L'intera area della Rashid Karami International Fair di Tripoli si può definire un rudere contemporaneo. Un rudere che cerca di vivere la propria vita nell'epoca del rinvio dell'utopia. Secondo il filosofo Jalal Toufic, "Rudere: luogo infestato dagli esseri che lo abitano". [1]
La Fiera internazionale di Tripoli venne commissionata a Oscar Niemeyer nel 1963; ma questo magico monumento della modernità non trovò mai compimento: il cantiere fu infatti abbandonato nel 1975 a causa della guerra civile libanese. I 10.000 ettari con 15 edifici rimasero delle strutture edilizie di calcestruzzo incompiute fino ai nostri "labirintici" tempi.
Camminiamo, ci sdraiamo, ci arrampichiamo in cima agli edifici. Ogni pomeriggio, i bambini giocano a calcio nella non-rappresentazione del tempo infinito delle opere di Niemeyer, mentre noi cerchiamo di trovare un'immagine della nostra affascinante esperienza di questo spazio. La distanza tra il centro di Tripoli e questo spazio, che va disintegrandosi a sud della città, al confine di grandi blocchi di edilizia residenziale intensiva, è brevissima. Eppure, il modo di descrivere l'esperienza della carenza di empatia spaziale che proviamo di fronte a questa architettura non è misurabile.



1. Jalal Toufic, Ruins, in Thinking: The Ruin, a cura di Matthew Gumpert e Jalal Toufic, Istanbul Studies Center, Kadir Has University, Rezan Has Museum, 2010, p. 36.
2. Ibid., p. 37.




