Compagno di vita discreto, tanto bistrattato quanto sottratto il più possibile alla vista, il WC rimane un piccolo tabù di cui non sembriamo apprezzare abbastanza le doti e le funzioni. È inutile ricordare, tuttavia, che di lui possiamo fare difficilmente a meno. E che è proprio intorno alla contraddizione tra l’aura prosaica e l’assoluta intimità di questo luogo-oggetto che risiede la sottaciuta iconicità della “tazza” – altro appellativo familiare con cui continuiamo a chiamarlo.
Gli assoluti: 20 WC imperdibili
Tra sacro e profano, 20 modelli che hanno fatto la storia del più intimo dei nostri arredi.
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- Giulia Zappa
- 12 novembre 2021
La presenza del vaso sanitario è una conquista quanto mai recente della storia dell’umanità. Invenzione cinquecentesca consolidatasi nell’Ottocento, il water closet si afferma capillarmente a partire dal secolo scorso come un territorio di espressione e sperimentazione tanto per la storia dell’arte che del design. I Romani, dal canto loro, ne avevano già inventato una proto versione – uno sguardo alle latrine di Ostia antica, con la loro linea di panche in marmo puntellate di buchi circolari l’uno accanto all’altro, ci fa facilmente intuire quanto pubblica e senza pudore dovesse essere in quell’epoca l’esperienza della minzione e della defecazione, con solo la toga a nascondere il corpo nell’esercizio liberatorio delle sue funzioni fisiologiche.
Eppure, per secoli e secoli, per non dire millenni, è stato il vaso da notte – talvolta nascosto dietro l’anta di un comodino – a supplirne le funzioni. Sarà un figlioccio di Elisabetta I, John Harrington, a concepirne la prima realizzazione: un’idea che non piacerà alla sovrana, che ne bandirà l’uso in tutto il regno. Si deve invece all’orologiaio Alexander Cumming l’invenzione del WC con sifone, il tubo a forma di U che isola la proliferazione dei cattivi odori creando una sorta di “tappo” tra la rete fognaria e la stanza da bagno. Passando dall’Inghilterra alla Francia, il WC sbarca quindi in tutto il mondo – ricordiamoci però che altri popoli, uno tra tutti i turchi, hanno adottato soluzioni tecniche e formali diverse, ma non per questo meno efficaci. Con la creazione in città della rete fognaria, il WC diventa una presenza ineludibile nel nostro quotidiano e nei nostri rituali privatissimi di pulizia e cura del corpo, iscrivendosi nell’immaginario con una forma scolpita e assoluta, riconoscibile tra mille.
Oggi, la progressiva tecnologicizzazione del WC tende a voler sublimare l’esperienza della nostra permanenza sul vaso sanitario. Ne sanno qualcosa i giapponesi, che dell’accessorializzazione del WC – integrato con sensori, bidet, scalda seggetta, telecomando e persino profili di utilizzazione per i diversi componenti del nucleo familiare – hanno fatto un punto di orgoglio attraverso i modelli washlet. Uno scarto laterale volto a respingerne l’associazione con un residuo da smaterializzare, che non basta però ad eliminarlo tanto dalla psiche che dall’orizzonte della nostra cultura materiale: non fosse altro perché la durevolezza del materiale con cui è generalmente prodotto, la ceramica, rischia di sopravvivere tanto alla nostra estinzione che a quella delle case che abbiamo abitato.
È la forma più diffusa che il gabinetto assume nelle prime sperimentazioni ottocentesche. È il caso del modello ancora conservato alla Reggia di Caserta nel cosiddetto gabinetto ad uso ristretto di Maria Carolina d’Asburgo Lorena, una seduta in legno con “copriwater” in ottone.
Il bagno alla turca nasce con gli Ottomani e si esporta nei paesi limitrofi attraverso l’espansione dell’impero. Ancora diffuso in Asia, è invece percepito come antiquato in Occidente. Eppure, questo wc “senza tazza”, integrato a terra, presenta in realtà alcune virtù: più rispettoso della fisiologia umana – non riprende del resto la postura assunta per millenni dagli uomini per l’espletamento dei propri bisogni? - è in realtà anche più facile da pulire. Rispetto ai più comuni wc, non è munito di un proprio sifone.
Il più celebre orinatoio della storia dell’arte non è solo il capofila del ready made, ma anche un vero e proprio punto di non ritorno nell’evoluzione dell’arte contemporanea. Rovesciamento del senso comune, sdoganatore del gusto, ironica presa in giro dei non-detti borghesi, Duchamp sottrae un oggetto abietto, abitualmente relegato agli angoli più privati ed invisibili, trasformandolo in un pezzo da museo. L’orinatoio, ruotato di novanta gradi e firmato R. Mutt 1917, fu uno scandalo persino tra i dadaisti, tanto che il modello originale non fu mai esposto al pubblico. Andata perduta, della fontana sopravvivono solo 16 repliche.
