso nel tempo: Claud Glasse è uno specchio nero che, oltre a riflettere l’immagine di chi lo guarda, proietta un paesaggio in timelapse, da osservare attraverso la minuzia dei dettagli documentati dal video.
Come il miglior design della sua generazione, Philippe Malouin determina la forma giocando con il processo, più che con la decorazione, e lo fa attraverso un gesto tanto semplice quanto netto: schiacciare l’estremità superiore di un tubo di acciaio inossidabile, trasformandolo in una superficie. Una volta lucidato, il tubo è trasformato in un piccolo specchio da tavolo da poter spostare secondo il bisogno del momento.
Nato come installazione commissionata dal Design Museum Holon per la mostra “The Conversation Show” (a cura di Maria Cristina Didero) e quindi commercializzato da Gufram, Broken Mirror esplora il tema della crepa e fa dello specchio una nuova soglia da attraversare per recarsi, almeno con la mente, in luoghi onirici alimentati da riflessi tanto veri come immaginari.
Le vetrate gotiche francesi, in chiave astratta. Potrebbe essere questo il senso della serie di specchi disegnati per Magis da Inga Sempé, che restituisce in chiave minimalista il senso del colore delle cattedrali medioevali. La tecnologia diventa uno strumento per democratizzare la produzione: non più a piombo, la cornice è realizzata in caoutchouc.