Oscar Ribeiro de Almeida de Niemeyer Soares, più comunemente conosciuto come Oscar Niemeyer, nasce nel 1907 a Rio de Janeiro dove frequenta la sezione di architettura della Escola National de Belas Artes che, dall’anno successivo è diretta dal modernista Lúcio Costa. L’incontro si rivela fatidico e segnerà buona parte della carriera di Niemeyer che, nel 1936, viene invitato da Costa a far parte del gruppo di progettisti con cui il maestro svizzero Le Corbusier lavora al progetto per il Ministero dell’Educazione e della Sanità di Rio (poi realizzato, tra il 1936 e il 1943, dal solo Niemeyer).
Oscar Niemeyer
«Lo spazio e l'architettura, che cosa sono in fondo? Portami un terreno, portami un programma e, in funzione del programma e del terreno, emergerà l'architettura. L'architettura che noi creiamo si fa con il cemento armato, mentre a terra non esistono molte colonne portanti. In questo modo, l'architettura diventa più sciolta e più audace […]. Bisogna sempre far sì che un palazzo non assomigli a un altro. È lo stesso concetto dell'opera d'arte. Dove si guarda e ci si emoziona è perché si vede qualcosa di differente. L'architettura è invenzione. Il resto è ripetizione e non interessa» (Oscar Niemeyer, 2009)
Tre anni più tardi, il giovane architetto brasiliano viene coinvolto da Costa nel progetto per il padiglione nazionale alla New York World’s Fair: è l’edizione, di eccezionale portata culturale, in cui viene presentato il celebre “Futurama” di Norman Bel Geddes, lo straordinario diorama che mostra al pubblico la città del futuro, immaginata a partire da principi urbanistici poi in parte condivisi da Niemeyer.
Nel 1942, Niemeyer s’imbatte in un altro personaggio divenuto fondamentale: l’allora sindaco di Belo Horizonte, Juscelino Kubitschek de Oliveira, che gli commissiona la realizzazione di un complesso a Pampulha, grazie al quale il progettista ottiene il favore della critica internazionale quando il progetto medesimo viene presentato a una mostra sull’architettura brasiliana contemporanea, svoltasi nel 1943 al MoMA di New York. Del complesso – che prevede la costruzione di casinò, club e di un dancing - fa parte la Chiesa dedicata a San Francesco d’Assisi (1942-1943, in collaborazione con l’ingegnere Joaquim Cardozo), da subito divenuta un vero e proprio manifesto del modernismo architettonico, ma fortemente osteggiata da buona parte dell’opinione pubblica brasiliana, al punto da essere consacrata solo nel 1959 per via del netto rifiuto imposto dall’arcivescovo di Belo Horizonte. L’edificio, racconterà spesso Niemeyer, è ispirato alla celebre definizione del poeta Paul Claudel secondo cui «una chiesa è hangar di Dio sulla terra» e per questo immaginato con forme e disposizione inedite, che per certi versi ricordano le aviorimesse in cemento precompresso costruite dall’ingegnere francese Eugène Freyssinet, agli inizi del Novecento: una successione di archi parabolici regge la cangiante copertura, posta a proteggere l’invaso religioso che è illuminato dalle due gigantesche facciate, interamente vetrate. Dunque già quest’opera, per certi versi embrionale, dichiara al mondo le intenzioni di Niemeyer, la cui architettura si baserà sempre sull’uso di forme sinuose – perché, sostiene, in natura non esistono linee rette – da cui si generano scultorei volumi, che massimizzano gli effetti scenografici ottenibili attraverso l’applicazione della prediletta tecnologia costruttiva del cemento armato. All’esuberanza delle forme si accompagna però un estremo rigore funzionalista nel disegno e nella distribuzione degli interni, frutto della lezione di Le Corbusier, con cui Niemeyer torna a lavorare in occasione del progetto per la nuova sede delle Nazioni Unite (1947, poi realizzato da Wallace Harrison e Max Ambramovitz).
A seguire, l’architetto brasiliano inaugura l’edifico Copan a San Paolo del Brasile (1950-1966): una torre residenziale di trentotto piani, per un totale di centosessanta appartamenti, sviluppati secondo i dettami razionalisti ma collocati alle spalle di sinuose facciate in vetro e acciaio. L’ennesimo fabbricato di Niemeyer a suscitare l’interesse tanto della critica specialistica – al 1950 risale anche la prima opera monografica dedicata all’architetto, firmata da Stamo Papadaki – quanto di registi, fotografi e scrittori come Regina Rheda che, grazie al testo “Arca sem Noé. Histórias do Edifício Copan” pubblicato nel 1994, vincerà numerosi premi letterari.