Decisamente tra i marchi più antichi della storia del design – a fondarlo è il marchese Carlo Ginori nel 1735 – il Gruppo Società Ceramica Italiana Pozzi-Richard-Ginori deve la propria longevità anche al modello Montebianco. Classico tra i classici, questa linea di sanitari firmata da Gio Ponti rilegge e si afferma come un grandissimo successo commerciale, ancora oggi in voga.
Dal classicismo, al dinamismo della forma scolpita. Nella lunga ricerca di Ponti nell’universo ceramico, la linea Z si distingue per lo slancio e la rottura con modelli più consolidati, che ne fa un simbolo dell’ottimismo dei primi anni del boom. “la Ideal Standard ha voluto che io studiassi non delle forme nuove per i suoi apparecchi (che sarebbe stata solo una variante di più), ma le loro vere forme, le forme cioè, che nella loro essenzialità si avvicinavano a quei caratteri formali tipici i quali identificano definitivamente una cosa”, dichiarò l’architetto designer con una frase diventata celebre.
Se c’è qualcuno che ha rinnovato con inventiva e rigore il linguaggio ceramico del Novecento italiano, questo è sicuramente Antonia Campi. Figura mai sufficientemente ricordata del design del dopoguerra, Ciampi ha firmato modelli originalissimi che, per forme, levigature e uso del colore, rappresentano una crasi tra il mondo dei sanitari, quello del vasellame e della gioielleria, a cui Campi si applica senza soluzione di continuità. Tra questi c’è anche Torena: il Wc, con la sua cassetta a sospensione, si distingue per il blu rigato e per la forma originale della base di appoggio.
“I am for an art that is political-erotical-mystical, that does something other than sit on its ass in a museum”, scrisse Oldenburg nel 1966. La sua versione pop della toilette, in vinile imbottito, ne esalta con ironia il senso di decadenza, pur mettendola su un piedistallo e glorificandone l’importanza.
Sperimentazione di Castiglioni con la vitreous china, la porcellana vitrificata, il water di Acquatonda si distingue per la brillantezza e per l’inclusione della cassetta in un unico volume con il vaso.
Modello tra i più iconici della storia dei sanitari, Linda è una sintesi riuscita tra la morbida assolutezza delle forme, sviluppate combinando con semplicità due rette e due semicerchi, e una funzionalità rinnovata all’insegna della democraticità. La linea fu concepita per essere utilizzata con pareti prefabbricate, come testimonia il livello del tubo di scarico, più alto rispetto ai precedenti. Il modello è stato oggetto di un recente restyling, il Linda -X, a cura di Ludovica + Roberto Palomba, che ne hanno ripensato gli spessori a fronte dell’utilizzazione di un materiale innovativo, il Diamatec®.
Il comfort e l’intimità sono valori che la cultura contemporanea giapponese tiene in grande considerazione e sublima grazie alla tecnologia. I celebri washlet, i water closet con getto d’acqua integrato che sublimano il tempo passato sulla seggetta grazie ad una performance d’avanguardia, ne sono un esempio emblematico. Ad essere inclusa non è solo l’integrazione tra wc e bidet – quest’ultimo peraltro presente, sebbene con modalità di erogazione diverse, nei paesi arabi – ma anche una più ampia gamma di servizi di pulizia, da attivare grazie ad un apposito telecomando. Il Washlet G, il modello lanciato dal marchio giapponese Toto nel 1980, si presenta come una seggetta e sarà il primo a proporre il superamento dell’uso della carta igienica a favore del getto d’acqua.
Emblema del minimalismo nel mondo dei sanitari, Link rimette in discussione l’idea di appartenenza ad una linea integrata completa di lavabo – sono peraltro gli anni della moda del lavabo da appoggio, di cui Ceramica Flaminia presenterà diverse versioni, da scegliere a seconda delle dimensioni del proprio bagno oltre che del gusto personale. Il wc Link sarà sviluppato anche nella versione a sospensione, tendenza che si affermerà fino a trasformarsi in una consuetudine per gli anni a venire.
Patricia Urquiola guarda alla forma morbidamente svasata della pera per dare vita ad una famiglia di sanitari che ne mima la dolcezza della silhouette. Ancora, una versione bicolore sdogana nuove combinazioni cromatiche, rompendo con il predominio del bianco che si era affermato da almeno due decenni.
