Benoit Jallon, Umberto Napolitano, Franck Boutté, Paris Haussman, Pavillon de l’Arsenal, Paris e/and Park Books, Zürich, 2017, 256 pp., 200 ill.
Paris Haussmann
Presentato come un “retroatlante” contemporaneo del territorio, il catalogo della mostra “Paris Haussmann” è un lavoro generoso nella sua rilettura di Parigi, che riapre il dibattito sull’effetto delle idee di Haussmann oggi. #fridayreads
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- Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot
- 09 giugno 2017
L’idea di sviluppo urbano di Georges-Eugène Haussmann – prefetto della Senna dal 1853 al 1870 – è stata guidata da una visione capace di attraversare il tempo. Il catalogo della mostra “Paris Haussmann” al Pavillon de l’Arsenal di Parigi apre le porte alla comprensione dell’impronta e dell’eredità haussmaniana, che sono state capaci di determinare l’organizzazione urbana e l’identità odierna della capitale francese.
Scritto da Franck Boutté (FBC), Benoit Jallon e Umberto Napolitano (LAN), il catalogo propone un sistema di lettura retroattivo della trasformazione moderna della capitale francese. Risulta lampante come Haussmann intendesse fare di Parigi uno strumento della società industriale dell’epoca atto a perseguire un programma sia funzionale che estetico. Egli intendeva rispondere simultaneamente ad aspirazioni sociali, a necessità umane e a evoluzioni tecnologiche. Tutto attraverso la modellazione dello spazio, la proposizione di tipologie abitative e l’utilizzo di un determinato linguaggio materico e formale. L’ambizione degli autori è quella di riaprire il dibattito sugli strumenti per fabbricare la città, che sono stati oggi in parte dimenticati. Ciò che in definitiva il catalogo mette in questione non è tanto il discorso sul modo di costruire ma bensì l’abilità di “creare senso” e di “fabbricare la città” così come solo Haussmann è riuscito a fare.
Boutté e Napolitano considerano Parigi la città più densa in Europa e tra le cinque città più dense al mondo. Ma questa densità, lontana dall’essere insopportabile o invivibile, è vissuta in maniera positiva. Se la sua piccola taglia, al confronto con altre metropoli mondiali ne è certamente l’espressione preponderante, Parigi rappresenta un modello urbano che merita interesse. Con i suoi 20.000 abitanti per chilometro quadrato, Parigi è densa quanto Shanghai e l’undicesimo arrondissement, in particolare, con i suoi 40.000 abitanti per chilometro quadrato, ha la stessa densità di Dacca o Manila. La domanda è: cosa vi è nel sistema haussmaniano che rende sopportabile questa densità? Analizzare le forme per comprendere il senso: con questo spirito il lavoro contenuto nel catalogo della mostra cerca di qualificare, quantificare e calibrare i criteri che costituiscono questo modello come lo conosciamo oggi, ma che di fatto resta ancora da comprendere in tutta la sua portata. Per il direttore del Pavillon de l’Arsenal Alexandre Labasse, l’ambizione di Haussmann – confortata a posteriori da un secolo di esperimenti – ha tradotto in realtà l’equazione indispensabile alla città di domani: una città profondamente collettiva e contenuta nel territorio. Le idee del prefetto della Senna hanno trasformato Parigi e ne hanno fatto una città che con i criteri odierni potremmo definire “durabile”: perché non consuma troppo terreno naturale, dove ci si può spostare a piedi, dove gli edifici hanno un bilancio energetico soddisfacente, dove funzioni e persone si mischiano abbastanza per rendere il sistema resiliente e autorigenerante.
Nella sua introduzione, Labasse cita Snozzi: “Cerchi la flessibilità? Continua quindi a costruire dei muri in pietra”. Questa citazione rimanda all’“Ordine Nascosto” di Yoshinobu Ashihara dove l’architetto giapponese racconta di Tokyo in opposizione a Parigi e altre capitali occidentali. Mentre la capitale nipponica viene descritta come la città del futuro per la sua capacità di cambiamento infrastrutturale e sistema di costruzione “scrap and build” che le permettono di rispondere alle sollecitazioni della contemporaneità, Parigi viene descritta come una città sclerotizzata destinata al passato. In realtà la capitale francese è capace di innovare il suo tessuto e di accogliere sollecitazioni infrastrutturali e innovazioni tecnologiche – senza per questo dimenticare il suo patrimonio storico. Il modello haussmanniano risulta reversibile nel suo ciclo di vita, capace di metabolizzare le differenze e a trasformarle in punti di forza.
Modello di città, analisi tipologica e morfologica e analisi dell’efficienza sono le tre parti in cui è strutturata l’opera. Comparando tutti i tipi di scala, la ricerca classifica differenti assi d’investigazione, distingue gli spazi pubblici, organizza gli isolati e gli immobili secondo le loro geometrie attuali e permette di leggere per la prima volta le qualità del modello haussmaniano ponendolo in relazione alla città contemporanea. In dettaglio, nella prima parte, la riflessione ruota attorno al modello di città e alla struttura primaria di collegamento composta dalle vie a lunga, media e corta percorrenza: si evidenzia il criterio di accessibilità diretta a funzioni differenti. Ne deriva un discorso sull’importanza del vuoto (poco per la verità a Parigi) ma necessario per il suo funzionamento. Risulta lampante come strade, îlot e immobili siano concatenati fra di loro e necessari alla definizione del modello urbano compatto. Nella seconda parte, viene esemplificato l’edificio haussmaniano con una collezione di tipologie di facciate, balaustre, decorazioni, ornamenti, finestre, serramenti. Tutto converge verso un linguaggio coerente che ancora oggi risulta riconoscibile a partire dai dettagli costruttivi messi in opera in quel periodo.
L’ultima parte contiene un’analisi grafica ricca di diagrammi su performance energetiche varie che comparano Parigi ad altre città del mondo. Anche qui, le sorprese non mancano e in modo retroattivo si scoprono qualità di un modo di funzionamento semplificato della costruzione che risultano eccellenti. Una pagina in particolare mostra come i due strati tipici dell’immobile haussmaniano – pietra e gesso – hanno un’equivalenza di performance paragonabili a quelle degli edifici contemporanei. Vengono messe a paragone da un lato un involucro a due strati e dall’altra un apparato murario di 12 strati di materiali atti a garantire le performance energetiche. Risulta evidente che la pietra estratta nelle cave vicino Parigi era parte di un processo definibile con certezza per la sua sostenibilità.
Sia la mostra sia il catalogo sono arricchiti da modelli, diagrammi, riflessioni grafiche e soprattutto dalle foto di Cyrille Weiner, che mostrano una città nella sua bellezza minerale: secche, asciutte, analitiche. La ricerca prodotta viene definita dagli autori come un “retroatlante” contemporaneo del territorio pensato da Haussmann. Di fatto, si tratta di un’esplorazione e di un’analisi delle caratteristiche di questo paesaggio a tratti omogeneo, ma polimorfo. Un lavoro generoso nella sua rilettura della città tanto nei suoi volumi architettonici e nel suo tessuto urbano quanto nei suoi tempi e usi. Il dibattito sull’effetto delle idee di Haussmann viene così riaperto.
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