Nel frattempo, Kubitschek è divenuto Presidente della Repubblica brasiliana e, in questa veste, si rivolge a Niemeyer per la costruzione di alcuni dei più importanti edifici della neonata capitale, Brasilia, che diventa campo d’applicazione per alcuni dei più importanti progettisti internazionali dell’epoca, spesso coinvolti nei progetti per le nuove ambasciate. Il masterplan della città di nuova fondazione è opera di Costa, risultato vincitore di un concorso della cui giuria fa parte Niemeyer (nominato anche architetto capo dell’intera impresa), mentre lo studio del verde è affidato a Roberto Burle Marx. A Brasilia si trovano, dunque, alcuni dei capolavori dell’architetto brasiliano: il Palazzo dell’Alvorada (1957), residenza ufficiale di Kubitschek; la sede del governo, denominata “Planalto” (1958-1960); l’edificio del Tribunale Federale (1958-1960); la sede del Congresso Nazionale (1958); il palazzo “Itamaraty” (1962-1964), sede del Ministero degli Esteri; il Ministero della Difesa (1968) e la straordinaria Cattedrale (1959-1970).
Dopo il colpo di stato del 1964, il comunista Niemeyer è apertamente osteggiato dal nuovo regime militare, che lo costringe a sempre più frequenti viaggi in Europa, dai quali scaturiscono ulteriori incarichi: dapprima, in Francia, costruisce la nuova sede nazionale del partito comunista (1965-1967) e la Casa della Cultura di Le Havre (1972-1982); poi, approda in Italia, su invito di Arnoldo e Giorgio Mondadori – che era rimasto particolarmente colpito da una visita al palazzo Itamaraty, compiuta nel 1967 – i quali gli commissionano la costruzione della nuova sede della loro casa editrice a Segrate (1968-1975). Intenzionati a far costruire un edificio dalla forte carica rappresentativa, padre e figlio (che a Niemeyer affideranno anche il progetto per una villa a Cap Ferrat, costruita tra il 1968 e il 1972) accolgono con entusiasmo lo spettacolo architettonico prefigurato dall’architetto con il progetto definitivo, consegnato intorno al 1970. Dopo un lungo e complesso iter costruttivo, verso la conclusione del complesso cantiere la sede della Mondadori viene descritta da Giorgio Muratore come «uno degli edifici più maturi di tutta la sua cospicua esperienza professionale. Mettendo in coazione elementi figurativi già tipici e sperimentati in Brasile, in Algeria, in Francia, egli ha definito un sistema di segni la cui funzione evocativa e simbolica vale la pena di analizzare. […] Nel blocco di cristallo sospeso sotto gli arconi di cemento trovano posto uffici, tradizionalmente consacrati all’ordine e all’efficienza aziendale; nella più aperta e libera forma a foglia dello ziggurat seminterrato e semisommerso, le redazioni, luogo deputato all’intelligenza creativa, mentre gli spazi relativi alla mensa, al ristorante e allo shopping sono ambientati secondo il più aggiornato stile “Club Mediterranée” al fine di riprodurre, quotidianamente, la giusta dose di svago a cartellino» (1977).
In Italia, Niemeyer costruisce anche lo stabilimento Fata Engineering di Pianezza (1976-1981) e la Cartiera Burgo a San Mauro Torinese (1978-1981) che, insieme alla Mondadori, costituiscono l’apice delle riflessioni dell’architetto brasiliano sul tema della coincidenza tra forma e struttura, tra architettura e ingegneria.
Rientrato in patria negli anni Ottanta, Niemeyer ha il tempo di realizzare un altro capolavoro della modernità: il Museo d’Arte Contemporanea di Niterói, concluso nel 1996. Niemeyer scompare a Rio de Janeiro il 5 dicembre 2012.
Attraverso le parole di Roberto Dulio:
La straordinaria efficacia espressiva del brasiliano si è spesso esercitata sugli elementi strutturali dei suoi edifici, plasmandoli in termini tanto sensazionali quanto, a volte, indipendenti dal funzionalismo statico. […] Deliberatamente Niemeyer aspira a derogare dalle gabbie prescrittive del funzionalismo più rigoroso. […] Ferisce l’ortodossia della critica militante non solo inserendo nelle proprie opere elementi estranei, per geometria e per forma, a una rigorosa impostazione razionale, ma squassando tutto l’impianto con figure provocatorie ed esuberanti
- 1903–2012
- Architetto