Il pezzo combinato W+W dei designer milanesi Gabriele e Oscar Buratti non presenta soltanto un’ingegnosa soluzione salva spazio, ma anche una gestione virtuosa delle risorse idriche: l’acqua reflua del lavandino viene fatta confluire nella riserva del WC, limitando il consumo idrico.
Ispirato alle forme e dimensioni di un sasso, di cui conserva la presenza smussata e allo stesso tempo pronunciata, l’Alessi One di Stefano Giovannoni fa del biomorfismo un’innovazione senza precedenti nella storia dei sanitari. Tutti gli attacchi a muro sono inglobati nella forma della tazza, mentre la seggetta bombata non fa altro che sottolineare il sorprendente mimetismo che ne ha guidato l’ispirazione. Nella stessa linea, il lavabo – grande successo commerciale insieme a tutta la linea - sarà il primo a presentare una soluzione monoblocco.
Luoghi speciali determinano cambiamenti tipologici significativi. È il caso del wc in acciaio Heavy Duty di Franke, destinato alle strutture carcerarie. Realizzato con un foglio di acciaio spesso fino a 2 mm, non offre la possibilità di essere smontato, né favorisce gesti di autolesionismo. Viste queste prerogative, può essere utilizzato in luoghi pubblici dove l’usura – o il vandalismo – possono essere spiccati, quali stazioni di servizio o discoteche.
Opera d’arte irriverente e caso di cronaca: questo water closet di oro massiccio del peso di 103 kg è una satira beffarda del paese di cui prende il nome, America, ma anche una democratizzazione rispetto all’uso elitario a cui sembra essere indirizzato. Commissionato dal Guggeheim, fu collocato al posto di un normale wc in una delle toilette del museo, offrendosi all’utilizzo di un pubblico ampio e generalizzato. Nel 2019 America fu quindi esposta nel castello inglese di Blenheim Palace – proprio accanto alla stanza dove era nato Winston Churchill - e quindi rubato dopo una festa di inaugurazione in onore di Cattelan. Ad oggi, gli autori del furto rimangono sconosciuti, e l’opera – che secondo alcune supposizioni potrebbe essere stata fusa – introvabile.
Rilettura dell’opera degli architetti razionalisti italiani, tra cui Piero Bottoni, Madre di Angeletti Ruzza riprende alcuni stilemi dell’epoca, riattualizzandoli attraverso forme epurate che esaltano il profilo e il dialogo tra volumi.
Evoluzione di ultima generazione della saga dei washlet, il Neorest di Toto è oramai un oggetto propriamente smart. Completamente autopulente, contrasta i batteri utilizzando un’acqua trattata con l’elettrolisi, mentre l’impiego di raggi UV aiuta a dissolvere le feci e rende inutile l’uso dello spazzolone. Anche pressione e temperatura dell’acqua del bidet integrato sono regolabili, così come la temperatura della seggetta. Una luce interna illumina il wc di notte, mentre una funzione di ricambio dell’aria contrasta attivamente i cattivi odori. Il washlet permette inoltre di configurare i profili dei suoi diversi utilizzatori. Ad oggi, gli esemplari venduti nel mondo ammontano a 50 milioni.
Da sempre attenta alle questioni ambientali, la Fondazione degli ex coniugi Gates è stata tra le prime a finanziare l’ottimizzazione dei wc a secco e a sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto al loro uso. Modello virtuoso, la Nano Membrane Toilet permette di risparmiare un grande volume d’acqua ed è pensato in particolare per le zone rurali del mondo dove l’approvvigionamento idrico si rivela problematico. Il dispositivo di scarico utilizza un meccanismo a rotazione per trasportare feci e urina senza generare cattivi odori. I due residui vengono convogliati in due contenitori differenti, e lì rigenerati per un nuovo utilizzo: l’urina filtrata e trasformata in acqua, le feci sottoposte ad un processo di combustione chimica e trasformate in fertilizzante. Alimentata da un pannello solare, the Nano Membrane Toilet sarà lanciata sul mercato nei prossimi anni, una volta conclusa la fase di prototipaggio per la produzione in serie.
Per quanto tipologicamente consolidato, il wc va ancora incontro ad innovazioni orientate all’ottimizzazione delle risorse e della pulizia. È il caso dei nuovi modelli senza brida, anche detti rimless, quale il recente Cabo di Debiasi e Sandri per Antonio Lupi. L’assenza della brida elimina la concentrazione insidiosa di sporco e batteri, mentre il doppio getto d’acqua, che confluisce tanto da destra quanto da sinistra, assicura una pulizia uniforme di tutta la superficie interna della tazza. Nel caso di Cabo, è anche l’inedita linea sfuggente del vaso – si direbbe quasi il becco di un papero - a imporsi, reclamandone il gusto per una espressività incisiva.